19. DUE DENTI E LA STORIA DEI GEMELLI ARGENTO

Gustav Klimt: Fregio per Palazzo Stoclet – 1905-1909
Tecnica mista su carta – 3 pannelli da cm 75 x 110cm
Osterreichisches Museum – Vienna
Particolare: L’albero della vita

La storia del giorno: giovedì 31 marzo

I gemelli iniziarono a raccontare:

– Era una bella giornata, le campanelle del nostro albero stavano suonando: ci siamo svegliati felici –

– e ci siamo messi a giocare con paletta, rastello e secchiello, raccogliendo i sassi, giù nella grotta –

– fino a quando, stanco, io mi sono addormentato. –

– Io mi annoiavo, così ho deciso di salire.

Improvvisamente, la terra ha tremato e la botola si è chiusa. Ho iniziato affannosamente a frugare ovunque, ma la chiave per aprire e tornare giù proprio non c’era.

Disperata, ho deciso di uscire dalla bolla per cercarla.

Mi sono trovata al freddo e al buio. Tremavo tanto e mi sono rifugiata in una bolla vicino all’orchestra per riposare un po’prima di riprendere le ricerche.

Mi sono addormentata e mi sono svegliata in braccio a te – proseguì con un sorriso verso Due Denti – vicino a quella bambina lì – indicò con un ditino Rossa – che aveva la mia chiave fra i capelli. –

Due Denti con uno sguardo zittì Rossa che voleva intervenire.

– Io intanto – proseguì il gemellino – mi sono svegliato e mi sono ritrovato solo e al buio.

Ho iniziato a urlare e a chiamare, fino a diventare rauco; poi, finalmente, ho sentito aprire la botola.

Ho visto una figura scivolare verso di me e ho annusato per riconoscere al buio il profumo di mia sorella, ma ho sentito odore di oro, non di argento.

– Certo, ero io! – interruppe Oro – e tu hai cercato di prendermi con una zampaccia unghiuta! –

– Avevo paura e ho usato il rastrello per toccarti …

– Ma avevi una voce terribile – intervenne Rossa che non voleva smettere di essere l’eroina della storia.

– Avevo urlato per ore e, per spaventarvi, vi ho parlato mettendomi il secchiello davanti alla bocca…

– Allora il mostro terribile eri tu! – proruppe in una risata Azzurra.

I due fratellini si presero per mano e raggiunsero gli Sdentati, mentre Due Denti faceva le presentazioni:

– Argento e Grigia, io sono Due Denti, lui è Verde con Micio, Senape, Azzurra, Oro e Rossa li avete già conosciuti – concluse ammiccando.

– Tu profumi di prato – disse Grigia a Verde.

– Tu, invece, di cascata e di fresco – aggiunse il gemello, rivolgendosi a Azzurra – mentre tu – precisò rivolgendosi a Senape – di sabbia scaldata dal sole –

– E io? – domandò Rossa.

I gemelli si guardarono perplessi sotto lo sguardo impaziente di Rossa:

– Non capisco…emani calore…sei una piccola fiamma…

-Stai dicendo che so di bruciato? – puntualizzò Rossa piccata

– Ma no, davvero, riesco ai sentire anche un vago profumo di tulipano che mi confonde! –

I bambini, intanto, si erano raccolti ai piedi dell’albero, sui cui rami erano tornate a dondolare campanelle festanti, al posto dei campanacci.

– Per tutte le bolle, adesso è proprio ora di andare a dormire! – disse Due Denti, prese per mano i due gemellini Argento e li trascinò fuori con tutti gli Sdentati.

Spinse ognuno nella sua bolla-nanna, quindi ne scelse una per Argento e Grigia che li contenesse entrambi. Poi tornò in quella in cui Rossa stava già dormendo, le rimise la chiave argentata fra i capelli e finalmente tornò alla sua bolla-nanna, dove crollò in un sonno profondo.

Immagine tratta dal sito: http://caffetteriadellemore.forumcommunity.net/?t=42662080

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18. DUE DENTI ritorna nella bolla argento.

William Turner – Nave in fiamme – 1828-1830 – Acquerello

La storia del giorno: mercoledì 30 marzo.

La storia cominciò.

