17. DUE DENTI e la bolla grigia.

Composizione in grigio (Rag time)
(Composition in Gray [Rag time]), 1919
Olio su tela, 96,5 x 59,1 cm
Collezione Peggy Guggenheim, Venezia 76.2553 PG 40

  
La storia del giorno: giovedì 12 maggio.

La storia cominciò.

Due Denti si svegliò in mezzo a un rumore indistinto: l’orchestra era scomparsa, nascosta da una bolla grigia gigantesca. Il bimbo uscì dalla sua bolla nanna e coraggiosamente entrò nella bolla grigia.

Si guardò intorno, ma tutto era piatto e immobile, quando improvvisamente udì dei colpi sovrastare il debole ronzio di sottofondo.

– Fammi entrare! Presto, l’orchestra non c’è più! –

Era l’inconfondibile voce di Rossa.

– Che cosa ci fai tu, fuori dalla tua bolla nanna? -. la sgridò non appena l’ebbe fatta entrare – Come ci sei riuscita? –

– Quando l’orchestra è scomparsa, le bolle-nanna si sono aperte! – accennò a spiegare la bimba con un’alzata di spalle.

– Allora tutti gli Sdentati sono in pericolo! – sobbalzò Due Denti.

– Veramente no, stanno ancora dormendo: l’unica sveglia sono io – lo tranquillizzò con un sorriso storto la bimba – Piuttosto, bisogna scoprire al più presto che fine ha fatto l’orchestra – proseguì in un acuto.

-Torna a sorvegliare che a nessun altro venga l’idea di cercarmi. –

Rossa fece finta di non aver sentito e iniziò a ispezionare in mezzo a tutto il grigio che li circondava.

– Per tutte le bolle – esclamò Due Denti, chinandosi su un fagotto grigio che aveva casualmente urtato mentre cercava di costringere Rossa all’ubbidienza – Ma è un bimbo! –

– Una bimba – puntualizzò Rossa che l’aveva raggiunto – piccola, bruttina e tutta grigia –

In quel momento dal fagotto uscì una mano minuscola che ghermì la chiavina d’argento che Rossa teneva nascosta tra i capelli. (cfr. Due Denti e la bolla argento)

– Mollala! – protestò Rossa – Immediatamente. –

Due Denti si frappose in mezzo a loro, abbracciando l’esserino grigio che stringeva fra le dita il maltolto.

– Non è brutta – puntualizzò – è solo molto piccola e pallida –

– È tutta grigia ed è una ladra – insistette Rossa.

La piccola in braccio a Due Denti taceva e tremava.

– I suoi occhi sono grandi e bellissimi – continuò Due Denti – Forse ha freddo –

– Già e la mia chiave la scalda! –

Mentre discutevano, Grigia sgusciò dalle braccia che la stringevano e in un attimo scomparve.

– Presto, inseguiamola –

Con un sonoro plop la bolla grigia svanì e al suo posto ricomparve l’orchestra.

Si udì il tintinnare di mille campanacci, mentre davanti a loro ondeggiò la bolla argento che questa volta riluceva di cupi riflessi.

– Rossa, adesso tu torni subito a dormire! – ordinò Due Denti spingendola nella sua bolla-nanna che si richiuse attorno alla bambina, quindi si diresse verso la bolla argento.

Immagine tratta dal sito: http://www.guggenheim-venice.it/collections/artisti/dettagli/pop_up_opera2.php?id_opera=340

16. DUE DENTI e la bolla argento.

Gustav Klimt: Fregio per Palazzo Stoclet – 1905-1909
Tecnica mista su carta – 3 pannelli da cm 75 x 110cm
Osterreichisches Museum – Vienna
Particolare: L’albero della vita

/home/wpcom/public_html/wp-content/blogs.dir/261/64681301/files/2015/01/img_1692.jpg    campanelli

La storia del giorno: lunedì 5 gennaio

La storia cominciò.

Due Denti aveva dormito a lungo, immerso in sogni dolcissimi e fu svegliato dal tintinnare di mille campanelli.
Uscì dalla sua bolla nanna e andò a prendere a uno a uno tutti gli Sdentati.
Davanti a loro ondeggiava una bolla argento che riluceva di magici riflessi.

Con un sonoro plop i bambini entrarono tenendosi per mano: nel centro si stagliava un albero argentato, sui cui rami dondolavano campanelle al posto dei fiori.

Oro si mise subito a raccogliere i sassi che brillavano vicino alle radici.

