4. PEPE e il Festival

Henry Matisse: Jazz – 1947
«les papiers gouaches découpés»
Litografia a colori

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La storia del giorno: venerdì 27 giugno.

Venerdì Luigino era ancora a letto con la febbre, così la mamma continuò a raccontargli le avventure di Pepe.

La storia cominciò.

Pepe attendeva l’arrivo dell’Estate con trepidazione.
Venne il 21 giugno, ma non successe niente.

La scuola chiuse i battenti: la sua città si preparava al festival musicale che già da qualche anno si svolgeva nelle piazze.

Prima della sua esperienza con le “pietre della primavera”, Pepe non se ne era mai interessato, ma questa volta era diverso.
Supplicò il papà di portarlo per le strade anche di sera, quando i concerti erano più interessanti.

Il papà lo accompagnò in un giro che fu troppo breve e Pepe si accorse di essere troppo piccolo per poter vedere ciò che avveniva sul palco.

Tornò a casa, ma il desiderio di essere ancora in mezzo alla musica era grande.

Quando fu nella sua cameretta decise di trovare un modo per uscire: mentre guardava dalla finestra, incominciò a cercare di sollevarsi da terra e, dopo alcuni tentativi, aveva raggiunto il lampadario a poche spanne dal soffitto.

Il papà e la mamma erano in salotto e non lo notarono quando, svolazzando a due metri da terra, si allontanava dal giardino sul retro.

Si rese immediatamente conto che, anche questa volta, nessuno poteva vederlo mentre sorvolava le teste della folla riversa per le strade, solo i gatti che, nel loro vagabondare, si fermavano e guardavano in su.

Seguì la musica come fosse una corrente, e si trovò proprio di fronte al palco. Le note lo facevano galleggiare senza alcuno sforzo e si gustò ogni istante del concerto.

Restò fino a quando anche l’ultimo accordo si spense e, stanchissimo, tornò a casa per le vie che si stavano svuotando.
Si perse un paio di volte e, faticosamente, risalì ancora un po’ più in alto per orientarsi.

Vide la sua casa con le luci del salotto accese. Sospirò di sollievo: il papà e la mamma non erano ancora passati a controllare il suo sonno.

Spinse lievemente la finestra della sua cameretta che aveva lasciato accostata e si lasciò scivolare a terra.
Indossò il pigiama, si infilò sotto il lenzuolo e in un attimo si addormentò.

Immagine tratta dal sito: http://www.lastampa.it/2012/03/21/cultura/arte/segnalazioni/i-quadri-di-matissehanno-il-ritmo-del-jazz-5KXM8HuVqdkMIB2gCvsKkI/pagina.html

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3. PEPE e la scuola di musica

Vasilij Kandinskij: Impressione 3 (Concerto) – 1911
Olio su tela, 77,5 x100 cm

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La storia del giorno: giovedì 26 giugno.

Luigino si era ammalato: aveva la febbre e non poteva alzarsi dal letto.
Per distrarlo, la mamma decise di raccontargli una nuova avventura di Pepe.

La storia cominciò.

Quella primavera Pepe scoprì la scuola di musica.

Era in giardino ad ammirare soddisfatto la nuova fioritura, quando lo raggiunsero le note di un pianoforte.
In un primo momento pensò di essere ancora sotto l’incanto della notte precedente, ma poi si accorse che il suono proveniva dalla casa vicina.

Sgattaiolò dal buco nella siepe e si infilò nel portone del palazzo confinante; salì le scale e trovò l’aula in cui troneggiava un magnifico pianoforte.
Restò silenzioso in un angolo ad assistere alla lezione, fino a quando il maestro lo scorse.

– La tua mamma lo sa che sei qui? – gli chiese immediatamente.

– No-

– Vivi nella casa qui accanto? Mi è sembrato di averti visto giocare nel prato.
Vieni, ti accompagno-

– Per favore: mi fai provare, prima?-

Il maestro si affacciò dalla finestra e udì la mamma di Pepe chiamare il bambino.