Con un sonoro plop Due Denti entrò nella bolla argento: nel centro si stagliava ancora l’albero argentato, ma sui suoi rami le campanelle si erano trasformate in campanacci dal suono cupo.

Immediatamente, si mise a cercare Grigia e trovò la botola – sotto la quale viveva rinchiuso il “terribile mostro”, incontrato da Rossa e da Oro – già aperta. Dopo aver recuperato la chiave rubata rimasta nella serratura, coraggiosamente iniziò a scendere nella grotta.

Tutto era buio e sapeva di terra: di Grigia non si vedeva traccia. Si udiva solo il respiro del mostro addormentato.

Due Denti trattenne il fiato per non farsi scoprire e in quell’istante scorse una piccola ombra scivolare cauta sempre più in profondità, guidata dal fiuto.

Il mostro per fortuna continuava a dormire.

Prima che il bambino potesse intervenire, Grigia, giunta in fondo alla grotta, iniziò a strusciarsi sulla figura scura addormentata e…

…si udì una risata felice, il suono cupo dei campanacci si trasformò in uno scampanellio festante e una luce argentea li inondò.

La piccolina ora sorrideva e, sparita l’oscurità, il mostro si era rivelato essere un bambino minuscolo proprio uguale a lei.

– Ma siete gemelli! – esclamò Due Denti – E siete argento! –

– Due Denti, ci sei? – la voce era senza dubbio quella di Rossa – Resisti, siamo venuti a salvarti! –

Un ciuffo di capelli fiammeggianti sbucò dalla botola:

– Per tutte le bolle, dove è il mostro? Chi sono questi gemelli? Perché la ladruncola adesso brilla? –

– Calmati Rossa! Però anch’io vorrei sapere…-

Dietro a Rossa, comparvero in fila tutti gli Sdentati, capitanati da Senape.

– Per tutte le bolle, che cosa ci fate voi qui? Non ti avevo richiusa nella tua bolla nanna? –

– Ma gli altri erano rimasti fuori – si affrettò a chiarire la bimba – Si sono svegliati e mi sono venuti a prendere, così li ho portati a salvarti! –

Oro puntò il ditino verso il bimbo Argento: – Dove è finita la zampaccia enorme con cui hai cercato di prendermi? –

– Aspetta – intervenne Due Denti – vorrei ascoltare la storia dei gemelli dall’inizio. –

Immagine tratta dal sito: William Turner – Nave in fiamme – 1828-1830 – Acquerello – Redazione della rivista Paragone – Collezioni – opere d’arte, quadri, dipinti, sculture, collezioni pubbliche e private a Bologna – GENUS BONONIAE

2. PAOLO E STEFANO continua

Fotografia di Giovanna Beltrame

La storia del giorno: lunedì 30 marzo

Era ancora un triste pomeriggio: chiusi in casa Paolo e Stefano avevano voglia di uscire, ma mamma e papà stavano lavorando.

– Giochiamo a indovinare gli animali – propose Paolo.

– Abbiamo già giocato ieri – rispose Stefano, scuotendo il capo.

– Ma a me è piaciuto essere un topolino! –

— Miao! Sono un gatto – disse allora Stefano, ma non successe nulla.

– Un gatto è troppo grosso, non mi piace – intervenne Paolo.

– Paolo e Stefano, dovete lavarvi le mani, sapete che è importante! – li raggiunse la voce della mamma.

Insieme i due bambini corsero in bagno, Paolo mise il tappo al lavandino, fece scendere un po’ d’acqua e disse:

– Cra cra! –

Stefano strabuzzò gli occhi: sotto il suo sguardo Paolo si era trasformato in una bellissima rana verde; Stefano cercò di afferrarla, ma il piccolo anfibio scivolò via, peggio di una saponetta. In un tuffo finì nel lavandino.

– Paolo, Paolo, ma tu non sai nuotare: non hai i braccioli, affogherai, ti bagnerai gli occhi – si affannò il fratello…

…la rana fece un salto e si posò sul bordo e poi…ciufff…ancora in acqua.

– Cra cra! – e balzò sulla mano di Stefano.

Finalmente Stefano si decise: – Cra cra! – ed ecco che anche lui si trasformò in una rana.

Insieme si buttarono nel lavandino, sguazzando felici.

