18. DUE DENTI ritorna nella bolla argento.

William Turner – Nave in fiamme – 1828-1830 – Acquerello

La storia del giorno: mercoledì 30 marzo.

La storia cominciò.

Con un sonoro plop Due Denti entrò nella bolla argento: nel centro si stagliava ancora l’albero argentato, ma sui suoi rami le campanelle si erano trasformate in campanacci dal suono cupo.

Immediatamente, si mise a cercare Grigia e trovò la botola – sotto la quale viveva rinchiuso il “terribile mostro”, incontrato da Rossa e da Oro – già aperta. Dopo aver recuperato la chiave rubata rimasta nella serratura, coraggiosamente iniziò a scendere nella grotta.

Tutto era buio e sapeva di terra: di Grigia non si vedeva traccia. Si udiva solo il respiro del mostro addormentato.

Due Denti trattenne il fiato per non farsi scoprire e in quell’istante scorse una piccola ombra scivolare cauta sempre più in profondità, guidata dal fiuto.

Il mostro per fortuna continuava a dormire.

Prima che il bambino potesse intervenire, Grigia, giunta in fondo alla grotta, iniziò a strusciarsi sulla figura scura addormentata e…

…si udì una risata felice, il suono cupo dei campanacci si trasformò in uno scampanellio festante e una luce argentea li inondò.

La piccolina ora sorrideva e, sparita l’oscurità, il mostro si era rivelato essere un bambino minuscolo proprio uguale a lei.

– Ma siete gemelli! – esclamò Due Denti – E siete argento! –

– Due Denti, ci sei? – la voce era senza dubbio quella di Rossa – Resisti, siamo venuti a salvarti! –

Un ciuffo di capelli fiammeggianti sbucò dalla botola:

– Per tutte le bolle, dove è il mostro? Chi sono questi gemelli? Perché la ladruncola adesso brilla? –

– Calmati Rossa! Però anch’io vorrei sapere…-

Dietro a Rossa, comparvero in fila tutti gli Sdentati, capitanati da Senape.

– Per tutte le bolle, che cosa ci fate voi qui? Non ti avevo richiusa nella tua bolla nanna? –

– Ma gli altri erano rimasti fuori – si affrettò a chiarire la bimba – Si sono svegliati e mi sono venuti a prendere, così li ho portati a salvarti! –

Oro puntò il ditino verso il bimbo Argento: – Dove è finita la zampaccia enorme con cui hai cercato di prendermi? –

– Aspetta – intervenne Due Denti – vorrei ascoltare la storia dei gemelli dall’inizio. –

Immagine tratta dal sito: William Turner – Nave in fiamme – 1828-1830 – Acquerello – Redazione della rivista Paragone – Collezioni – opere d’arte, quadri, dipinti, sculture, collezioni pubbliche e private a Bologna – GENUS BONONIAE

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15.DUE DENTI E LA BOLLA VERDE SCURO

Paul Cezane : Sentiero nella Foresta
Olio su tela 1902-06
Flauto Traverso

È difficile immaginare storie per bambini in questo periodo.

Il primo pensiero va alle bolle di Due Denti: vorrei che ogni bimbo potesse avere la sua in cui rifugiarsi.

La storia del giorno: lunedì 21 marzo

Il flauto traverso stava suonando una melodia dolce e spensierata mentre dalle sue note si formavano brillanti bolle verde scuro.

DUE DENTI si svegliò allegro e decise che tutti quanti avevano bisogno di una nuova avventura rilassante; così andò a prelevare gli SDENTATI dalle rispettive bolle-nanna, li mise in fila indiana e disse:
– Presto, entriamo appena si forma una bolla che ci contenga tutti. –

– Posso prendere anche Micio? – chiese Verde.

– Certo, ma tienilo stretto…andiamo…questa è perfetta! –

Con un sonoro plop, si ritrovarono in un fitto bosco di pini.

– Chissà che cosa c’è là in fondo? – esclamò Rossa, mentre già si inoltrava nel sentiero ombroso sparendo in mezzo agli alberi.

– Che profumo! – esclamò Azzurra seguendola.

– Aspettatemi – disse Verde trascinandosi dietro Oro e stringendo forte Micio.

– Dove è finita Rossa? – domandò preoccupato Senape.

