2. GIANNA e i colori

Theo Van Doesburg: Contro – composizione XIII – 1925-26

Olio su tela: 49,9 x 50 cm.

Collezione Peggy Guggenheim Venezia.

La storia del giorno: mercoledì 20 aprile.

La storia cominciò.

Gianna, dopo essersi dedicata ai compiti, andò a mettersi la sua fascia colore arcobaleno e l’annodò ben stretta, fermandola con un grosso fiocco sopra ai capelli; quindi si armò della sua macchina fotografica e partì alla ricerca di un nuovo soggetto da ritrarre.

Considerò Luisa, la sua bambola preferita, guardò a lungo la sedia a dondolo, le sue amate scarpe da tennis, alla fine andò in salotto, dove ancora appoggiato alla parete, giaceva un quadro portato a casa da papà.

Quella tela per Gianna era un mistero, nonostante la bambina avesse provato in più riprese a girarla in tutti i lati.

– Io proprio non capisco, – aveva detto rivolgendosi alla mamma – Pensi sia una strana casa? –

La mamma aveva sorriso.

Gianna aveva continuato:

– Ci sono : è un test psicologico, vero? Devo esprimere quello che mi suggerisce. –

La mamma era scoppiata in una risata.

– Davvero mamma, c’è solo del colore piatto, senza sfumature: non è un paesaggio, non è un oggetto, nemmeno una persona.-

– Sono colori, Gianna – le aveva spiegato la mamma, sistemandole la fascia fra i capelli – Un libro è fatto di parole, un quadro di colori e forme – e le diede un buffetto sulla guancia.

Gianna decise che forse la sua macchina fotografica le avrebbe finalmente mostrato il senso del quadro.

Gianna fotografò: fotografò il quadro dal basso, dall’alto, da destra, da sinistra, fotografò senza fermarsi, finché… si trovò immersa nel giallo.

Il colore lentamente era uscito dalla tela espandendosi fino a raggiungerla e ora piano piano la stava sollevando.

Gianna si trovò a galleggiare verso l’alto fino a quando davanti a lei ci fu solo un soffitto blu.

La bambina abbassò d’istinto la testa, temendo di picchiare una sonora zuccata, ma , appena entrò a contatto con il blu, l’alto diventò basso e Gianna iniziò a precipitare.

Blu sopra, blu sotto e tutto intorno. La bambina provò a battere i piedi come se fosse immersa nel mare, ma continuò a essere spinta verso il blu più profondo.

Scattò una nuova foto mentre era immersa nel blu: il flash lampeggiò, il blu divenne azzurro e Gianna galleggiò raggiungendo una sponda grigia lontana.

Lì tutto era fermo, triste e piatto. Gianna non perse tempo e saltò nel rosso.

– Fa caldo – esclamò, ma si sentì inondare di energia e di gioia.

Fu un guizzo intenso e luminoso e si ritrovò con la macchina fotografica in mano ai piedi del quadro.

Guardò la tela con occhi diversi e si sentì felice.

Immagine tratta dal sito: http://blipoint.com/blog/fr/2010/05/utopia-matters-from-brotherhoods-to-bauhaus-utopia-matters-dalle-confraternite-al-bauhaus/van_doesburg_76-2553-41_ph/

 

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1. LA BAMBINA CON IL CAPPELLINO 

Pier Augusto Breccia: Chiesa universale – 2006

Pencil on paper: 57 x 45

Collezione privata – Viterbo

  
La storia del giorno: lunedì 20 luglio.

Dedicato alla mia amica fotografa Gianna C., che riesce a dare vita agli oggetti inanimati.

La storia cominciò.
Gianna portava sempre un cappellino.