Saltarono sul porta sapone, poi ancora giù, quindi si avventurano nella bacinella, dove giacevano abbandonate le loro barchette.

La rana Paolo salì sul motoscafo, la rana Stefano sul galeone dei pirati e si lasciarono trasportare dal gioco.

– Ancora in bagno? – li raggiunse la voce della mamma – Adesso vengo a preparare la vasca. –

– Un attimo solo – rispose Paolo e, non appena pronunciò la prima parola, si ritrasformò in un bambino.

– Siamo quasi pronti – disse Stefano ritornando a sua volta bambino.

Quando furono nella vasca, la mamma si accorse che, per la prima volta, Stefano non le chiedeva di asciugargli la faccia,ogni volta che uno spruzzo lo raggiungeva agli occhi.

1.PAOLO E STEFANO

Fotografia di Giovanna Beltrame


Dedicata a tutti i bambini costretti a restare in casa.

La storia del giorno: sabato 28 marzo.

Era un triste pomeriggio: chiusi in casa Paolo e Stefano avevano voglia di uscire, ma mamma e papà stavano lavorando.

– Giochiamo a indovinare gli animali – propose Paolo.-

– Tuuu tuuu – iniziò Stefano.

Paolo inclinò il capo: – Tuu tuu? …Sei una colomba?-

Stefano si mise a ridere, scuotendo la testa: – Tuuu Tuuuu!-

– Un piccione! –

Stefano continuò a ridere: – Tuuuu Tuuuu!!!-

– Una civetta! –

Stefano scosse il capo.

– Un gufo? –

– Nooo: sono un TRENO –

– Così non vale! Il treno non è un animale! –

Stefano continuò a ridere : – Tuuuu Tuuuu!!!–

– Allora tocca a me – lo interruppe Paolo: – Squit, squit –

Stefano smise di ridere e lo guardò.

– Squit, squit – disse ancora Paolo.

Stefano strabuzzò gli occhi: sotto il suo sguardo Paolo si trasformò in un bellissimo topolino bianco.

Stefano non si spaventò, non chiamò la mamma o il papà, non si mise a urlare, non scappò via: Stefano corse accanto a Paolo e disse:

– Squit, squit- e immediatamente anche lui si trasformò in un bellissimo topolino arancio.

I due fratelli si guardarono e, senza pronunciare alcun verso, si compresero al volo e incominciarono a esplorare quei meravigliosi angoli della loro stanza giochi che prima non erano mai riusciti a raggiungere a causa delle loro dimensioni.(perché erano troppo grossi)

Si tuffarono dapprima sotto il divano e trovarono la portiera della macchinina blu, scomparsa da tempo.

Si tuffarono nella libreria e annusarono il profumo dei volumi di fiabe.

Si tuffarono nel cesto dei giochi, nascondendosi dietro a un orsetto peloso

Si tuffarono dentro le pantofole della mamma e scoprirono che per loro erano diventate un comodo lettino; corsero per tutta la camera, curiosando in ogni luogo: avevano trovato il parco giochi più meraviglioso fra tutti quelli mai visitati.

Quando furono stanchi, topino Paolo andrò a sdraiarsi nella ciabatta sinistra, topino Stefano in quella destra e si addormentarono felici

.- Paolo, Stefano, è ora della merenda.|-

I due sorcetti si svegliarono all’improvviso udendo la voce della mamma.

– Arrivo – rispose Paolo e, non appena pronunciò la prima parola, si ritrasformò in un bambino.-

– Anch’io – disse Stefano ritrasformandosi in bambino e insieme corsero dalla mamma.

Quel triste pomeriggio si era rivelato di sicuro molto, molto divertente.

2. PAOLO e LULÙ

Henrique Matisse: Les Tours de Collioure – 1905
Olio su tela: 800 x 650
The Heremitage, St. Petersburg, Russia


La storia del giorno: mercoledì 27

La storia continuò.

Paolo era un fagottino dolcissimo: succhiava dal suo biberon, poi si addormentava in braccio felice ma, se Gina o Gigi tentavano di metterlo nel suo lettino, prima buttava via le coperte, poi emetteva ultrasuoni sempre più forti, che si trasformavano in vere e proprie urla disperate.

I neo genitori comprarono un marsupio per tenere il piccolo sempre con loro.