Una ciocca infuocata balenò nel verde e subito scomparve e si udì la voce roca della bambina:

– Dovete cercarmi, mi sono nascosta! –

– Posso lasciare andare Micio? – chiese Verde – Certamente con il suo fiuto riesce a trovarla subito! –

– Non vale! – si udì protestare dai rami.

Gli sdentati si sparpagliarono nel tentativo di trovare Rossa: Azzurra si tuffò nel ruscello che passava lì accanto, spruzzando Senape che era rimasto in mezzo al sentiero. Si udì uno starnuto e Verde, che si era infilato sotto a un cespuglio assieme a Micio, mise fuori il naso, girando il capo a destra e a sinistra.

– Non la vedo – si lamentò – ma la sento. –

Oro rotolò fino in fondo al sentiero, dove il bosco diventava più fitto.

– La vedo – disse e anche lui scomparve alla vista.

– Sarà facile adesso – disse Azzurra, bagnando gli altri sdentati, mentre si scrollava l’acqua di dosso – Oro luccica –

– E anche i capelli di Rossa brillano – aggiunse Senape.

Gli Sdentati ridendo si inoltrarono nel bosco. Rossa era davvero bravissima a nascondersi e poi ricomparire, fino a quando i suoi riccioli si intrecciarono nella fronda di un pino.

– Mollami – si mise a urlare, dimenandosi e impigliandosi sempre di più – mi fai male! –

– È solo un ramo, stai ferma! – la consolò Due Denti che nel frattempo l’aveva raggiunta e pazientemente cercava di districare la folta chioma della bimba. 

Tutti gli Sdentati si erano raccolti a guardare e si misero a esclamare:

– Presa! Ti abbiamo presa! –

– Così non vale – tentò di protestare Rossa – è stato questo pino a catturarmi, voi non mi avreste MAI trovato! –

– Smettila, Rossa e non agitarti! – la rimproverò Due Denti, riuscendo finalmente a liberarla.

I bimbi si guardarono intorno:

 – Dove siamo finiti?  Non si vede più il sentiero! –

– Micio si può arrampicare in cima a un albero e guardare dall’alto dove finisce il bosco – suggerì Verde, accarezzando il suo gattino di nuvola.

– È una buona idea, ma se poi non riesce a scendere? –

– Ci vorrebbe una scala da pompiere! – disse Due Denti, rivolgendosi a Senape.

Senape prese in mano la terra umida del bosco e, aiutandosi con i rametti caduti, costruì il modellino della scala, poi disse:

– La mia scala! – e la scala iniziò a crescere fino a raggiungere la cima dell’albero. Svelto, lo sdentato si arrampicò e da lassù, dopo essersi guardando intorno, gridò:

– Vedo il sentiero! – e con il dito indicò la direzione.

Velocemente raggiunse i suoi amici e insieme, cantando, riuscirono a ritrovare la strada.

Erano stanchi, ma felici dell’avventura. Due Denti disse:

– Mettetevi in fila e tenetevi per mano! –

Poi li prese e li trascinò fuori dalla bolla verde scuro, mentre il flauto stava ancora suonando.

Quindi spinse ogni Sdentato nella sua bolla-nanna e finalmente si impossessò della sua e crollò a dormire.

Immagine tratta dal sito: Stampe artistiche di Paul Cézanne (meisterdrucke.it)

8. Paolo e Stefano e Dyno.

Fotografia di Giovanna Beltrame.

La storia del giorno: lunedì 18 maggio.

Era ancora un triste pomeriggio: chiusi in casa Paolo e Stefano avevano voglia di uscire, ma mamma e papà stavano lavorando.

Stefano andò alla finestra.

– Guarda, Paolo, sul davanzale, c’è una lucertola che prende il sole! –

– Chissà come mai sarà arrivata fino a qui. –

-Pensi che abbia fame? –

– Mmm… io ho ancora una fragola: l’avevo lasciata per gustarmela più tardi.- disse Paolo, mentre appoggiava il suo frutto accanto al piccolo ospite.

Il pomeriggio seguente, la lucertola tornò sul loro davanzale.

Questa volta fu Stefano a portare un pezzo di mela che aveva avanzato.

Ogni giorno di quella lunga quarantena, sempre alla stessa ora, la lucertola ritornava e Paolo e Stefano, a turno, le offrivano un poco della loro frutta che a merenda mettevano da parte.

– Tu dici che ha un nome? – domandò Paolo

– Certo, si chiama Dyno – affermò sicuro Stefano.