– È qui – le disse – cinque minuti e lo riaccompagno!

Pepe, felice, si accomodò sullo sgabello lasciato libero dal ragazzino andato via da pochi minuti e cercò di ripeterne i gesti.
I risultati furono molto al di sotto delle sue aspettative, ma il bambino provò comunque una grande gioia.

– Sei bravo- lo incoraggiò l’insegnante.

– Mi piacerebbe ascoltare ancora!-

La musica fluì dalle dita del maestro e riempì il mondo di Pepe.

Da quel giorno, Il bambino prese a frequentare la scuola e la sua mamma notò che dopo ogni lezione i suoi occhi si facevano sempre più verdi.

Immagine tratta dal sito: http://users.unimi.it/~gpiana/dm6/dm6kmlv.htm

9. ISACCO E GALILEO e i mondiali di calcio

Vasily Kandinsky: “Several Circles” – 1926
Olio su tela 140х140 cm.
New York, The Solomon R. Guggenheim Museum

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La storia del giorno: giovedì 19 giugno.

Il papà di Marina quella sera voleva guardare la partita e allora, mentre ancora stavano rigovernando la cucina, decise di iniziare a raccontare una nuova avventura di Isacco e Galileo.

La storia incominciò.

Nonostante fossero in vacanza, la mamma di Galileo e Isacco era dovuta tornare a casa per un paio di giorni e, suo malgrado, aveva affidato i due gemelli alla zia Lori.

C’erano i mondiali di calcio e la loro compassata zia si era rivelata una tifosa sfegatata.

Quel pomeriggio richiamò i due nipoti che aveva accompagnato in spiaggia:
– Isacco e Galileo, fuori dall’acqua, dobbiamo tornare presto: questa sera andremo ad assistere alla partita in piazza-

Per una volta, i due gemelli approvarono in pieno il programma.

Ci pensi Galileo, potremo guardare le stelle, senza che nessuno ci spedisca a dormire!”

Quando arrivarono, però, si accorsero che, vicino alla spiaggia nel punto in cui avevano allestito lo schermo gigante, era stato innalzato un tendone che copriva il cielo. La loro delusione fu grande.

“Dobbiamo approfittare della confusione e scappare in riva al mare appena possibile”

La zia scelse per loro tre sedie laterali, in modo da essere raggiunti dalla brezza marina.
Finalmente la partita iniziò.
La zia scalpitava, dimenticando i suoi soliti atteggiamenti intransigenti.

Ora, presto: andiamocene uno alla volta. Prima tu Galileo.”
“Ecco, sono fuori, ma anche qui c’è un mucchio di gente”
“Non allontanarti, arrivo subito”

Proprio in quel momento una squadra segnò e anche Isacco raggiunse l’uscita.
La confusione regnava assoluta.

Non ti vedo, Galileo, dove sei?”
“Vicino al rivenditore di gelati”
“Finalmente ti ho individuato, non muoverti!”

Appena i due bambini si ritrovarono, si presero per mano un po’ spaventati dalla confusione.

– Dove andiamo adesso?-

Chiusero gli occhi contemporaneamente e, quando li riaprirono, si accorsero che la calca attorno era completamente svanita e davanti a loro c’era un bambino.

– Chi siete e come siete arrivati sul mio terrazzo?- domandò

– Io sono Isacco e lui è Galileo-

– Perché sei qui fuori completamente solo?-

– Sono tutti in casa a seguire la partita e io mi annoio tanto! Siete venuti a tenermi compagnia?
Sapete, stavo proprio desiderando che arrivasse qualcuno a giocare con me ed ecco che siete sbucati voi dal nulla!-

– Allora sei tu che ci hai chiamato!- esclamò Isacco

– Come fai ad annoiarti? -continuò Galileo- guarda…è bellissimo!-

Davanti a loro le stelle si riflettevano nel mare rilucente di mille cerchi che si incrociavano e si lasciavano, in una danza continua.
I tre bambini restarono incantati indicando uno all’altro ogni cambiamento, scoprendo insieme colori e movimenti nel blu.