– Ogni giorno peggiora – disse Gigi a Gina – diventa sempre più pesante e non possiamo passare tutto il nostro  tempo a cullarlo –

In quel momento suonò il campanello: era Lulù, l’amica di Gina perennemente triste.

– Ciao, come state? Io malissimo – proseguì senza lasciare loro il tempo di rispondere – Questa notte non ho dormito per nulla:  avevo caldo,  non c’era nemmeno un filo d’aria. Questa mattina sono andata in ufficio senza voce: il telefono continuava a squillare e dovevo sforzarmi di parlare… e nessuno, dico nessuno che rispondeva al mio posto… –

Nonostante la raucedine, Lulù sembrava un fiume in piena, ma improvvisamente vide Paolo e si interruppe.

– Ma è un neonato quello che tieni in braccio, Gina?- e il mal di gola non le impedì di proseguire: – Dove l’hai trovato? L’hai portato dal dottore? magari ha i vermi! –

– Lulù: è un bambino, non un cane. Si chiama Paolo – le rispose gentilmente Gina – Vieni, ti garantisco che non ha i vermi – e le mise tra le braccia Paolo che si aggrappò alla camicia di Lulù come un cucciolo di koala.

Avvenne un piccolo miracolo: Lulù tacque di colpo, sospirò, strinse il bimbo a sé e sorrise.

Gigi e Gina non avevano mai visto Lulù perdere la sua espressione triste con la bocca eternamente rivolta all’ingiù: i suoi occhi ora splendevano mentre una dolce ninna nanna si formava dalle sue labbra.

Rimase con Paolo fino a quando venne buio.

– Posso tornare? – domandò mentre usciva.

– Certo, quando vuoi – risposero in coro Gigi e Gina ancora meravigliati dell’insolito umore di Lulù.

 

Il giorno dopo, terminato il lavoro, Lulù tornò e con lei c’era la sua collega Cate, sempre ansiosa e agitata che, muovendo le mani come farfalle impazzite, si avvicinò a Gina che teneva Paolo nel marsupio chiedendo: – E’ questo il bambino? –

Paolo le catturò le dita con le sue manine cicciottelle e la donna sospirò, mentre Gina si affrettava a trasferirle il pupo tra le braccia.

Anche questa volta, avvenne la trasformazione: le labbra di Cate si curvarono all’insù e un’insolita calma entrò in lei, portandole serenità e gioia.

Il giorno dopo, il campanello di Gigi e Gina iniziò a suonare già di mattina: tutti volevano provare almeno per pochi minuti la sensazione di tenere Paolo fra le braccia e dimenticare ogni problema in un bagno di serenità.

La voce si sparse per il paese e Gigi e Gina non ebbero più alcuna difficoltà a soddisfare la voglia di coccole del loro Paolo.

 

Immagine tratta dal sito: https://en.wikipedia.org/wiki/Henri_Matisse

 

6. ROMEO, ARIA e LA RANA

La storia del giorno: domenica 16 marzo

Finalmente era domenica e, come consuetudine, toccava al papà accompagnare Giovanni a dormire. Chiacchierarono un po’ e, quando Giovanni fu stanco, il papà si mise a raccontare le ultime avventure di Romeo e della sua sorellina Aria.

La storia cominciò.

Aria aveva finalmente parlato e, questa volta, alla presenza dei suoi genitori.
Il papà e la mamma tirarono un sospiro di sollievo, anche perché la loro bambina, pur non essendo una chiacchierona e rimanendo ancora in silenzio per ore, quando si rivolgeva a loro, si esprimeva come un “grande.”

– Cosa ti piacerebbe fare quando succede il botto – chiese un giorno Aria a Romeo che si era seduto accanto a lei in giardino.
– Non lo so, mi é sempre capitato tutto per caso e non ho ancora capito PERCHÉ –
– Ho pensato tanto, magari abbiamo abbiamo sbagliato a credere che ti succeda quando ti annoi; non potrebbe essere che tu, in quel momento stia semplicemente desiderando di essere da un’altra parte e…ecco … te ne vai…
– Non lo so, si potrebbe provare…
– Dove ti piacerebbe andare?-

