8. Paolo e Stefano e Dyno.

Fotografia di Giovanna Beltrame.

La storia del giorno: lunedì 18 maggio.

Era ancora un triste pomeriggio: chiusi in casa Paolo e Stefano avevano voglia di uscire, ma mamma e papà stavano lavorando.

Stefano andò alla finestra.

– Guarda, Paolo, sul davanzale, c’è una lucertola che prende il sole! –

– Chissà come mai sarà arrivata fino a qui. –

-Pensi che abbia fame? –

– Mmm… io ho ancora una fragola: l’avevo lasciata per gustarmela più tardi.- disse Paolo, mentre appoggiava il suo frutto accanto al piccolo ospite.

Il pomeriggio seguente, la lucertola tornò sul loro davanzale.

Questa volta fu Stefano a portare un pezzo di mela che aveva avanzato.

Ogni giorno di quella lunga quarantena, sempre alla stessa ora, la lucertola ritornava e Paolo e Stefano, a turno, le offrivano un poco della loro frutta che a merenda mettevano da parte.

– Tu dici che ha un nome? – domandò Paolo

– Certo, si chiama Dyno – affermò sicuro Stefano.

Sembrava che la lucertola fosse interessata davvero ai loro discorsi e ai loro giochi. Poi, quando la mamma chiamava i due fratelli per il bagno prima dei cartoni animati, Dyno scompariva.

Un pomeriggio Stefano, ad un tratto, si rabbuiò e disse:

– Chissà quando potremo di nuovo tornare al parco? Ho voglia di giocare all’aperto…Magari poteremmo fingerci uccelli e volare via…Dai prova a cinguettare, Paolo!-

Paolo ci mise tutta la sua buona volontà: 

– Cip, cip! – …ma non successe nulla.

Provò con il verso del corvo:- Cra, Cra! – …ma non successe nulla.

Stefano l’osservava attento: – Cerca di muovere le braccia come se fossero ali – …ma non successe nulla.

Paolo, rassegnato, disse :- Non ci riesco, sarà perché non so volare-

– Per quello non sapevi nemmeno nuotare, quando ti sei trasformato in rana!-

– Però so saltare benissimo – affermò Paolo, spiccando un balzo, mentre la lucertola dal davanzale non li perdeva di vista.

– Io voglio uno scivolo!- si lamentò ancora Stefano -Ti ricordi che bello lo scivolo al parco nonni?-

La lucertola immobile sembrava ascoltarli.  

Stefano stava diventando sempre più triste.

Improvvisamente la lucertola parlò. Dapprima i due fratelli non capirono e si guardarano attorno per scoprire se, innavvertitamente, avessero attivato un libro sonoro.

– Aprite la finestra – disse – fatemi entrare e sarò io il vostro scivolo!-

Paolo la guardò perplesso.

– Ma tu sei piccola! –concluse Stefano per tutti e due, allungando, però, la manina per farla scivolare nella stanza.

Appena le sue quattro zampette toccarono il pavimento, Dyno iniziò a crescere. Dapprima sembrò ingrassare: la pancia sempre più tonda sulle zampette divenute cicciottelle; quindi le cosce si fecero grandi e muscolose, e poi ancora di più, mentre gli arti superiori si accorciavano, il busto si allungava e si alzava e l’animale, che ormai occupava quasi tutta la stanza, assumeva una posizione eretta, giungendo a toccare il soffitto con il suo enorme testone.

– Salite, presto, prima che arrivi qualcuno – col muso Dyno, spinse Stefano che già si stava arrampicando su per la sua schiena scagliosa.

– Ma tu sei un dinosauro! – sbottò entusiasta Paolo.

–  A me piacciono tantissimo i Dinosauri. – puntualizzò Stefano, già in posizione per effettuare la prima fantastica discesca dalla cima del capo di Dyno fino alla punta della coda, giù sul tappeto.

– Non ditelo a nessuno: sono proprio un dinosauro, costretto a fingermi una lucertola.Tutti si spaventavano e scappavano appena mi vedevano; così ho imparato a farmi piccolo piccolo. Una lucertola non fa paura a nessuno… Ma quanto noiose sono le lucertole! –

– E’ per quello che tutti i giorni vieni alla nostra finestra? Perchè ti annoi? –

– Voi mi piacete, mi fate divertire e in più mi offrite sempre un po’ della vostra merenda –

Intanto ora era Paolo ad arrampicarsi su per le scaglie.

