5. PEPE E L’ AUTUNNO

Vasilij Kandinskij – Park St. Cloud in Autumn (1906)

IMG_0253.JPG

La storia del giorno: lunedì 22 settembre.
Dedicata a tutti coloro che si chiamano Maurizio.

Luigino chiese alla mamma:- Per favore, raccontami ancora di Pepe.-

La storia cominciò.

Quell’anno l’estate stava finendo senza essere mai esplosa: le belle giornate erano state poche e troppi i temporali che erano scoppiati irruenti.
Pepe non aveva più volato.

Nonostante le scuole avessero riaperto i loro battenti e le lezioni di musica fossero ricominciate, tutto era immobile.
Pepe aspettava l’autunno con trepidazione, anche se sembrava che niente potesse cambiare…

…poi si alzò il Vento.
Di notte, mentre tutti dormivano, iniziò a soffiare senza fare rumore.

Pepe si svegliò d’improvviso e corse alla finestra: tutto era buio e fermo, ma, aprendo i vetri, sentì sul viso un alito d’aria umida che sapeva di bosco.
Allora decise che doveva andare fuori a vedere: desiderò di volare, provò a sollevarsi e, ancora una volta, si trovò a galleggiare a poca distanza dal pavimento.

– Vieni con me –

Pepe si guardò intorno, ma non vide nessuno.
Si mise a cavalcare quel vento silenzioso e profumato di terra e di muschio.

– Vieni con me: questa notte ci divertiremo –

Senza fare rumore il vento apriva porte e frugava balconi e cortili, alla ricerca di secchi, secchielli e bacinelle che poi trascinava con sé nella sua folle corsa.
Pepe volava invisibile in mezzo a quella processione colorata, fino a quando giunsero in una fabbrica fuori città.

– Ci vuole giallo, tanto giallo-

E come i secchi impazziti dell’ “Apprendista stregone“, tutti i recipienti trafugati dalla città si gettarono per riempirsi nelle cisterne del colorificio, mentre il vento rideva con la sua voce dorata, ripetendo:

– Vieni con me: questa notte ci divertiremo a portare un po’ di allegria –

Poi, in fila indiana, come un serpentone variopinto, si riversarono per la campagna rovesciando colore, per ritornare alla fabbrica a tuffarsi e fare il pieno di giallo, e ancora, fino a quando la cisterna fu vuota.

L’ultimo giro, il più divertente, fu in città.
Il vento aprì porte e ripercorse cortili e balconi riportando secchi, secchielli e bacinelle, alla rifusa, dopo avere scrollato ogni traccia di giallo.

Stanchissimo Pepe rientrò dalla finestra e crollò a letto.

La mattina seguente, la città era un’esplosione di allegria: non solo i parchi e i giardini brillavano dell’oro delle foglie, ma balconi, cortili e persino alcune porte rilucevano di abbaglianti riflessi dorati.

Immagine tratta dal sito:

Pubblicità

Pepe e la Primavera

Peschi in fiore, aprile – maggio 1888

 

olio su tela, 80,5 x 59,5 cm

Amsterdam, Van Gogh Museum


La storia del giorno venerdì 21 marzo

La storia cominciò

L’inverno era stato mite ma piovoso.
Le strade e i campi erano fradici d’acqua.
Finalmente era uscito un sole arancione e caldo e Pepe, indossati gli stivaletti, si avventurò in giardino.
Pozze d’acqua risplendevano come laghetti e i ciuffi d’erba che in esse si rispecchiavano sembravano alberi di un bosco.
Il bambino si mise a correre per saltare di slancio la pozzanghera più grossa, ma, atterrando, si trovò a scivolare giù giù, sempre più giù, fino a infilarsi sotto la siepe di gelsomino.

L’odore di terra bagnata era molto forte e, guardando in alto, si accorse di quanto fosse sprofondato fino alle radici.
Eppure la luce lì sotto era quasi più splendente. Pepe iniziò a osservare l’intreccio contorto in cui era caduto e vide che formava una grotta di cui non indovinava la fine.

Era un bambino avventuroso e, senza paura, si inoltrò ancora più in profondità, dove la terra cambiava colore. Mano a mano che avanzava il marrone si fece prima blu, poi di un verde sempre più chiaro, poi giallo, rosso e violetto, fino a che si trovò circondato da cristalli iridescenti che spandevano i loro riflessi, mulinando in mille arcobaleni.