– Guarda! – esclamò Rossa che si era chinata accanto a lui, in cerca di un nuovo fermaglio luccicante – Una chiave! –

Come un segugio la bambina iniziò a cercare una serratura, aiutata dagli altri Sdentati.
Micio sgusciò dalle braccia di Verde e si insinuò in mezzo alle radici.

– Torna indietro! – lo richiamò il bambino preoccupato, mentre Rossa e Oro inseguivano il gattino di nuvola che, inaspettatamente, si fermò di botto.

– Una botola! – esclamò Rossa e Oro puntò il suo ditino indicando la serratura nascosta.

Velocissima, Rossa infilò la chiave, sollevò la porticina che si richiuse alle spalle dei due bambini non appena furono entrati, lasciando gli altri Sdentati con un palmo di naso, mentre Verde con un balzo catturava Micio e se lo stringeva forte al petto.

– Siamo sotto terra! Guarda, le radici dell’albero formano una grotta!-
Rossa si mise a parlare senza sosta.
– Però, come è buio! Tu riesci a vedere qualcosa?-

In quel momento la terra tremò.

Si udì una voce cavernosa: – Oro, sento odore di oro –

– Chi sei?- domandò stridula la bambina.

– Chi sei tu, piuttosto: come sei entrata?….mmm… Sento odore di oro! – e una zampa enorme si allungò verso Oro, che era rimasto immobile.

– Lascialo immediatamente, chiunque tu sia! – urlò coraggiosamente Rossa, con un acuto:- È un bambino ed è MIO amico-

– Chi siete? – chiese ancora il proprietario della zampa – io cerco argento, non oro! –

Rossa si asciugò di nascosto una lacrima, mentre tentava di controllare la sua paura .

Intanto, gli Sdentati si erano riuniti davanti alla botola, sforzandosi inutilmente di aprirla, quando sentirono la terra tremare. L’albero d’argento si mise a scuotere le campanelle e il dolce tintinnio si trasformò in una musica stridente.
Tutti i bambini si immobilizzarono e guardarono sgomenti Due Denti.

– Bisogna costruire una nuova chiave, Senape, presto, pensaci tu!-

– Qui ci sono solo sassi – sospirò il bambino, impotente.

Gli occhi di Azzurra sembravano enormi, mentre da essi si staccarono due
grosse lacrime blu, che rotolarono lentamente sulle sue guance.

Micio si divincolò dall’abbraccio di Verde, soffiò sul viso di Azzurra e le lacrime si trasformarono in due piccoli pezzi di nuvola.

– Prendile – suggerì Due Denti a Senape, che, in un momento, le modellò a forma di chiave.

I bambini finalmente spalancarono la botola proprio nell’istante in cui, la terra tornò a tremare.

Rossa afferrò Oro in un guizzo e fu raggiunta da Due Denti che trascinò entrambi fuori, alla luce, fra gli Sdentati in ansia.

Senape sigillò l’apertura, mentre Rossa scoppiava in singhiozzi fra le braccia di Azzurra.
Appena si accorse di essere osservata, però, Rossa tirò su dal naso, si buttò i capelli arruffati sul viso per nascondere il pianto e spavalda disse:

– C’era un mostro ENORME, là sotto e ha cercato di prendere Oro!-

– Davvero: Rossa é stata coraggiosissima! – intervenne Oro, allungando la chiave argentata che ancora stringeva fra le mani e donandola alla bambina; lesta, l’eroina se la nascose fra i capelli.

L’albero aveva smesso di tintinnare e Due Denti decise che era giunto il momento di lasciare la bolla argento: prese gli Sdentati per mano e li trascinò fuori. Quindi spinse ognuno nella propria bolla-nanna, si impossessò della sua e finalmente tutti quanti crollarono a dormire.

Immagine tratta dal sito: http://caffetteriadellemore.forumcommunity.net/?t=42662080

15.DUE DENTI E LA BOLLA VERDE SCURO

Paul Cezane : Sentiero nella Foresta
Olio su tela 1902-06
Flauto Traverso

È difficile immaginare storie per bambini in questo periodo.

Il primo pensiero va alle bolle di Due Denti: vorrei che ogni bimbo potesse avere la sua in cui rifugiarsi.

La storia del giorno: lunedì 21 marzo

Il flauto traverso stava suonando una melodia dolce e spensierata mentre dalle sue note si formavano brillanti bolle verde scuro.