Dyno rideva felice assieme ai due fratellini, mentre salivano e scivolavano giù per la sua schiena, ma ben presto il suo vocione roco fece allarmare la mamma.

– Paolo, Stefano, venite subito a prendere lo sciroppo –

– E’ buonissimo – disse Paolo – sa di lampone.Torna ancora, domani, te ne daremo un po’-

Dyno iniziò a rimpicciolire fino a quando Stefano lo prese in braccio e lo appoggiò sul davanzale, salutò i suoi amici e ritornò a essere una piccola lucertola al sole.

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2. GOCCIOLOTTO

Foto di Giovanna Beltrame

La storia del giorno: lunedì 6 aprile

Gocciolotto era uno dei fratelli più grandi di Gocciolino e andava già a scuola.

Alla mattina c’era lezione di figura e l’insegnante mostrava agli scolari immagini delle piante, degli animali, dei luoghi e delle abitazioni giù sulla terra.

Poi arrivava il maestro di teoria e, con grafici e disegni, affidava a ogni nuvolotto la posizione da assumere per realizzare tutti insieme una nuvola – scultura.

Infine al pomeriggio c’era la lezione di pratica che si svolgeva mentre gli insegnanti tenevano gli alunni in formazione ben agganciati ai bordi della nube-scuola.

Venne il giorno del saggio.
I nuvolotti  erano emozionati: dovevano comporre tutti insieme la forma di un enorme gabbiano e, davanti a genitori e fratelli, staccarsi dalla scuola, prendere il volo e poi tornare ad agganciarsi alla nuvola di partenza.


Gocciolino era agitatissimo e continuava a saltare, mentre la sua mamma tentava invano di tenerlo fermo.


– Pronti nuvolotti? – domandò il professore – Prendere posizione – …rapidamente i nuvolotti si raggrupparono e formarono un bellissimo gabbiano dalle ali protese
…- Via! – e la nuvola uccello si librò nell’aria.


– Oh! – esclamò Gocciolino felice e con un balzo sgusciò dalla mano della mamma, sporgendosi per vedere meglio.


– Attento, fermati…aiuto! – gridò la signora Nuvoletta, cercando di afferrare al volo Gocciolino che, nonostante gli sforzi della sua mamma, stava già cadendo giù, sempre più giù.


ll nuvolino iniziò ad agitare le braccia in modo frenetico, anche se sorrideva ancora: – Sto volando, è bellissimo! –


Intanto la sua discesa divenne più veloce.


– Presto, salviamolo- la mamma era sempre più disperata.

Allora il gabbiano cambiò forma, assottigliandosi fino a trasformarsi una corda sempre più lunga, propendendosi in fondo a comporre cinque dita che afferrarono Gocciolino e lo riportarono fra le braccia della sua mamma.

Fotografia di Giovanna Beltrame.

Paolo e Stefano erano alla finestra.

– Guarda – disse Paolo indicando una nuvola in cielo – un gabbiano –

– No, osserva bene – intervenne Stefano – si sta allungando…ci sono le dita … sì: adesso è diventata una mano –

3. LA SORELLA DI ROMEO

La storia del giorno: martedì 4 marzo.

Giovanni martedì tornò da scuola triste perché sapeva che il suo papà sarebbe stato fuori casa per lavoro per qualche giorno.
Alla sera, dopo cena, la mamma gli sedette accanto e gli chiese di raccontarle la storia di ROMEO e quando Giovanni terminò, gli disse:
– Sai che ROMEO aveva una sorellina?-

La storia cominciò

C’era una volta una bambina che si chiamava ARIA, e, anche se aveva già compiuto due anni, non aveva ancora pronunciato nemmeno una parola. Nei giorni di sole, allungava la sua manina e si faceva accompagnare fuori in giardino, dove si guardava intorno assorta ed emetteva gorgoglii e trilli di contentezza.
I suoi genitori erano preoccupati e sottovoce commentavano:- Suo fratello Romeo, alla sua età, già parlava-.
ARIA, però, era una bambina felice e comunicava gioia a chi le stava accanto.
ARIA capiva quando i grandi le parlavano, ma allo stesso modo comprendeva il linguaggio degli animali; non solo, riusciva anche a dialogare  con loro, fossero cani o coccinelle, cavalli o cornacchie.