– Adesso, però, noi dobbiamo tornare dalla zia Lori-

– Ci vedremo ancora?-

– Domani pomeriggio saremo in spiaggia-

Presto, se la zia non ci trova, saranno guai seri!”
“Dammi la mano e chiudi gli occhi”

– Ciao, a domani!-

– A domani! – rispose il bambino, ma i gemellini erano già svaniti.

Isacco e Galileo si guardarono intorno.

Ecco la zia!”
“Per fortuna la partita non è ancora terminata!”

Uno alla volta, Isacco e Galileo raggiunsero i loro posti, proprio mentre l’ arbitro fischiava la fine dell’incontro.

Immagine tratta dal sito:
http://www.pisatoday.it/eventi/wassily-kandinsky-palazzo-blu-pisa.html

14. ROMEO e ARIA e il campionato d’atletica

Claude Monet: Ninfee bianche – 1899
olio su tela, 89 x 93 cm
Museo Puskin di Mosca

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La storia del giorno: lunedì 16 giugno.

Giovanni lunedì sera proprio non voleva andare a dormire: soffiava un vento forte e si sentiva inquieto.
Allora la mamma lo accompagnò a letto e gli raccontò una nuova avventura di Romeo e Aria.

La storia cominciò.

Finalmente erano iniziati i campionati di atletica.
Romeo era stato convocato fra i partecipanti della gara di salto in lungo.
Il palazzetto dello sport era gremito degli alunni di tutte le scuole e delle famiglie dei partecipanti.

Aria, emozionata, era seduta sulle gradinate con i suoi genitori, mentre teneva accanto a sè, nascosta in un contenitore con i buchi, la rana.

Romeo, poco prima di compiere la rincorsa del terzo e ultimo salto, individuò Queen sugli spalti, nel gruppo delle bambine con la divisa di un prestigioso istituto privato, poi si concentrò e partì.

Quando apparve sul tabellone la classifica definitiva della prova, il papà , orgoglioso, la lesse ad alta voce e Aria, felice, aprì il contenitore per accarezzare il piccolo anfibio e gli sussurrò:
– Hai visto: grazie a te, Romeo ha saltato più lontano di tutti!- e, presa la bottiglietta d’acqua dalla borsa della mamma, l’agitò e gliela spruzzò addosso per farlo partecipare alla sua gioia.

Proprio in quel momento passava di lì Queen con altre tre ragazze in divisa.

– Ciao – azzardò Aria.

Senza nemmeno rispondere al saluto, la bambina con i capelli lunghi si allontanò con le sue amiche; poi, ritornando sui suoi passi, le si avvicinò:
– Che cosa tieni nella scatola? Una rana?- ridacchiò:
– o è tuo fratello che si é trasformato in ranocchio?-

Aria impallidì: senza saperlo Queen si era molto avvicinata alla verità.

La rana decise di saltare fra i lunghi capelli neri della ragazzina che cacciò un urlo.

Arrivò Romeo, venuto ad abbracciare la sua famiglia prima della premiazione.
Allungò la mano, riprese la fuggitiva, la affidò a Aria e si rivolse a Quenn:

– Dicevi? –

Non ottenendo alcuna risposta dalla ragazza rigida come una statua di sale, continuò:

– Scusa mia sorella, ma lei adora tutti gli animali e loro la ricambiano.- sorrise – Forse tu preferisci le gazze? –

La ragazzina in divisa serrò le labbra:
– Devo andare, le mie amiche mi aspettano- e si allontanò, anche se Aria la colse più volte mentre si girava a guardare Romeo, cercando di non farsi vedere.