Sembrava che la lucertola fosse interessata davvero ai loro discorsi e ai loro giochi. Poi, quando la mamma chiamava i due fratelli per il bagno prima dei cartoni animati, Dyno scompariva.

Un pomeriggio Stefano, ad un tratto, si rabbuiò e disse:

– Chissà quando potremo di nuovo tornare al parco? Ho voglia di giocare all’aperto…Magari poteremmo fingerci uccelli e volare via…Dai prova a cinguettare, Paolo!-

Paolo ci mise tutta la sua buona volontà: 

– Cip, cip! – …ma non successe nulla.

Provò con il verso del corvo:- Cra, Cra! – …ma non successe nulla.

Stefano l’osservava attento: – Cerca di muovere le braccia come se fossero ali – …ma non successe nulla.

Paolo, rassegnato, disse :- Non ci riesco, sarà perché non so volare-

– Per quello non sapevi nemmeno nuotare, quando ti sei trasformato in rana!-

– Però so saltare benissimo – affermò Paolo, spiccando un balzo, mentre la lucertola dal davanzale non li perdeva di vista.

– Io voglio uno scivolo!- si lamentò ancora Stefano -Ti ricordi che bello lo scivolo al parco nonni?-

La lucertola immobile sembrava ascoltarli.  

Stefano stava diventando sempre più triste.

Improvvisamente la lucertola parlò. Dapprima i due fratelli non capirono e si guardarano attorno per scoprire se, innavvertitamente, avessero attivato un libro sonoro.

– Aprite la finestra – disse – fatemi entrare e sarò io il vostro scivolo!-

Paolo la guardò perplesso.

– Ma tu sei piccola! –concluse Stefano per tutti e due, allungando, però, la manina per farla scivolare nella stanza.

Appena le sue quattro zampette toccarono il pavimento, Dyno iniziò a crescere. Dapprima sembrò ingrassare: la pancia sempre più tonda sulle zampette divenute cicciottelle; quindi le cosce si fecero grandi e muscolose, e poi ancora di più, mentre gli arti superiori si accorciavano, il busto si allungava e si alzava e l’animale, che ormai occupava quasi tutta la stanza, assumeva una posizione eretta, giungendo a toccare il soffitto con il suo enorme testone.

– Salite, presto, prima che arrivi qualcuno – col muso Dyno, spinse Stefano che già si stava arrampicando su per la sua schiena scagliosa.

– Ma tu sei un dinosauro! – sbottò entusiasta Paolo.

–  A me piacciono tantissimo i Dinosauri. – puntualizzò Stefano, già in posizione per effettuare la prima fantastica discesca dalla cima del capo di Dyno fino alla punta della coda, giù sul tappeto.

– Non ditelo a nessuno: sono proprio un dinosauro, costretto a fingermi una lucertola.Tutti si spaventavano e scappavano appena mi vedevano; così ho imparato a farmi piccolo piccolo. Una lucertola non fa paura a nessuno… Ma quanto noiose sono le lucertole! –

– E’ per quello che tutti i giorni vieni alla nostra finestra? Perchè ti annoi? –

– Voi mi piacete, mi fate divertire e in più mi offrite sempre un po’ della vostra merenda –

Intanto ora era Paolo ad arrampicarsi su per le scaglie.

Dyno rideva felice assieme ai due fratellini, mentre salivano e scivolavano giù per la sua schiena, ma ben presto il suo vocione roco fece allarmare la mamma.

– Paolo, Stefano, venite subito a prendere lo sciroppo –

– E’ buonissimo – disse Paolo – sa di lampone.Torna ancora, domani, te ne daremo un po’-

Dyno iniziò a rimpicciolire fino a quando Stefano lo prese in braccio e lo appoggiò sul davanzale, salutò i suoi amici e ritornò a essere una piccola lucertola al sole.

4. Lo scivolo delle nuvole.

Fotografia di Giovanna Beltrame

La storia del giorno: lunedì 20 aprile.

Gocciolino e Gocciolotto non avevano dimenticato i due bambini che li avevano salvati e, appena potevano, si mettevano a sbirciare giù dalla loro nuvola, cercando la finestra di Paolo e Stefano.

– Guarda, poverini, sono sempre chiusi in casa! – diceva Gocciolino.

– Ma no, hanno tanti giochi, si divertono – lo consolava Gocciolotto.

Gocciolino, però, diventava sempre più triste. 