Una mattina, mentre si trovava al parco, vide passare uno stormo di rondini e le udì garrire concitate.
– Insomma, ci vuoi dire dov’eri finita? Stavi volando con noi ed ad un tratto ci siamo guardate intorno e tu mancavi. Poi, quando ormai avevamo pensato di averti persa, ecco che arrivi barcollando come un ubriaco e non sai fornirci nemmeno una spiegazione di dove sei stata!

– Ve lo giuro, non ricordo proprio…Stavo passando sopra una scuola e c’erano dei bambini che giocavano a palla, quando, improvvisamente ho sentito un gran botto…come se mi avesse colpito un fulmine

– Ma se non c’é nemmeno una nuvola in cielo!

– Ve lo giuro, non ho visto né avvertito più niente, ero circondata dal nulla, non c’ero più…come se, da un momento all’altro, mi fossi addormentata secca

– Se ti avessero sparato, ora, quanto meno, sanguineresti…

– ti fa male da qualche parte?

– No, mi sono svegliata- se così si può dire- e mi sono accorta che stavo volando ancora sopra la scuola e i bambini stavano urlando e saltando…

é stato orribile…-

ARIA ascoltò molto attentamente e avrebbe voluto saperne di più , ma, in un frullo d’ali, le rondini si erano già allontanate.

Quella sera, quando Romeo tornò, le parve che qualcosa in lui fosse cambiato. Lo osservò attentamente, quindi allungò le manine per farsi prendere in braccio. Romeo la coccolò, poi chinò il capo e le lasciò un bacio fra i capelli, sussurrando : – Se solo sapessi quello che mi é capitato oggi…-
La portò nel suo lettino e spense la luce.

3. DUE DENTI E ROSSA continua

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La storia del giorno: sabato 1 marzo

DUE DENTI si avvicinò alla bimba dai capelli di fiamma.
Sopra di loro il coperchio trasparente chiudeva lontano ogni cosa e ogni rumore.
– Perché piangi?-
– E’ una lunga storia –

La storia cominciò

– Vivevo fuori dal vulcano spento, nei cespugli di rose che crescevano tutto intorno. Un giorno trovai la galleria e sbucai sotto la montagna.
Fui subito immersa da una luce abbagliante e rumorosa. Palle di fuoco incendiavano l’aria, scoppiettavano e svolazzavano per il cratere, urtando contro la volta trasparente.
Erano bellissime, ma tristi, perché non riuscivano a uscire. Mi indicarono un bottone rosso…- a questo punto interruppe il racconto, scossa da nuovi singhiozzi.

DUE DENTI la guardò coi suoi occhi tondi e le sorrise.
La bimba dai capelli di fiamma tirò un gran sospiro e riprese, mentre un’ultima lacrima cadeva sfrigolando:

– …mi indicarono un bottone rosso proprio qui sul pavimento e – asciugandosi il naso, continuò – lo schiacciai.
La cupola si aprì, il bottone scomparve inghiottito dalla roccia, le palle si catapultarono fuori e la cupola ritornò al suo posto.
Adesso le palle infuocate non possono più rientrare, svolazzano incendiando ogni cosa e, tutte le volte che cercano di tornare dentro, urtano l’esterno del coperchio e rimbalzano sempre più forte.-

Ricominciò a piangere sonoramente.
DUE DENTI le disse: – ROSSA, bisogna ritrovare il bottone .-
Si succhiò rapidamente il pollice e, improvvisamente consapevole di un silenzio tanto irreale in un mondo nato dalle note di un’orchestra, chiese:
– Dov’è una chitarra?-
La bimba si tolse il fermaglio nascosto fra i suoi capelli e glielo porse: era una piccola chitarra color rubino.
DUE DENTI ci soffiò sopra e, nel silenzio ovattato del cratere, si diffusero le note di un assolo rock.