Qui si fermò e prese cautamente in mano una pietra sfaccettata. Da essa si irradiava un piacevole calore, si chinò e l’annusò: aveva il profumo dei fiori.
Incominciò ad agitarla, udiva un vago ronzio, ma non successe niente. Ce ne erano tante e sembrava che insieme cantassero.
Provò a strofinarne una contro l’altra, ma ancora nulla.
Allora se ne mise in tasca due, e cercò la strada per riemergere.
Si accorse che aveva camminato più a lungo di quanto pensasse.

Finalmente si ritrovò ai piedi della siepe di gelsomino e poi
accanto alla pozza d’acqua più profonda, dove, d’impulso, gettò uno dei cristalli.

Trattenne il fiato perchè, improvvisamente, udì lieve il canto delle pietre e dalla pozzanghera si sprigionò una luce dai mille colori. Appena si posò sul prato, tutto intorno l’erba si punteggiò di fiori, e su di essi apparvero farfalle sgargianti. Poi la musica tacque e Pepe vide che, mentre il giardino era rimasto immutato, il prato, che solo poche ore prima gli era sembrato una piccola foresta, adesso era diventato un’ aiuola brulicante di fiori e di vita.

Nascoste sotto il gelsomino aveva trovato le ” pietre della primavera”

Conservò con cura il secondo cristallo, mentre le amiche della mamma venivano in processione ad ammirare stupite il suo angolo di giardino fiorito.

 

Era la notte tra il 19 e il 20 marzo.

Pepe stava dormendo nella sua cameretta, quando fu svegliato dal ronzio della pietra che aveva trovato sotto le radici del gelsomino in giardino.  Si alzò e andò a prenderla dal cassetto in cui l’aveva nascosta.

Il ronzio divenne un canto e il cristallo si fece più caldo e luminoso. Intanto la finestra della sua stanza lievemente si aprì e Pepe fu sollevato da un venticello tiepido e profumato di fiori.  Con la pietra in mano, fu sospinto fuori casa, lievitando a poca distanza dal terreno.

Era una notte mite e stellata, e si trovò circondato da mille pietre luminose. Sorvolarono le strade della città invisibili a tutti, tranne ai gatti che, nel loro vagabondare, si fermavano e guardavano in su.

Appena si trovavano  sopra un angolo di verde o a un viale o a un giardino, il canto si faceva più dolce, i colori più vividi e l’erba si punteggiava di fiori, si schiudevano le gemme sugli alberi.

Lasciarono il centro abitato e si trovarono sui campi: al loro passaggio dalle radici dei cespugli di gelsomino, si sollevavano altre pietre sgargianti, che andavano a sostituire quelle che erano svanite in mille boccioli profumati.

Sorvolarono ruscelli e boschetti, ma Pepe non aveva paura, nemmeno per un attimo pensò di cadere o di venire trascinato lontano senza poter più tornare.

Spalancava gli occhi trasognato da quel panorama consueto ma nuovo, mentre la natura intorno a lui si risvegliava.

Il tempo perse importanza fino a quando albeggiò. Il cielo rosa era ormai rischiarato dal sole che stava sorgendo e il canto sfumò in note più tenui. Pepe riconobbe le strade della sua città, la finestra della sua camera e si fermò appoggiato al davanzale.  Intorno a lui le ultime pietre si trasformarono in farfalle sgargianti, che, in un frullo di ali, si disseminarono nel mattino e lo lasciarono solo.

Quando la mamma lo andò a svegliare,  vide che gli occhi di Pepe si erano arricchiti di nuove sfumature di verde che prima non c’erano.

LA NOTTE DI NATALE

LE STORIE DELL’AVVENTO. 5

/home/wpcom/public_html/wp-content/blogs.dir/261/64681301/files/2014/12/img_1687.jpg
La storia del giorno 25 dicembre.

Buon Natale da Romeo, Aria, Queen, Isacco, Galileo, Roby, Gaia, Diana, Pepe, Pluf, Chicco, Due Denti e gli Sdentati,
grazie per avere condiviso le loro avventure.

Era la notte del 24 dicembre.

Pepe scivolò fuori dalla finestra e, ancora una volta, fu sollevato dalle note dorate in un turbinio di colore; trasportato veloce sulla spuma luminosa, fu depositato dolcemente sul prato di trifoglio, dove le slitte attendevano di essere caricate. Il pianoforte era lì, appena sotto la stella cometa che due gemelli avevano appeso con i loro amici.