DUE DENTI si svegliò allegro e decise che tutti quanti avevano bisogno di una nuova avventura rilassante; così andò a prelevare gli SDENTATI dalle rispettive bolle-nanna, li mise in fila indiana e disse:
– Presto, entriamo appena si forma una bolla che ci contenga tutti. –

– Posso prendere anche Micio? – chiese Verde.

– Certo, ma tienilo stretto…andiamo…questa è perfetta! –

Con un sonoro plop, si ritrovarono in un fitto bosco di pini.

– Chissà che cosa c’è là in fondo? – esclamò Rossa, mentre già si inoltrava nel sentiero ombroso sparendo in mezzo agli alberi.

– Che profumo! – esclamò Azzurra seguendola.

– Aspettatemi – disse Verde trascinandosi dietro Oro e stringendo forte Micio.

– Dove è finita Rossa? – domandò preoccupato Senape.

Una ciocca infuocata balenò nel verde e subito scomparve e si udì la voce roca della bambina:

– Dovete cercarmi, mi sono nascosta! –

– Posso lasciare andare Micio? – chiese Verde – Certamente con il suo fiuto riesce a trovarla subito! –

– Non vale! – si udì protestare dai rami.

Gli sdentati si sparpagliarono nel tentativo di trovare Rossa: Azzurra si tuffò nel ruscello che passava lì accanto, spruzzando Senape che era rimasto in mezzo al sentiero. Si udì uno starnuto e Verde, che si era infilato sotto a un cespuglio assieme a Micio, mise fuori il naso, girando il capo a destra e a sinistra.

– Non la vedo – si lamentò – ma la sento. –

Oro rotolò fino in fondo al sentiero, dove il bosco diventava più fitto.

– La vedo – disse e anche lui scomparve alla vista.

– Sarà facile adesso – disse Azzurra, bagnando gli altri sdentati, mentre si scrollava l’acqua di dosso – Oro luccica –

– E anche i capelli di Rossa brillano – aggiunse Senape.

Gli Sdentati ridendo si inoltrarono nel bosco. Rossa era davvero bravissima a nascondersi e poi ricomparire, fino a quando i suoi riccioli si intrecciarono nella fronda di un pino.

– Mollami – si mise a urlare, dimenandosi e impigliandosi sempre di più – mi fai male! –

– È solo un ramo, stai ferma! – la consolò Due Denti che nel frattempo l’aveva raggiunta e pazientemente cercava di districare la folta chioma della bimba. 

Tutti gli Sdentati si erano raccolti a guardare e si misero a esclamare:

– Presa! Ti abbiamo presa! –

– Così non vale – tentò di protestare Rossa – è stato questo pino a catturarmi, voi non mi avreste MAI trovato! –

– Smettila, Rossa e non agitarti! – la rimproverò Due Denti, riuscendo finalmente a liberarla.

I bimbi si guardarono intorno:

 – Dove siamo finiti?  Non si vede più il sentiero! –

– Micio si può arrampicare in cima a un albero e guardare dall’alto dove finisce il bosco – suggerì Verde, accarezzando il suo gattino di nuvola.

– È una buona idea, ma se poi non riesce a scendere? –

– Ci vorrebbe una scala da pompiere! – disse Due Denti, rivolgendosi a Senape.

Senape prese in mano la terra umida del bosco e, aiutandosi con i rametti caduti, costruì il modellino della scala, poi disse:

– La mia scala! – e la scala iniziò a crescere fino a raggiungere la cima dell’albero. Svelto, lo sdentato si arrampicò e da lassù, dopo essersi guardando intorno, gridò:

– Vedo il sentiero! – e con il dito indicò la direzione.

Velocemente raggiunse i suoi amici e insieme, cantando, riuscirono a ritrovare la strada.

Erano stanchi, ma felici dell’avventura. Due Denti disse:

– Mettetevi in fila e tenetevi per mano! –

Poi li prese e li trascinò fuori dalla bolla verde scuro, mentre il flauto stava ancora suonando.

Quindi spinse ogni Sdentato nella sua bolla-nanna e finalmente si impossessò della sua e crollò a dormire.

Immagine tratta dal sito: Stampe artistiche di Paul Cézanne (meisterdrucke.it)

4. Lo scivolo delle nuvole.

Fotografia di Giovanna Beltrame

La storia del giorno: lunedì 20 aprile.

Gocciolino e Gocciolotto non avevano dimenticato i due bambini che li avevano salvati e, appena potevano, si mettevano a sbirciare giù dalla loro nuvola, cercando la finestra di Paolo e Stefano.