In fondo al giardino c’era una fontana, un lascito dei vecchi proprietari, una specie di stagno, circondato da massi e una piccola grotta in alto da cui zampillava acqua, come una sorgente. Ai due bambini piaceva molto, anche perché, nascosta come era dai roseti della mamma, costituiva un rifugio sicuro.
– Là – indicò Romeo,- chissà cosa c’è sotto le ninfee?-

Aria si guardò intorno pensierosa, fino a quando notò una rana saltare lì vicino.
Aria si accucciò vicino al piccolo anfibio verde che si lasciò prendere in mano, poi si rivolse al fratello:
– È pronta, puoi provare!-
– Chi è pronta? La rana? Ci hai parlato?-
– Certo, così non si spaventerà quando la userai per entrare nello stagno-

Purtroppo, nonostante gli sforzi di Romeo, dopo alcuni minuti la rana iniziò ad agitarsi, senza che nulla fosse accaduto.
– Sbrigati…

In quel momento si udì la voce della mamma: – Romeo, dove siete? Vieni, devi ancora finire i compiti!-

Ed ecco, la rana con un salto poderoso, si gettò sotto a una ninfea.
Romeo senti un gran botto …e si trovò a sguazzare nello stagno che gli parve più profondo di quanto si aspettasse. Era meraviglioso nuotare, senza avere la necessità di riemergere per respirare. L’acqua era torbida, ma ci vedeva benissimo…si sentiva LIBERO!!

L’esperienza, però, durò troppo poco, perché nel frattempo la mamma era scesa in giardino e li stava chiamando a gran voce.
La sua sorellina, allora, gli  toccò il braccio e Romeo si ritrovò nuovamente nel suo corpo, mentre la rana scompariva nell’erba.

4. ROMEO e ARIA

La storia del giorno: mercoledì 5 marzo.

Mercoledì sera dopo cena, Giovanni si accomodò sul divano accanto alla sua mamma e le chiese:

– Raccontami ancora di ARIA –

La storia cominciò

Passarono i giorni , Romeo era ritornato il solito fratellone di sempre e ARIA si era quasi dimenticata della conversazione delle rondini, quando, gattonando in giardino, udì una lucertola lamentarsi.
– Cosa ti succede? – le chiese
– Cosa mi é successo, piuttosto- rispose un po’ risentito il ramarro
– Questa mattina, mi stavo scaldando al sole, quando, improvvisamente, ho sentito un gran botto…come se mi avesse colpito un fulmine…

…e poi… più nulla….mi sono risvegliata in un luogo sconosciuto, buio e freddo.
Mentre con cautela cercavo di trovare un’uscita, tutto ha iniziato a sobbalzare e, non appena ogni cosa é ritornata immobile, una mano è calata su di me e mi ha afferrato. Sono rimasta accecata dalla luce: ero di nuovo al sole, ma, ancora una volta, non sono riuscita a riconoscere dove fossi capitata. Un bambino mi stava guardando e allora ho compreso di trovarmi in un cortile affollato di ragazzini urlanti.
Mi sono messa a correre fino a quando sono giunta qui. Mi sembrava un posticino tranquillo, ma sei arrivata tu… –
e, così dicendo, la lucertola scomparve in una crepa nel muro, abbandonando la bimba con le sue mille domande inespresse.

Quel pomeriggio, Romeo tornò da scuola con lo sguardo strano e un sorriso birichino nascosto agli angoli della bocca che solo Aria riuscì a cogliere, mentre veniva sollevata sulle spalle del fratello e portata in giardino.
Si accoccolarono sulla panchina, Romeo la prese in grembo, poi chinò il capo e le lasciò un bacio fra i capelli, sussurrando:
– Ti confido un segreto, devo assolutamente dire a qualcuno ciò che mi é successo e tu,- la guardò intensamente – sei la sola con cui oso confidarmi…
ARIA gli sorrise con tutto il viso e gli afferrò la mano, così suo fratello continuò:
– tu mi credi, vero?-
La bimba annuì.
Iniziò a raccontare:
– Ero a scuola durante un’ interrogazione davvero poco interessante e, d’improvviso, ho sentito un gran botto ….

ARIA spalancò gli occhi, gli strinse la mano forte forte e trattenne quasi il fiato, mentre Romeo, finalmente libero di sfogarsi, continuava a confidarle la sua avventura.
Quando terminò di parlare, ARIA assunse un’ espressione molto seria e scandì lentamente:
– Oh, Romeo, eri tu anche con la rondine?