Iniziò a suonare la musica che gli aveva insegnato il suo maestro e i bambini in pigiama arrivarono a piccoli gruppi , avvolti in calde coperte rosse: erano carichi di doni e unirono il loro canto alle note festose del pianoforte.
Pepe emise un sospiro di gioia, mentre le sue dita scivolavano sempre più sicure sui tasti.

Giunse Diana ,abbracciando il suo piccolo orso Taddy e con tutti i bambini che nelle notti precedenti avevano partecipato nei loro sogni alla confezione dei pacchi.

Arrivarono Isacco e Galileo sul loro valigione bianco, portando Roby, Marco, Paolo, Luca e Gaia che indossava i suoi occhiali arancioni, più fulgidi alla luce della cometa.

Infine arrivarono le renne con Romeo, Aria e Queen.

Aria corse verso Pepe e vide, accanto al pianoforte, un bellissimo albero decorato. Spalancò gli occhi: ogni pallina era una “bolla nanna” e ognuna di esse conteneva uno Sdentato; nella più grande, al centro, Due Denti stava dormendo. Aria sospirò di gioia e Due Denti le fece l’occhiolino, poi continuò a succhiare e tornò a sognare.

Le renne vennero attaccate alle slitte, ormai cariche di doni.

– Perché non nevica? – domandò ad alta voce Queen.

I canti si interruppero.

Si udì una voce nel silenzio: – Ci vuole Pluf –

– Diana, Taddy, presto andate nella grotta, entrate dalla colonna con i lampi e prelevate il bambino che troverete –

In un battito di ciglia, Diana ricomparve trascinando uno stupitissimo Pluf.

– Che cosa succede? Dove sono?-

– Devi fare nevicare, Subito! – lo incalzò immediatamente Queen –

– Nevicare? Ma io so soltanto fare scoppiare i temporali e adesso non sono nemmeno arrabbiato! Qui è così bello! –

Aria lo prese per mano: gli mostrò la cometa e gli presentò i gemelli, lo condusse davanti all’albero di Natale e gli fece vedere i bambini addormentati nelle bolle nanna; quindi lo presentò a Pepe che lo fece sedere accanto a sé, mentre una musica dolcissima sgorgava dalle sue dita.

Allora tutti i bambini ripresero a cantare e Plof venne travolto dalla loro dolcezza; la sua gioia crebbe fino a quando dal cielo incominciarono a volteggiare, danzando con le note, candidi fiocchi di neve.

Si udì il suono di mille campanelle e, finalmente, le renne balzarono con le loro slitte cariche di doni, mentre i bambini si dileguavano per ritrovarsi nei propri lettini.

La mattina di Natale, Pepe corse a controllare sotto l’albero se la slitta fosse passata anche da lui e rimase senza fiato quando vide il pianoforte che aveva suonato nelle notti di avvento, mentre nei suoi occhi si accesero mille stelle di felicità.

Queen si svegliò tardi e, dopo aver aperto pacchi di tutte le dimensioni, trovò uno scatolino rosso, nascosto sotto l’albero: lo scartò svogliatamente, poi rimase senza fiato: dentro c’era una collana di filo e perline.

Immagine tratta dal sito: http://www.sconfinamenti.net/blog/archives/3725

6. PEPE E LA MUSICA DI NATALE

Londra: Carnaby Street 2014.
IMG_1477.JPG

LE STORIE DELL’AVVENTO .1

La storia del giorno martedì 9 dicembre.

Alla scuola di musica fervevano i preparativi per il saggio di Natale.
Pepe, appena poteva, sgattaiolava dal buco nella siepe, entrava nel vecchio palazzo e si rifugiava nell’aula in cui avvenivano le prove per respirare le note e quella particolare atmosfera di eccitazione mista all’ansia.

Un giorno il suo maestro di piano lo vide e gli disse:
– Lo so che hai iniziato da poco, ma voglio comunque insegnarti un brano di Natale –

L’insegnante si mise a suonare e, quando colse un bagliore diverso negli occhi di Pepe, proseguì:
– Questo pezzo é perfetto per te – e lo invitò a condividere lo sgabello.

Le dita del bambino iniziarono a muoversi sui tasti, acquistando fiducia.

Pepe continuò ad esercitarsi anche dopo che l’insegnante si era allontanato, fino all’ora di chiusura della scuola.
Tornato a casa, provò a lungo i movimenti, canticchiando a labbra socchiuse.