 La signora Nuvoletta iniziò a preoccuparsi per lui e decise di convocare una riunione di famiglia. Arrivarono tutti quanti: nonni, genitori, zii, fratelli e sorelle, cugini e cugine.

– Bisogna trovare un modo per far tornare sulla terra Gocciolino dai due piccoli umani che lo hanno salvato: ormai passa il suo tempo a spiare che cosa stiano facendo.

In effetti è tutto molto strano nelle loro città: le strade sono vuote e, nonostante il sole splenda, anche i parchi sono vuoti.-

– Sì – intervenne Gocciolino – sono molto, molto in pensiero. Avranno bisogno di noi, ne sono sicuro! – proseguì – Li vedo spesso alla finestra a guardare in su verso il cielo. –

– Potremmo allestire uno spettacolo solo per loro – propose Goccioletta, la sorella che studiava “Storia del Teatro delle Nuvole”.

– Meglio, potremmo formare i loro ritratti in cielo – la interruppe Gocciomastro, il cugino che studiava “Scultura”.

I nuvolari si misero a parlare tutti insieme; la nuvola iniziò a ribollire: le gocce di vapore acqueo ruotavano, si innalzavano e scendevano. In poco tempo regnò la confusione.

      – Bisogna catturare un raggio di sole. – disse la nonna Grangoccia e tutti si zittirono – Io so come fare – continuò – Poi, uno alla volta, ci prenderemo per mano e scivoleremo fino alla finestra dei due bambini. –

     – Nonna, allora tu conosci il segreto dell’Arcobaleno! Sei una maga?-

Grangoccia scoppiò in una sonora risata: – No, non sono una maga: il mio segreto passerà alla tua mamma, come a me è stato insegnato dalla mia. –

Iniziarono i preparativi. Gocciolino, che stava di vedetta, finalmente annunciò:- Eccoli, i due bambini si sono affacciati alla finestra! –

– Presto, adunata, prendiamoci tutti per mano –

– Sto davanti io – affermò spavaldo Gocciolino – così ci riconosceranno! –

Grangoccia catturò un raggio di sole e, uno alla volta, tutti i nuvolari iniziarono a scivolare, in un turbinio di colore verso la finestra di Paolo e Stefano.

– Guarda Stefano, l’arcobaleno –

– No, Paolo, non può essere: non piove da giorni…. Eppure sì, hai ragione …-

– Sembra un grande scivolo –

– Forza, Paolo, apri la finestra, sta venendo proprio da noi. –

La stanza si riempì di una nebbia in cui vorticavano riflessi di luce. Davanti agli occhi stupiti dei due bambini, si formò una palla di nuvola che rimbalzò verso di loro. Stefano fu lesto ad afferrarla e la lanciò a Paolo che rise quando la vide trasformarsi nelle sue mani in un elicottero.

– Adesso volerà via! – si preoccupò Stefano.

Quando le pale si fermarono, la nuvola divenne un camion dei pompieri che si mise a scorrazzare per la stanza, mentre i bambini simulavano il suono della sirena.

– Stefano, ora è diventata una moto della polizia, Brrrrrummmm…-

La moto incominciò a crescere e presto ci fu spazio perché i due bambini montassero In sella, uno davanti all’altro, ondeggiando in equilibrio.

Le loro urla entusiaste furono, però, udite dalla mamma.

– Paolo, Stefano, che cosa sta succedendo? –

In un attimo Grangoccia richiamò il raggio di sole, i nuvolari si presero per mano e, quando la mamma entrò nella stanza, vide solo un bellissimo arcobaleno che dalla finestra saliva verso il cielo.

Restarono tutti e tre incantati a guardare, mentre nel profondo azzurro si formava una nuova nuvola.

Sotto i loro occhi, la nuvola parve sdoppiarsi. La mamma rimase senza fiato: lassù, sotto la direzione di Gocciomastro, tante piccole gocce di vapore acqueo avevano formato i ritratti di Paolo e Stefano.

Fotografia di Giovanna Beltrame

3. Gocciolino, Gocciolotto, Paolo e Stefano.

Fotografia di Giovanna Beltrame

La storia del giorno: 11 aprile

Gocciolino e i suoi amici stavano cercando di prendere la forma di una paperella, sotto l’occhio attento di Gocciolotto:

– Su con quel becco, non siete mica un’aquila! –

-Bravi, ora va bene …ma tu Candido, scendi di lì, il codino deve essere corto, siete in troppi: raggiungi Bianchina sull’ala! –

Si stavano divertendo tantissimo, quando si udì risuonare un forte fischio:

– Attenti: vento in arrivo! –

Gocciolotto afferrò Gocciolino e tutti i nuvolini si affrettarono a raggiungere le loro famiglie.