Romeo impallidì e non sapeva se essere più stupito perché aveva udito la sua sorellina parlare, o perché – chissà come – Aria sembrava sapere già tutto, anche dell’avventura durante la partita di calcio, che non aveva MAI osato nemmeno raccontare a se stesso.
Si mise a urlare:- Mamma, papà, correte… ARIA ha parlato!-
La prese in braccio e corse in casa

3. LA SORELLA DI ROMEO

La storia del giorno: martedì 4 marzo.

Giovanni martedì tornò da scuola triste perché sapeva che il suo papà sarebbe stato fuori casa per lavoro per qualche giorno.
Alla sera, dopo cena, la mamma gli sedette accanto e gli chiese di raccontarle la storia di ROMEO e quando Giovanni terminò, gli disse:
– Sai che ROMEO aveva una sorellina?-

La storia cominciò

C’era una volta una bambina che si chiamava ARIA, e, anche se aveva già compiuto due anni, non aveva ancora pronunciato nemmeno una parola. Nei giorni di sole, allungava la sua manina e si faceva accompagnare fuori in giardino, dove si guardava intorno assorta ed emetteva gorgoglii e trilli di contentezza.
I suoi genitori erano preoccupati e sottovoce commentavano:- Suo fratello Romeo, alla sua età, già parlava-.
ARIA, però, era una bambina felice e comunicava gioia a chi le stava accanto.
ARIA capiva quando i grandi le parlavano, ma allo stesso modo comprendeva il linguaggio degli animali; non solo, riusciva anche a dialogare  con loro, fossero cani o coccinelle, cavalli o cornacchie.

Una mattina, mentre si trovava al parco, vide passare uno stormo di rondini e le udì garrire concitate.
– Insomma, ci vuoi dire dov’eri finita? Stavi volando con noi ed ad un tratto ci siamo guardate intorno e tu mancavi. Poi, quando ormai avevamo pensato di averti persa, ecco che arrivi barcollando come un ubriaco e non sai fornirci nemmeno una spiegazione di dove sei stata!

– Ve lo giuro, non ricordo proprio…Stavo passando sopra una scuola e c’erano dei bambini che giocavano a palla, quando, improvvisamente ho sentito un gran botto…come se mi avesse colpito un fulmine

– Ma se non c’é nemmeno una nuvola in cielo!

– Ve lo giuro, non ho visto né avvertito più niente, ero circondata dal nulla, non c’ero più…come se, da un momento all’altro, mi fossi addormentata secca

– Se ti avessero sparato, ora, quanto meno, sanguineresti…

– ti fa male da qualche parte?

– No, mi sono svegliata- se così si può dire- e mi sono accorta che stavo volando ancora sopra la scuola e i bambini stavano urlando e saltando…

é stato orribile…-

ARIA ascoltò molto attentamente e avrebbe voluto saperne di più , ma, in un frullo d’ali, le rondini si erano già allontanate.

Quella sera, quando Romeo tornò, le parve che qualcosa in lui fosse cambiato. Lo osservò attentamente, quindi allungò le manine per farsi prendere in braccio. Romeo la coccolò, poi chinò il capo e le lasciò un bacio fra i capelli, sussurrando : – Se solo sapessi quello che mi é capitato oggi…-
La portò nel suo lettino e spense la luce.

2. ROMEO

La storia del giorno: lunedì 3 marzo.

Nonostante fosse lunedì, Giovanni quella sera volle ancora che fosse il suo papà ad accompagnarlo a dormire.
Gli chiese : – Raccontami ancora di ROMEO –

La storia cominciò

ROMEO, dopo la partita, si interrogò a lungo, cercando di comprendere che cosa gli fosse successo e, soprattuto, se si sarebbe potuto ripetere.
Non volle parlarne con nessuno per timore di essere preso in giro. Alla fine arrivò a convincersi di essersi sognato ogni cosa.

Dopo alcuni giorni era a scuola durante un’ interrogazione davvero poco interessante – naturalmente sotto esame non era lui – e si mise a guardare fuori dalla finestra.