Prima di dormire, la mamma l’accompagnò nella sua cameretta e, dopo aver spento il lampadario, si affacciò con lui dalla finestra per guardare la città, dove i lunghi fili luminosi, che per giorni erano rimasti bui e invisibili, si erano accesi in un bagliore dorato.

Appena fu solo, Pepe decise che doveva andare fuori a vedere…desiderò di volare, provò a sollevarsi e, ancora una volta, si trovò a galleggiare a poca distanza dal pavimento.
Si infilò il cappotto pesante e in un attimo fu in strada, sfiorando fiocchi di neve giganti, stelle e globi luminosi sospesi fra cielo e terra, fino a quando si imbatté in un’enorme cuffia musicale.

Fu immediatamente inondato da note dorate che lo sollevarono sempre più su, in un turbinio di colore: il bambino non seppe più distinguere l’alto dal basso e scivolò veloce trasportato da onde di spuma luminosa.

Le scintille argentate si infilarono in un comignolo e Pepe fu depositato dolcemente nel mezzo di uno stanzone brulicante dì attività e di giocattoli.
Orologi a pendolo di ogni forma e colore ticchettavano appesi alle pareti in un’allegra confusione.

– Vieni qui – gli disse una ragazzina senza smettere di impacchettare doni.
– Abbiamo bisogno di un pianista –

– Ma io non sono ancora bravo –

La stanza piombò nel silenzio e nell’immobilità: anche i pendoli si fermarono. Tutti gli occhi si puntarono su di lui.

Pepe allora alzò le mani e si diresse verso il pianoforte che troneggiava nell’unico angolo vuoto. Si tolse il cappotto, sollevò il coperchio, iniziò a suonare e intorno a lui tutto si rimise in movimento.
C’era chi montava giocattoli, chi impacchettava, chi scriveva l’etichetta col nome su ogni dono, chi infine riponeva il tutto nei sacchi, uno diverso per ogni città: era una folla di ragazzi in pigiama che lavorava senza bisogno di ordini.

Pepe emise un sospiro di gioia mentre le sue dita scivolavano sempre più sicure sui tasti: finalmente aveva trovato un pianoforte su cui esercitarsi.
Le sue note trillavano luminose e infondevano vivacità e allegria al ritmo dei bambini.

Ad un tratto, tutti gli orologi a pendolo si misero a suonare contemporaneamente con un fracasso assordante e in un attimo i bambini si dileguarono.

Pepe fu risucchiato dal fiume di luce, ebbe appena il tempo di recuperare il suo cappotto e … si ritrovò vicino alla finestra della sua camera.

Stanchissimo ma felice, si infilò a letto si mise a dormire.

4. PEPE e il Festival

Henry Matisse: Jazz – 1947
«les papiers gouaches découpés»
Litografia a colori

20140626-205513-75313994.jpg

La storia del giorno: venerdì 27 giugno.

Venerdì Luigino era ancora a letto con la febbre, così la mamma continuò a raccontargli le avventure di Pepe.

La storia cominciò.

Pepe attendeva l’arrivo dell’Estate con trepidazione.
Venne il 21 giugno, ma non successe niente.

La scuola chiuse i battenti: la sua città si preparava al festival musicale che già da qualche anno si svolgeva nelle piazze.

Prima della sua esperienza con le “pietre della primavera”, Pepe non se ne era mai interessato, ma questa volta era diverso.
Supplicò il papà di portarlo per le strade anche di sera, quando i concerti erano più interessanti.

Il papà lo accompagnò in un giro che fu troppo breve e Pepe si accorse di essere troppo piccolo per poter vedere ciò che avveniva sul palco.

Tornò a casa, ma il desiderio di essere ancora in mezzo alla musica era grande.

Quando fu nella sua cameretta decise di trovare un modo per uscire: mentre guardava dalla finestra, incominciò a cercare di sollevarsi da terra e, dopo alcuni tentativi, aveva raggiunto il lampadario a poche spanne dal soffitto.

Il papà e la mamma erano in salotto e non lo notarono quando, svolazzando a due metri da terra, si allontanava dal giardino sul retro.

Si rese immediatamente conto che, anche questa volta, nessuno poteva vederlo mentre sorvolava le teste della folla riversa per le strade, solo i gatti che, nel loro vagabondare, si fermavano e guardavano in su.