– Presto, presto – li richiamò la mamma di Gocciolino – venite qui: stringiamoci forte; manca qualcuno? –

Le famiglie dei nuvolari erano molto, molto numerose, ma all’appello erano presenti tutti quanti: nonni, genitori, zii, fratelli e sorelle, cugini e cugine.

Il vento iniziò a soffiare sempre più potente e la formazione soffice e tonda cominciò ad allungarsi, mentre veniva trasportata nel cielo.

– Che bello! Stiamo andando velocissimi! – urlò Gocciolino.

– Nube grigia in vista! – Un cugino nuvolotto che era di vedetta diede l’allarme- Pronti alla virata! –

Tutta la famiglia tentò di ricompattarsi e deviare per non incrociare la nuvola grigia. Si presero per mano stretti stretti, ma il nembo più scuro si avvicinò ancor più veloce, cercando lo scontro.

Gocciolino, come sempre in cerca di avventure, si sganciò dalla mamma e dai suoi fratelli, sporgendosi per toccare i nuvolotti scuri che ormai li stavano sfiorando.

Cadde e, mentre cadeva, si sentiva trasformare in pioggia.

Dietro di lui, pronto, Gocciolotto si lanciò in salvataggio e insieme precipitarono verso la terra.

Paolo e Stefano erano alla finestra, chiusi in casa ad osservare il cielo sempre più grigio.

– Guarda Paolo, come si spostano veloci le nubi –

Stanno per scontrarsi! Ecco…no: quella bianca è riuscita a deviare.-

– Ma… si è staccato qualcosa! –

– Inizia a piovere. –

I due fratellini erano con il naso appiccicati al vetro.

Gocciolino e Gocciolotto agganciati continuavano a scendere.

– Gocciolino, vedi anche tu quei due bambini alla finestra? – disse il nuvolotto al fratellino – Dirigiamoci lì –

– Stefano, non ti sembrano strane quelle due gocce di pioggia attaccate ? –

– Stanno arrivando proprio da noi –

– Presto, prendi un bicchiere, Paolo; io apro la finestra. –

I bambini depositarono il bicchiere sul davanzale e …splash Gocciolino e Gocciolotto ancora avvinghiati atterrarono nel recipiente.

Il vento fuori smise di fischiare e il sole fece capolino fra le nubi.

Paolo e Stefano videro un raggio colpire il bicchiere e le due gocce di pioggia trasformarsi davanti ai loro occhi. Lentamentedivennero trasparenti, catturando i colori dell’arcobaleno e piano piano iniziarono a sollevarsi, leggere leggere.

– Gocciolino, arrampicati sul raggio di sole, torniamo a casa! – mentre parlava, Gocciolotto si voltò a guardare i due bimbi che li avevano salvati, catturò un bagliore di luce e mandò loro un bacio.

– Paolo, guarda, stanno volando via! –

– Certo – rispose Paolo – stanno tornando dalla loro mamma che li accoglierà con tanti bacini –

2. PAOLO E STEFANO continua

Fotografia di Giovanna Beltrame

La storia del giorno: lunedì 30 marzo

Era ancora un triste pomeriggio: chiusi in casa Paolo e Stefano avevano voglia di uscire, ma mamma e papà stavano lavorando.

– Giochiamo a indovinare gli animali – propose Paolo.

– Abbiamo già giocato ieri – rispose Stefano, scuotendo il capo.

– Ma a me è piaciuto essere un topolino! –

— Miao! Sono un gatto – disse allora Stefano, ma non successe nulla.

– Un gatto è troppo grosso, non mi piace – intervenne Paolo.

– Paolo e Stefano, dovete lavarvi le mani, sapete che è importante! – li raggiunse la voce della mamma.

Insieme i due bambini corsero in bagno, Paolo mise il tappo al lavandino, fece scendere un po’ d’acqua e disse:

– Cra cra! –

Stefano strabuzzò gli occhi: sotto il suo sguardo Paolo si era trasformato in una bellissima rana verde; Stefano cercò di afferrarla, ma il piccolo anfibio scivolò via, peggio di una saponetta. In un tuffo finì nel lavandino.