– Guarda, poverini, sono sempre chiusi in casa! – diceva Gocciolino.

– Ma no, hanno tanti giochi, si divertono – lo consolava Gocciolotto.

Gocciolino, però, diventava sempre più triste. 

 La signora Nuvoletta iniziò a preoccuparsi per lui e decise di convocare una riunione di famiglia. Arrivarono tutti quanti: nonni, genitori, zii, fratelli e sorelle, cugini e cugine.

– Bisogna trovare un modo per far tornare sulla terra Gocciolino dai due piccoli umani che lo hanno salvato: ormai passa il suo tempo a spiare che cosa stiano facendo.

In effetti è tutto molto strano nelle loro città: le strade sono vuote e, nonostante il sole splenda, anche i parchi sono vuoti.-

– Sì – intervenne Gocciolino – sono molto, molto in pensiero. Avranno bisogno di noi, ne sono sicuro! – proseguì – Li vedo spesso alla finestra a guardare in su verso il cielo. –

– Potremmo allestire uno spettacolo solo per loro – propose Goccioletta, la sorella che studiava “Storia del Teatro delle Nuvole”.

– Meglio, potremmo formare i loro ritratti in cielo – la interruppe Gocciomastro, il cugino che studiava “Scultura”.

I nuvolari si misero a parlare tutti insieme; la nuvola iniziò a ribollire: le gocce di vapore acqueo ruotavano, si innalzavano e scendevano. In poco tempo regnò la confusione.

      – Bisogna catturare un raggio di sole. – disse la nonna Grangoccia e tutti si zittirono – Io so come fare – continuò – Poi, uno alla volta, ci prenderemo per mano e scivoleremo fino alla finestra dei due bambini. –

     – Nonna, allora tu conosci il segreto dell’Arcobaleno! Sei una maga?-

Grangoccia scoppiò in una sonora risata: – No, non sono una maga: il mio segreto passerà alla tua mamma, come a me è stato insegnato dalla mia. –

Iniziarono i preparativi. Gocciolino, che stava di vedetta, finalmente annunciò:- Eccoli, i due bambini si sono affacciati alla finestra! –

– Presto, adunata, prendiamoci tutti per mano –

– Sto davanti io – affermò spavaldo Gocciolino – così ci riconosceranno! –

Grangoccia catturò un raggio di sole e, uno alla volta, tutti i nuvolari iniziarono a scivolare, in un turbinio di colore verso la finestra di Paolo e Stefano.

– Guarda Stefano, l’arcobaleno –

– No, Paolo, non può essere: non piove da giorni…. Eppure sì, hai ragione …-

– Sembra un grande scivolo –

– Forza, Paolo, apri la finestra, sta venendo proprio da noi. –

La stanza si riempì di una nebbia in cui vorticavano riflessi di luce. Davanti agli occhi stupiti dei due bambini, si formò una palla di nuvola che rimbalzò verso di loro. Stefano fu lesto ad afferrarla e la lanciò a Paolo che rise quando la vide trasformarsi nelle sue mani in un elicottero.

– Adesso volerà via! – si preoccupò Stefano.

Quando le pale si fermarono, la nuvola divenne un camion dei pompieri che si mise a scorrazzare per la stanza, mentre i bambini simulavano il suono della sirena.

– Stefano, ora è diventata una moto della polizia, Brrrrrummmm…-

La moto incominciò a crescere e presto ci fu spazio perché i due bambini montassero In sella, uno davanti all’altro, ondeggiando in equilibrio.

Le loro urla entusiaste furono, però, udite dalla mamma.

– Paolo, Stefano, che cosa sta succedendo? –

In un attimo Grangoccia richiamò il raggio di sole, i nuvolari si presero per mano e, quando la mamma entrò nella stanza, vide solo un bellissimo arcobaleno che dalla finestra saliva verso il cielo.

Restarono tutti e tre incantati a guardare, mentre nel profondo azzurro si formava una nuova nuvola.

Sotto i loro occhi, la nuvola parve sdoppiarsi. La mamma rimase senza fiato: lassù, sotto la direzione di Gocciomastro, tante piccole gocce di vapore acqueo avevano formato i ritratti di Paolo e Stefano.

Fotografia di Giovanna Beltrame

2. GOCCIOLOTTO

Foto di Giovanna Beltrame

La storia del giorno: lunedì 6 aprile

Gocciolotto era uno dei fratelli più grandi di Gocciolino e andava già a scuola.