Seguì la musica come fosse una corrente, e si trovò proprio di fronte al palco. Le note lo facevano galleggiare senza alcuno sforzo e si gustò ogni istante del concerto.

Restò fino a quando anche l’ultimo accordo si spense e, stanchissimo, tornò a casa per le vie che si stavano svuotando.
Si perse un paio di volte e, faticosamente, risalì ancora un po’ più in alto per orientarsi.

Vide la sua casa con le luci del salotto accese. Sospirò di sollievo: il papà e la mamma non erano ancora passati a controllare il suo sonno.

Spinse lievemente la finestra della sua cameretta che aveva lasciato accostata e si lasciò scivolare a terra.
Indossò il pigiama, si infilò sotto il lenzuolo e in un attimo si addormentò.

Immagine tratta dal sito: http://www.lastampa.it/2012/03/21/cultura/arte/segnalazioni/i-quadri-di-matissehanno-il-ritmo-del-jazz-5KXM8HuVqdkMIB2gCvsKkI/pagina.html

3. PEPE e la scuola di musica

Vasilij Kandinskij: Impressione 3 (Concerto) – 1911
Olio su tela, 77,5 x100 cm

20140626-142039-51639958.jpg

La storia del giorno: giovedì 26 giugno.

Luigino si era ammalato: aveva la febbre e non poteva alzarsi dal letto.
Per distrarlo, la mamma decise di raccontargli una nuova avventura di Pepe.

La storia cominciò.

Quella primavera Pepe scoprì la scuola di musica.

Era in giardino ad ammirare soddisfatto la nuova fioritura, quando lo raggiunsero le note di un pianoforte.
In un primo momento pensò di essere ancora sotto l’incanto della notte precedente, ma poi si accorse che il suono proveniva dalla casa vicina.

Sgattaiolò dal buco nella siepe e si infilò nel portone del palazzo confinante; salì le scale e trovò l’aula in cui troneggiava un magnifico pianoforte.
Restò silenzioso in un angolo ad assistere alla lezione, fino a quando il maestro lo scorse.

– La tua mamma lo sa che sei qui? – gli chiese immediatamente.

– No-

– Vivi nella casa qui accanto? Mi è sembrato di averti visto giocare nel prato.
Vieni, ti accompagno-

– Per favore: mi fai provare, prima?-

Il maestro si affacciò dalla finestra e udì la mamma di Pepe chiamare il bambino.

– È qui – le disse – cinque minuti e lo riaccompagno!

Pepe, felice, si accomodò sullo sgabello lasciato libero dal ragazzino andato via da pochi minuti e cercò di ripeterne i gesti.
I risultati furono molto al di sotto delle sue aspettative, ma il bambino provò comunque una grande gioia.

– Sei bravo- lo incoraggiò l’insegnante.

– Mi piacerebbe ascoltare ancora!-

La musica fluì dalle dita del maestro e riempì il mondo di Pepe.

Da quel giorno, Il bambino prese a frequentare la scuola e la sua mamma notò che dopo ogni lezione i suoi occhi si facevano sempre più verdi.

Immagine tratta dal sito: http://users.unimi.it/~gpiana/dm6/dm6kmlv.htm

2. PEPE E LA PRIMAVERA

La storia del giorno: giovedì 20 marzo.

 

Giovedì Luigino era particolarmente turbolento. Era tornato tardi da scuola e aveva corso in cortile fino a quando la mamma lo aveva richiamato in casa e ora, dopo la doccia, tentava di tenerlo fermo mentre gli asciugava i capelli.  Esasperata dalla sua vivacità, decise di continuare a raccontargli di PEPE.

La storia cominciò

 

Era la notte tra il 19 e il 20 marzo.

Pepe stava dormendo nella sua cameretta, quando fu svegliato dal ronzio della pietra che aveva trovato sotto le radici del gelsomino in giardino.  Si alzò e andò a prenderla dal cassetto in cui l’aveva nascosta.

Il ronzio divenne un canto e il cristallo si fece più caldo e luminoso. Intanto la finestra della sua stanza lievemente si aprì e Pepe fu sollevato da un venticello tiepido e profumato di fiori.  Con la pietra in mano, fu sospinto fuori casa, lievitando a poca distanza dal terreno.

Era una notte mite e stellata, e si trovò circondato da mille pietre luminose. Sorvolarono le strade della città invisibili a tutti, tranne ai gatti che, nel loro vagabondare, si fermavano e guardavano in su.