– Paolo, Paolo, ma tu non sai nuotare: non hai i braccioli, affogherai, ti bagnerai gli occhi – si affannò il fratello…

…la rana fece un salto e si posò sul bordo e poi…ciufff…ancora in acqua.

– Cra cra! – e balzò sulla mano di Stefano.

Finalmente Stefano si decise: – Cra cra! – ed ecco che anche lui si trasformò in una rana.

Insieme si buttarono nel lavandino, sguazzando felici.

Saltarono sul porta sapone, poi ancora giù, quindi si avventurano nella bacinella, dove giacevano abbandonate le loro barchette.

La rana Paolo salì sul motoscafo, la rana Stefano sul galeone dei pirati e si lasciarono trasportare dal gioco.

– Ancora in bagno? – li raggiunse la voce della mamma – Adesso vengo a preparare la vasca. –

– Un attimo solo – rispose Paolo e, non appena pronunciò la prima parola, si ritrasformò in un bambino.

– Siamo quasi pronti – disse Stefano ritornando a sua volta bambino.

Quando furono nella vasca, la mamma si accorse che, per la prima volta, Stefano non le chiedeva di asciugargli la faccia,ogni volta che uno spruzzo lo raggiungeva agli occhi.

1.PAOLO E STEFANO

Fotografia di Giovanna Beltrame


Dedicata a tutti i bambini costretti a restare in casa.

La storia del giorno: sabato 28 marzo.

Era un triste pomeriggio: chiusi in casa Paolo e Stefano avevano voglia di uscire, ma mamma e papà stavano lavorando.

– Giochiamo a indovinare gli animali – propose Paolo.-

– Tuuu tuuu – iniziò Stefano.

Paolo inclinò il capo: – Tuu tuu? …Sei una colomba?-

Stefano si mise a ridere, scuotendo la testa: – Tuuu Tuuuu!-

– Un piccione! –

Stefano continuò a ridere: – Tuuuu Tuuuu!!!-

– Una civetta! –

Stefano scosse il capo.

– Un gufo? –

– Nooo: sono un TRENO –

– Così non vale! Il treno non è un animale! –

Stefano continuò a ridere : – Tuuuu Tuuuu!!!–

– Allora tocca a me – lo interruppe Paolo: – Squit, squit –

Stefano smise di ridere e lo guardò.

– Squit, squit – disse ancora Paolo.

Stefano strabuzzò gli occhi: sotto il suo sguardo Paolo si trasformò in un bellissimo topolino bianco.

Stefano non si spaventò, non chiamò la mamma o il papà, non si mise a urlare, non scappò via: Stefano corse accanto a Paolo e disse:

– Squit, squit- e immediatamente anche lui si trasformò in un bellissimo topolino arancio.

I due fratelli si guardarono e, senza pronunciare alcun verso, si compresero al volo e incominciarono a esplorare quei meravigliosi angoli della loro stanza giochi che prima non erano mai riusciti a raggiungere a causa delle loro dimensioni.(perché erano troppo grossi)

Si tuffarono dapprima sotto il divano e trovarono la portiera della macchinina blu, scomparsa da tempo.

Si tuffarono nella libreria e annusarono il profumo dei volumi di fiabe.

Si tuffarono nel cesto dei giochi, nascondendosi dietro a un orsetto peloso

Si tuffarono dentro le pantofole della mamma e scoprirono che per loro erano diventate un comodo lettino; corsero per tutta la camera, curiosando in ogni luogo: avevano trovato il parco giochi più meraviglioso fra tutti quelli mai visitati.

Quando furono stanchi, topino Paolo andrò a sdraiarsi nella ciabatta sinistra, topino Stefano in quella destra e si addormentarono felici

.- Paolo, Stefano, è ora della merenda.|-

I due sorcetti si svegliarono all’improvviso udendo la voce della mamma.

– Arrivo – rispose Paolo e, non appena pronunciò la prima parola, si ritrasformò in un bambino.-

– Anch’io – disse Stefano ritrasformandosi in bambino e insieme corsero dalla mamma.

Quel triste pomeriggio si era rivelato di sicuro molto, molto divertente.

17. ISACCO e GALILEO e le indagini della zia Lori

Claude Monet: Strada per Louveciennes (1870)


La storia del giorno: venerdì 13 gennaio

La storia proseguì.

Finalmente aveva smesso di nevicare e, con il disgelo, arrivò la zia Lori.