Quando, terminate le gare, i due fratelli riportarono la rana fra le ninfee della fontana in giardino, Aria la udì chiaramente vantarsi con gli altri abitanti dello stagno, assumendosi il merito del grande successo di Romeo.

Immagine tratta dal sito:
http://www.marcomarcucci.com/MONET/Monet-opere.html

12. DUE DENTI e la bolla da esercitazione.

Paul Cezane: The Etang des Soeurs at Osny – 1875
Olio su tela : 60 x 73.5 cm
Samuel Courtauld Trust, The Courtauld Gallery, London, UK

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La storia del giorno: mercoledì 11 giugno

Era scoppiato il caldo e Marina non aveva proprio appetito. La mamma, cercando di farla mangiare, si mise a raccontare una nuova avventura di Due Denti con tutti gli Sdentati.

La storia cominciò.

Due Denti era preoccupato, disteso nella sua bolla-nanna succhiava e pensava.
Gli Sdentati erano troppo incauti e indisciplinati, mentre lui si sentiva responsabile della loro sicurezza.
Decise di condurli in una bolla avventura scandita dal ritmo costante del timpano.

Uno alla volta, andò a prelevarli tutti quanti e, con un sonoro plop li spinse senza una parola dentro la bolla prescelta. Quindi li mise in fila indiana e disse:

– Oggi faremo esercitazione-

– Perché?- lo interruppe Rossa.

– Vi dividerò a coppie – continuò Due Denti

– Perché?-

– e poi andremo in esplorazione –

Verde stringeva forte Micio fra le braccia, Azzurra sorrideva con gli occhi spalancati, Oro aveva raccolto un sasso e lo stava studiando, mentre Senape cercava di tenere a bada Rossa.

– Rossa con Oro
– Verde con Azzurra…

– e Micio? – si preoccupò Verde

– Naturalmente in braccio a te, che lo terrai ben stretto…
– Io aprirò la marcia e Senape la chiuderà
– Tutti dovremo seguire il ritmo del timpano: quando si unirà un altro strumento, ci sarà un cambiamento e allora decideremo come comportarci, d’accordo?-

– Perché io con Oro?… perché sono stata io a trovarlo?- Rossa sbuffò- Perché, poi, raccoglie sempre i sassi?-

– Rossa, perché tu fai collezione di fermagli?
– Forza, in marcia!-

Avanzarono a ritmo cadenzato.

Poi Verde incominciò a rallentare:
– Sentite anche voi? – domandò con il sorriso che riservava a Micio – È il flauto di pan-

La melodia portava con sé una leggera brezza.
Azzurra con voce sommessa e intonata si mise ad accompagnare il suono lieve.

– Guardate: l’erba sta danzando- notò Senape

La musica diventava sempre più forte e il vento iniziò a muovere le fronde degli alberi, poi aumentò ancora d’intensità fino a fare piegare anche i fusti.

– Fermi! – ordinò Due Denti.

Gli Sdentati si erano già raccolti a semicerchio. Azzurra aveva allargato le braccia.
– Possiamo provare a volare – disse sollevandosi con piccoli balzi.

Senape raccolse della terra e plasmò due piccole ali, poi le applicò sulle spalle di Oro; si fece un cappello alato e se lo pose sul capo.

– Anche a me, dai!- lo spronò Rossa impaziente.

Senape le afferrò la lunga capigliatura rossa che stava mulinando e, con abili gesti, gliela raccolse sulla cima del capo e le diede la forma delle pale di un elicottero.

– Voglio anch’io le ali!- protestò la bambina ancora una volta.

– Oro ne ha bisogno perché è più pesante- intervenne Due Denti.

Intanto, il gattino di nuvola rischiava di essere trasportato via ad ogni folata.