Appena si trovavano  sopra un angolo di verde o a un viale o a un giardino, il canto si faceva più dolce, i colori più vividi e l’erba si punteggiava di fiori, si schiudevano le gemme sugli alberi.

Lasciarono il centro abitato e si trovarono sui campi: al loro passaggio dalle radici dei cespugli di gelsomino, si sollevavano altre pietre sgargianti, che andavano a sostituire quelle che erano svanite in mille boccioli profumati.

Sorvolarono ruscelli e boschetti, ma Pepe non aveva paura, nemmeno per un attimo pensò di cadere o di venire trascinato lontano senza poter più tornare.

Spalancava gli occhi trasognato da quel panorama consueto ma nuovo, mentre la natura intorno a lui si risvegliava.

Il tempo perse importanza fino a quando albeggiò. Il cielo rosa era ormai rischiarato dal sole che stava sorgendo e il canto sfumò in note più tenui. Pepe riconobbe le strade della sua città, la finestra della sua camera e si fermò appoggiato al davanzale.  Intorno a lui le ultime pietre si trasformarono in farfalle sgargianti, che, in un frullo di ali, si disseminarono nel mattino e lo lasciarono solo.

Quando la mamma lo andò a svegliare,  vide che gli occhi di Pepe si erano arricchiti di nuove sfumature di verde che prima non c’erano.

1. PEPE

La storia del giorno: domenica 10 marzo
Luigino si era alzato felice come ogni domenica, ma giá a metà pomeriggio era tornato dalla piscina, aveva terminato il videogioco, guardato i cartoni alla TV e si stava aggirando inquieto per la casa. Sua mamma, esasperata, gli disse: – Siediti qui, ti racconto una storia

La storia cominciò

L’inverno era stato mite ma piovoso.
Le strade e i campi erano fradici d’acqua.
Finalmente era uscito un sole arancione e caldo e Pepe, indossati gli stivaletti, si avventurò in giardino.
Pozze d’acqua risplendevano come laghetti e i ciuffi d’erba che in esse si rispecchiavano sembravano alberi di un bosco.
Il bambino si mise a correre per saltare di slancio la pozzanghera più grossa, ma, atterrando, si trovò a scivolare giù giù, sempre più giù, fino a infilarsi sotto la siepe di gelsomino.

L’odore di terra bagnata era molto forte e, guardando in alto, si accorse di quanto fosse sprofondato fino alle radici.
Eppure la luce lì sotto era quasi più splendente. Pepe iniziò a osservare l’intreccio contorto in cui era caduto e vide che formava una grotta di cui non indovinava la fine.

Era un bambino avventuroso e, senza paura, si inoltrò ancora più in profondità, dove la terra cambiava colore. Mano a mano che avanzava il marrone si fece prima blu, poi di un verde sempre più chiaro, poi giallo, rosso e violetto, fino a che si trovò circondato da cristalli iridescenti che spandevano i loro riflessi, mulinando in mille arcobaleni.

Qui si fermò e prese cautamente in mano una pietra sfaccettata. Da essa si irradiava un piacevole calore, si chinò e l’annusò: aveva il profumo dei fiori.
Incominciò ad agitarla, udiva un vago ronzio, ma non successe niente. Ce ne erano tante e sembrava che insieme cantassero.
Provò a strofinarne una contro l’altra, ma ancora nulla.
Allora se ne mise in tasca due, e cercò la strada per riemergere.
Si accorse che aveva camminato più a lungo di quanto pensasse.

Finalmente si ritrovò ai piedi della siepe di gelsomino e poi
accanto alla pozza d’acqua più profonda, dove, d’impulso, gettò uno dei cristalli.

Trattenne il fiato perchè, improvvisamente, udì lieve il canto delle pietre e dalla pozzanghera si sprigionò una luce dai mille colori. Appena si posò sul prato, tutto intorno l’erba si punteggiò di fiori, e su di essi apparvero farfalle sgargianti. Poi la musica tacque e Pepe vide che, mentre il giardino era rimasto immutato, il prato, che solo poche ore prima gli era sembrato una piccola foresta, adesso era diventato un’ aiuola brulicante di fiori e di vita.

Nascoste sotto il gelsomino aveva trovato le ” pietre della primavera”

Conservò con cura il secondo cristallo fino al 21 marzo, mentre le amiche della mamma venivano in processione ad ammirare stupite il suo angolo di giardino fiorito.