Si presentò alla porta il giorno dopo il ritorno di Isacco, di Galileo e della mamma dalla visita al papà.

– Dove siete stati? – esordì senza nemmeno salutare – Ho chiamato inutilmente ieri per tutto il giorno. –

– Da papà – sbottò Galileo.

– Ho sentito che l’aeroporto era chiuso per neve. –

– Ma noi non siamo andati in aereo – interruppe ancora una volta il gemellino, mentre la mamma cercava invano di farlo tacere.

– Certo, siete andati in nave! Mi state prendendo in giro?-

– Lori, non dire così! In effetti noi abbiamo preso…il treno – improvvisò la mamma.

– Sì, per andare dall’altra parte dell’oceano! Ma fammi piacere, Cele –

– No, davvero – la mamma stava acquistando sicurezza – Quando la mattina del volo ho capito che la nevicata non ci avrebbe consentito il viaggio, ho avuto la possibilità di partire subito in treno e andare in un aeroporto in cui non ci fossero problemi di neve e così siamo decollati da lì – soddisfatta, la mamma guardò severa Galileo per costringerlo al silenzio.

La zia Lori sbuffò e si guardò intorno in cerca di indizi.
– Niccolò come sta? –

– Il papà sta benissimo – Galileo anticipò la risposta della mamma – Era contentissimo di vederci e – guardando la zia negli occhi aggiunse -però non ha detto di salutarti! –

– Allora io adesso vado – sbuffò la zia Lori – Tanto lo sapevo che non aveva senso preoccuparmi per voi!
Piuttosto: tu mi stupisci Celeste, – aggiunse rivolgendosi alla cognata, pronunciando il suo nome per intero – sembra che ultimamente non solo l’educazione dei gemelli ti sia sfuggita di mano, ma che anche la tua abbia preso il volo – concluse con un ghigno.

Così dicendo, uscì di casa e Galileo la udì chiaramente borbottare tra sé: -Che cosa credono, di prendermi in giro? lo so perfettamente che non me l’hanno raccontata giusta.-

Immagine tratta dal sito: https://www.wikiart.org/en/claude-monet/road-at-louveciennes-melting-snow-sunset

1. STEFANINO.

Wassily Kandinsky – Murnau – Kohlgruberstrasse, 1908 Oil on cardboard

La storia del giorno: giovedì 27 ottobre

Stefanino nacque con gli occhi spalancati: era così piccolo da stare nel grande palmo della mano del suo papà Matteo e guardava tutti negli occhi senza mai staccare lo sguardo. Anche quando dormiva le sue palpebre rimanevano sempre leggermente socchiuse.
La sua mamma Elena si accorse molto presto che il neonato sapeva intuire i suoi pensieri: piangeva quando Elena, credendolo addormentato, meditava di lasciarlo nel suo lettino; rideva con la sua bocca sdentata nel momento esatto in cui la mamma decideva di portarlo al fasciatoio per giocare un poco con lui.

– Mi hanno detto che succede spesso fra mamma e figlio- confidò Matteo a Elena una sera.

Stefanino, però, sembrava sapere sempre che cosa gli altri stavano davvero pensando.

Quando divenne più grandicello, nessuno riusciva a raccontargli una bugia senza che il bambino non se ne accorgesse.

– Non c’e più torta-

– Ma sì, è là – e indicava con il suo ditino il pensile in alto.

Al parco giochi Stefanino conobbe Lucia: la bambina portava i capelli neri annodati in una grossa treccia, che le ricadeva sulla schiena, e cantava sempre.
Lucia era stonatissima e Stefanino, fin da piccolissimo, si tranquillizzava e si addormentava unicamente se accompagnato da canzoni stonate . Il bambino divenne immediatamente amico di Lucia.

Si sedevano vicini: Lucia con la sua bambola Mariella e Stefanino che componeva strane sculture di sabbia.

Un giorno Stefanino arrivò al parco e trovò Lucia in lacrime:
– Mariella è scomparsa! –

– Sono sicura che me l’hanno portata via –

Gli altri bambini, raccolti tutti intorno , scuotevano il capo.
Stefanino non disse niente: guardò attentamente uno a uno i piccoli accanto a loro senza sbattere nemmeno un ciglio. Quindi andò alla siepe che correva vicino al cancello, frugò fra le foglie ed estrasse una Mariella un po’ sporca ma sana.