Immediatamente, proprio sotto di loro, riapparve il bottone rosso.
Non appena lo schiacciarono, la cupola si apri. DUE DENTI continuò a soffiare sul fermaglio e la musica divenne sempre più forte e le palle arrivarono svolazzando. A questo punto ROSSA iniziò a gridare loro ordini:
-Tu, più a destra, …tu scendi…gira, …-
fino a quando tutte le stupide palle furono nuovamente dentro al cratere.
Allora toccò DUE DENTI che smise di suonare. La cupola si richiuse e i due bambini strisciarono velocemente, uscendo dal tunnel.

DUE DENTI prese ROSSA per mano e la trascinò con sé fuori dalla bolla-avventura, cercò una bolla-nanna e la spinse dentro, poi si impossessò della bolla-nanna vicina e finalmente crollarono a dormire.

Fu così che ROSSA entrò a far parte degli SDENTATI.

2. DUE DENTI E VERDE

Claude Monet
Salice piangente – Il ponte giapponese a Giverny (c.1918)

Dimensioni :
131 x 150 cm

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La storia del giorno: mercoledì 26 febbraio

Mercoledì  Marina non vedeva l’ora di sapere qualcosa in più su DUE DENTI, e così, quando fu sera, dopo aver mangiato ancora tutta la pappa,  disse alla mamma:
– Raccontami una storia –
La storia cominciò:

Le bolle-avventura venivano prodotte da un’orchestra: le bolle nate dalla batteria erano le più pericolose, quelle dal flauto erano le più riposanti.

La bolla verde di mercoledì era appunto nata dalle note del flauto.

DUE DENTI entrò e si trovò a strisciare in un mare d’erba.

Un vento leggero gli aprì un sentiero che lo condusse dentro alle fronde di un salice piangente. Lì era fresco e profumava di caramella alla menta.

DUE DENTI si guardò intorno, i rami muovendosi provocavano una musica dolce e, seguendo le note, vide, rannicchiato come in un nido, un bambino tutto verde che stava dormendo.

DUE DENTI inclinò il capo per guardarlo meglio e lui si svegliò e iniziò a stiracchiarsi. Si bloccò di colpo, gli occhi puntati su di lui, e i due bambini rimasero immobili a  studiarsi.

– Mi chiamo DUE DENTI – fu il primo a presentarsi

– e tu ti chiami VERDE – proseguì poiché l’altro continuava a tacere

–  e questa sarà la nostra capanna.-

Con le fronde del salice al posto delle penne, intrecciarono due copricapo da INDIANI, trasformarono la loro capanna in TIPI’ e giocarono insieme fino a quando furono stanchi.

Quando il sonno incominciò a fare chiudere loro gli occhi, DUE DENTI prese VERDE per mano e lo trascinò con sé fuori dalla bolla-avventura, cercò una bolla-nanna e lo spinse dentro, poi si impossessò della bolla-nanna vicina e finalmente crollarono a dormire.

Fu così che VERDE diventò il primo degli SDENTATI.

Immagine

1. DUE DENTI

La storia del giorno: martedì 25 febbraio

Martedi, stranamente, Marina aveva mangiato tutta la sua pappa senza fare capricci…
ma, quando venne l ‘ora di andare a dormire, puntó i piedi e disse alla mamma:
– Raccontami una storia –
La storia cominció

C’era una volta un mondo d’acqua: acqua in alto come cielo, acqua in basso come terra. E tante bolle, bolle come stelle, bolle come isole.
Galleggiavano… alcune lente e sognanti, accompagnate da una melodia dolce, altre turbinose come sonagli agitati troppo in fretta, scagliati da in cima a una scala, saltellando con qualche nota stonata per l’urto di un gradino.
Gettavano bagliori di calore che dolcemente scomparivano gli uni negli altri come la luce su un pezzo di vetro, al suono. della propria musica.
E in quel mondo viveva DUE DENTI.
DUE DENTI non era un pesce, DUE DENTI era un bambino tondo tondo. I suoi occhi blu – come le bolle – riflettevano i colori dei suoni, fino a diventare quasi rossi nei momenti di rabbia. Vestiva un fiocchetto azzurro che cambiava a anch’esso colore assieme ai suoi occhi.
Due Denti nuotava a carponi col sedere all’insù, poi si rifugiava nelle bolle: nelle bolle- nanna dormiva, nelle bolle-avventura poteva vivere delle bellissime storie.
Mercoledì DUE DENTI decise di entrare nella bolla verde