Quando era estate la mamma le raccomandava:

– Gianna, metti il cappellino, altrimenti il sole ti brucerà il cervello!-

Se pioveva:

– Gianna, metti il cappellino, altrimenti la pioggia ti bagnerà il cervello-

Quando era inverno:

– Gianna, metti il cappellino, altrimenti il freddo ti gelerà il cervello!-
Così, quando Gianna andò a scuola, comprese fin dal primo giorno che doveva indossare una grossa fascia in testa, altrimenti tutte le idee le sarebbero scappate dal cervello.  
Una mattina, a scuola venne il fotografo : la classe di Gianna fu fatta uscire in corridoio dove era stata sistemata una panca e i bambini furono disposti su due file: i più alti in piedi con la maestra e i più piccoli seduti davanti.

Il fotografo disse a Gianna:

– Tu, bambina con quel bel nastro azzurro in testa, siediti in mezzo e tieni ben in vista questa lavagna, in modo che si legga perfettamente la scritta : – PRIMA B.-

Fu in quel preciso istante che Gianna decise di diventare una fotografa.
Tornò a casa e aspettò con ansia il ritorno del suo papà.

Gli corse incontro:- Papà, papà mi presti la tua macchina fotografica?-

– Gianna, sei troppo piccola: aspetta qualche anno e poi te ne comprerò una tutta tua.-

Gianna, però, non voleva aspettare qualche anno.

Venne la fine della scuola e alla bambina, che ogni giorno aveva indossato una splendida fascia colorata fra i capelli per conservare tutti gli insegnamenti ricevuti, fu consegnata una bellissima pagella, con tanti complimenti dalle maestre.

I suoi genitori, orgogliosi, decisero di premiarla e le regalarono proprio una macchina fotografica tutta sua: poco più di un giocattolo, ma perfettamente funzionante.

Gianna fotografò: fotografò la mamma, fotografò il papà, fotografò il cuginetto, la vicina di casa, la portinaia, il gatto sulle scale. 

Poi, finalmente, guardò il risultato e per poco non scoppiò a piangere. Era tutto così fermo, cosī immobile; solo le scale sembravano vive: apparivano un po’ storte sotto alle zampine del gatto, i gradini leggermente sghembi, alcuni più alti e altri più stretti e la ringhiera contorta e sinuosa come un serpente.

Gianna andò a mettersi la sua fascia più larga del colore dell’iride, si fece un nodo bellissimo e ben stretto sopra ai capelli, quindi ripartì alla ricerca di un nuovo soggetto.

Alla fine lo trovò : su una mensola un po’ in ombra, un cagnolino di ceramica la guardava triste con le orecchie a penzoloni e la fronte rugosa.

Gianna fotografò: fotografò il cane dal basso, dal fianco, di muso e di spalle, fotografò senza fermarsi finché si accorse che la coda del cucciolo si stava muovendo e, dopo un istante, il cagnolino di ceramica alzò il suo sguardo su di lei e abbaiò festoso.

– Ma tu sei vivo! – esclamò Gianna e iniziò a grattarlo dietro le orecchie.

Il cucciolo soddisfatto abbaiò ancora.

– Zitto, altrimenti la mamma ti sentirà!-

La mamma, però, aveva l’udito acuto: 

– Gianna – chiamò – che cosa succede? – mentre si dirigeva verso il soggiorno.

– Sta fermo!- intimò la bambina – e non emettere alcun suono!-

Il cagnolino di ceramica continuò a scodinzolare.

Gianna diede una stretta al fiocco fra i capelli e, immediatamente, ebbe un’intuizione brillante: afferrò la macchina fotografica, cercò il pulsante di spegnimento e, non appena lo schiacciò, il cucciolo ritornò immobile, con le orecchie a penzoloni.

La bambina emise un sospiro di sollievo mentre la mamma la raggiungeva:

– Sempre a fotografare! – le disse.

Gianna, uscendo dalla stanza, lanciò un ultimo sguardo al cagnolino e fu certa  di scorgere nei suoi occhi una luce gioiosa che prima non aveva.
Immagine tratta dal sito: http://www.pieraugustobreccia.com/#!chiesa-universale/zoom/c179w/i9bxa