Ecco di nuovo, d’improvviso, senti un gran botto e si trovò sospeso fuori dalla finestra a osservare dentro la classe la maestra e i suoi compagni e vide se stesso, seduto composto al banco al fianco di Enrico.
Questa volta ROMEO non si spaventò e non pianse.

C’era una lucertola appoggiata al davanzale che sembrava interessata allo svolgimento dell’ interrogazione e, immediatamente, il bambino si trovò aggrappato alla finestra mentre il mondo si allargava a dismisura.
“Caspita, sono un dinosauro” pensò guardandosi le zampe e la coda, ma comprese di essere invece nel corpo di un ramarro.

Decise allora di mettersi alla prova, strisciare da una lieve apertura e attraversare la classe fino a giungere nella borsa della maestra.
Si sentiva la famosa spia ROMEO, sotto travestimento, intento a violare il campo nemico senza essere visto, sfidando trabocchetti e ostacoli. Naturalmente era avvantaggiato dalla profonda conoscenza del luogo, ma tutto era veramente ingigantito. Le scarpe dei suoi compagni facevano davvero paura. Dopo essersi calato dalla tenda, si nascose dietro uno zainetto, e iniziò a lanciarsi in piccole corse, evitando i possibili calci. Il più difficile venne quando si trovò a varcare lo spazio fra l’ultimo banco e la cattedra, ma si nascose sotto il fazzoletto che era caduto a Marina.
Con un ultimo guizzo, si arrampicò fino alla borsetta e scivolò dentro. Quindi, sfruttando un clamoroso silenzio dell’interrogato, sbucò fuori e guardò la maestra negli occhi.

Si udì un urlo :- Qualcuno vada a chiamare il bidello!-
Approfittando dello sbalordimento generale, la lucertola si andò a nascondere fra i libri di ROMEO stesso.

Enrico, esaltato da tutta quella confusione, diede un gomitata al suo amico e ROMEO ripiombò ancora una volta nel suo corpo.
Naturalmente il bidello non trovò nessun ramarro, per quanto perlustrasse attentamente la classe.

La lezione finì dopo poco e ROMEO poté liberare in cortile l’animaletto ancora nascosto nel suo zainetto, mentre ogni dubbio di avere sognato svaniva.

2. DUE DENTI E VERDE

Claude Monet
Salice piangente – Il ponte giapponese a Giverny (c.1918)

Dimensioni :
131 x 150 cm

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La storia del giorno: mercoledì 26 febbraio

Mercoledì  Marina non vedeva l’ora di sapere qualcosa in più su DUE DENTI, e così, quando fu sera, dopo aver mangiato ancora tutta la pappa,  disse alla mamma:
– Raccontami una storia –
La storia cominciò:

Le bolle-avventura venivano prodotte da un’orchestra: le bolle nate dalla batteria erano le più pericolose, quelle dal flauto erano le più riposanti.

La bolla verde di mercoledì era appunto nata dalle note del flauto.

DUE DENTI entrò e si trovò a strisciare in un mare d’erba.

Un vento leggero gli aprì un sentiero che lo condusse dentro alle fronde di un salice piangente. Lì era fresco e profumava di caramella alla menta.

DUE DENTI si guardò intorno, i rami muovendosi provocavano una musica dolce e, seguendo le note, vide, rannicchiato come in un nido, un bambino tutto verde che stava dormendo.

DUE DENTI inclinò il capo per guardarlo meglio e lui si svegliò e iniziò a stiracchiarsi. Si bloccò di colpo, gli occhi puntati su di lui, e i due bambini rimasero immobili a  studiarsi.

– Mi chiamo DUE DENTI – fu il primo a presentarsi

– e tu ti chiami VERDE – proseguì poiché l’altro continuava a tacere

–  e questa sarà la nostra capanna.-

Con le fronde del salice al posto delle penne, intrecciarono due copricapo da INDIANI, trasformarono la loro capanna in TIPI’ e giocarono insieme fino a quando furono stanchi.

Quando il sonno incominciò a fare chiudere loro gli occhi, DUE DENTI prese VERDE per mano e lo trascinò con sé fuori dalla bolla-avventura, cercò una bolla-nanna e lo spinse dentro, poi si impossessò della bolla-nanna vicina e finalmente crollarono a dormire.

Fu così che VERDE diventò il primo degli SDENTATI.