– Tu, Verde, attaccati a Micio ….il prossimo soffio dovrebbe essere quello giusto…via!!!-

Azzurra dopo due lunghi salti si sollevò seguendo Due Denti che, senza alcuno sforzo, era partito cavalcando il vento; accanto ad Azzurra c’era Verde trascinato da Micio, quindi seguiva Rossa dai capelli turbinanti, afferrata a Oro che sbatteva frenetico le sue alucce e per ultimo decollò Senape col cappello alato ben calcato sulla testa.

Il vento li trasportò mentre i bambini sfioravano la terra.
Anche Rossa si mise a canticchiare con la sua voce stridente e, pur invidiando ancora un poco le ali di Oro, l’ebbrezza del volo le provocò un’ondata di affetto protettivo nei confronti del piccolo bambino a cui stringeva la mano.

Quando il vento calò e dolcemente depositò tutti i bimbi a terra, DUE DENTI prese gli Sdentati per mano e li trascinò fuori dalla bolla da esercitazione. Quindi spinse ognuno nella propria bolla-nanna, si impossessò della sua e finalmente tutti quanti crollarono a dormire.

Immagine tratta dal sito:
http://www.wikiart.org/en/paul-cezanne/the-etang-des-soeurs-at-osny-1875

4. DIANA E TADDY

Wassily Kandinsky: Studio per case sulla collina -1909

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La storia del giorno: giovedì 5 maggio.

Il papà di Luigino stava lavorando e aveva chiesto di non fare troppo rumore perché aveva bisogno di concentrarsi. La mamma, allora, decise di raccontare al bambino una nuova avventura di Diana.

La storia cominciò.

Diana aveva lasciato passare un bel po’ di notti prima di avventurarsi ancora nella sua grotta, anche se incominciava a sentirsi più sicura nel mondo dei sogni.

Abbandonato il suo acchiappasogni sul comodino, si addormentò e dopo poco stava camminando nel solito bosco. Senza esitare, entrò e si diresse verso le stalattiti.

Improvvisamente dall’ombra uscì un grosso orso dalle fauci spalancate.
Diana urlò con tutto il fiato che aveva in gola e toccò la colonna a lei più vicina.

Si guardò intorno ancora stordita. Per un attimo aveva sperato di ritrovarsi nel suo letto, ma era nella sua città, che, anche questa volta, le appariva diversa.

Sentì alle sue spalle un rumore e si voltò di scatto, temendo di essere stata seguita dall’orso.
Era un bambino che non conosceva.

– Vieni con me – le disse.

Ancora stordita, Diana lo seguì per una via che le era completamente estranea e anche le case erano più basse di come avrebbero dovuto essere.

– Entra – Il bambino le indicò una porta e scomparve.

Voglio svegliarmi” pensò Diana e aprì l’uscio.

Era ancora nella grotta.
Una parete di vetro la separava dall’orso.

Desiderò un fucile, ma quando improvvisamente se ne trovò uno in mano, non seppe che farsene e l’arma svanì.

Si girò per uscire, si incamminò per la strada, ma, dopo pochi passi, era ancora davanti alla stessa porta.
Si fece coraggio: l’orso era lì.

Allora si ricordò di essere in un sogno dove tutto era possibile: pensò : “ È solo un piccolo cucciolo spaventato”

Chiuse gli occhi e, quando li riaprì, davanti a lei c’era un orsetto arruffato.
Varcò la parete di vetro.

– Hai fame? – gli chiese e nelle sue mani comparve una ciotola ricolma di miele.

Dopo averlo saziato, l’accarezzò a lungo.

– Mi ricordi Taddy, il peluche con cui giocavo da piccola-

Ora Diana non aveva più paura e si diresse verso la colonna dell’uscita, la sfiorò e fu di nuovo nel suo letto.

Il mattino dopo, la sua mamma, quando andò a svegliarla, la trovò abbracciata a un piccolo orso di peluche.

Immagine tratta dal sito: http://www.visiteguidatemilano.com/visita-guidata-alla-mostra-vassily-kandinsky/