Trionfante il bambino consegnò la bambola a Lucia e si sedette a giocare con la sabbia.
Lucia iniziò a cantare mentre ripuliva la sua piccola.
– Come hai fatto a trovarla?- gli chiese ad un tratto.

– Era nascosta-

– Dimmi chi è stato? –

Stefanino sorrise e scosse il capo.

Gli altri bambini lo osservavano.

– Dimmi chi è stato!

Stefanino rimase in silenzio e le porse una scultura di sabbia.
Lucia riprese a cantare spazzolando i capelli di Mariella, mentre gli altri bambini, sospirando soddisfatti, ritornarono ai propri giochi.
Immagini tratta dal sito: https://it.pinterest.com/environmentart/wassily-kandinsky/

1. BOLLICINO

Vasilij Kandinsky: Quadro con arciere -1909

Olio su tela, cm.177 x 147

New York l Museum of Modern Art. 

La storia del giorno: 26 agosto

La storia cominciò.
Bollicino era nato in primavera. Quando venne l’estate i suoi genitori lo portarono in montagna

– Tassativamente sotto i mille metri – disse la mamma 

e affittarono uno chalet che si affacciava su un bellissimo prato.
Bollicino stava tutto il giorno nella sua carrozzina e guardava i fiori, le farfalle e i bimbi muoversi intorno a lui.

Un giorno una bambina dalle treccine bionde si mise a fare le bolle di sapone accanto alla carrozzina: erano tonde e volavano davanti agli occhi interessati di Bollicino. Si alzavano in cielo cambiando colore sotto ai raggi di sole: salivano, salivano e poi sparivano in uno spruzzo.
Bollicino aveva pochi mesi: sapeva solo mangiare, piangere, dormire, sorridere ed emettere i primi versi, ma quella sera scoprì che poteva anche fare le bolle.
La mamma, asciugandogli le labbra con una bavetta, disse alla nonna :- Guarda Bollicino forse sta mettendo già i denti.-
Bollicino continuò ad esercitarsi a fare bolle sempre più grandi, mentre la mamma e la nonna si affannavano ad asciugargli il mento.
– Povero bimbo – gli sussurravano – chissà quanto male hai in bocca! –

Bollicino sorrideva sdentato.
Finalmente, in una bella mattina di agosto, mentre la mamma e la nonna chiacchieravano prendendo il sole, Bollicino riuscì a formare una bellissima bolla, senza che nessuno intervenisse con una bavetta.

La bolla incominciò a crescere, crescere sempre di più fino a quando inghiottì lo stesso Bollicino e lentamente iniziò a sollevarsi dalla carrozzina.
Fu a quel punto che la nonna urlò:

– Presto, corriamo: Bollicino sta volando via! –

La mamma si alzò immediatamente dalla sdraio e si mise a inseguire la bolla che si stava portando via il suo bambino.
Bollicino intanto rideva contento e spalancava gli occhi per guardare il prato, le foglie, le farfalle e i bambini mentre una folata di vento lo trasportava volando a poca distanza dal suolo.

 Attraversò il prato, sfiorò le acque di un ruscello e la mamma e la nonna correvano affannate dietro di lui. Ben presto si unirono i bambini che stavano giocando, le tate che li accudivano: una vera folla inseguiva la bolla che trasportava Bollicino.
Giunse vicino al torrente dove un signore grande e grosso stava pescando. 

– Ohibò, che cosa succede? – esclamò.

Si girò di colpo per scoprire la fonte del trambusto che gli stava facendo scappare tutti i pesci e quasi si scontrò con la bolla che galleggiava a pochi centimetri dal suo naso.
Lesto, lesto, afferrò il retino che teneva sempre a portata di mano per catturare le trote più grosse e, con un balzo, intrappolò la bolla.
Fu raggiunto immediatamente dal manipolo di inseguitori, capeggiati dalla mamma ansante di Bollicino: la bolla si dissolse in uno spruzzo e Bollicino fu consegnato incolume alla sua famiglia.
– Grazie mille – la nonna ringraziò il pescatore mentre un applauso scrosciava spontaneo.

L’uomo sorridendo, scuoteva il capo e sussurrava : – Mia moglie questa sera non crederà mai al mio racconto e mi dirà ancora una volta che sono un fanfarone! –

Bollicino fu riportato a casa e immerso nella vasca perché, in ricordo della sua avventura, emanava un disgustoso odore di pesce. 

Immagine tratta dal sito: http://cultura.biografieonline.it/kandinsky-arciere/