Alla mattina c’era lezione di figura e l’insegnante mostrava agli scolari immagini delle piante, degli animali, dei luoghi e delle abitazioni giù sulla terra.

Poi arrivava il maestro di teoria e, con grafici e disegni, affidava a ogni nuvolotto la posizione da assumere per realizzare tutti insieme una nuvola – scultura.

Infine al pomeriggio c’era la lezione di pratica che si svolgeva mentre gli insegnanti tenevano gli alunni in formazione ben agganciati ai bordi della nube-scuola.

Venne il giorno del saggio.
I nuvolotti  erano emozionati: dovevano comporre tutti insieme la forma di un enorme gabbiano e, davanti a genitori e fratelli, staccarsi dalla scuola, prendere il volo e poi tornare ad agganciarsi alla nuvola di partenza.


Gocciolino era agitatissimo e continuava a saltare, mentre la sua mamma tentava invano di tenerlo fermo.


– Pronti nuvolotti? – domandò il professore – Prendere posizione – …rapidamente i nuvolotti si raggrupparono e formarono un bellissimo gabbiano dalle ali protese
…- Via! – e la nuvola uccello si librò nell’aria.


– Oh! – esclamò Gocciolino felice e con un balzo sgusciò dalla mano della mamma, sporgendosi per vedere meglio.


– Attento, fermati…aiuto! – gridò la signora Nuvoletta, cercando di afferrare al volo Gocciolino che, nonostante gli sforzi della sua mamma, stava già cadendo giù, sempre più giù.


ll nuvolino iniziò ad agitare le braccia in modo frenetico, anche se sorrideva ancora: – Sto volando, è bellissimo! –


Intanto la sua discesa divenne più veloce.


– Presto, salviamolo- la mamma era sempre più disperata.

Allora il gabbiano cambiò forma, assottigliandosi fino a trasformarsi una corda sempre più lunga, propendendosi in fondo a comporre cinque dita che afferrarono Gocciolino e lo riportarono fra le braccia della sua mamma.

Fotografia di Giovanna Beltrame.

Paolo e Stefano erano alla finestra.

– Guarda – disse Paolo indicando una nuvola in cielo – un gabbiano –

– No, osserva bene – intervenne Stefano – si sta allungando…ci sono le dita … sì: adesso è diventata una mano –

2. PAOLO E STEFANO continua

Fotografia di Giovanna Beltrame

La storia del giorno: lunedì 30 marzo

Era ancora un triste pomeriggio: chiusi in casa Paolo e Stefano avevano voglia di uscire, ma mamma e papà stavano lavorando.

– Giochiamo a indovinare gli animali – propose Paolo.

– Abbiamo già giocato ieri – rispose Stefano, scuotendo il capo.

– Ma a me è piaciuto essere un topolino! –

— Miao! Sono un gatto – disse allora Stefano, ma non successe nulla.

– Un gatto è troppo grosso, non mi piace – intervenne Paolo.

– Paolo e Stefano, dovete lavarvi le mani, sapete che è importante! – li raggiunse la voce della mamma.

Insieme i due bambini corsero in bagno, Paolo mise il tappo al lavandino, fece scendere un po’ d’acqua e disse:

– Cra cra! –

Stefano strabuzzò gli occhi: sotto il suo sguardo Paolo si era trasformato in una bellissima rana verde; Stefano cercò di afferrarla, ma il piccolo anfibio scivolò via, peggio di una saponetta. In un tuffo finì nel lavandino.

– Paolo, Paolo, ma tu non sai nuotare: non hai i braccioli, affogherai, ti bagnerai gli occhi – si affannò il fratello…

…la rana fece un salto e si posò sul bordo e poi…ciufff…ancora in acqua.

– Cra cra! – e balzò sulla mano di Stefano.

Finalmente Stefano si decise: – Cra cra! – ed ecco che anche lui si trasformò in una rana.

Insieme si buttarono nel lavandino, sguazzando felici.

Saltarono sul porta sapone, poi ancora giù, quindi si avventurano nella bacinella, dove giacevano abbandonate le loro barchette.

La rana Paolo salì sul motoscafo, la rana Stefano sul galeone dei pirati e si lasciarono trasportare dal gioco.

– Ancora in bagno? – li raggiunse la voce della mamma – Adesso vengo a preparare la vasca. –

– Un attimo solo – rispose Paolo e, non appena pronunciò la prima parola, si ritrasformò in un bambino.

– Siamo quasi pronti – disse Stefano ritornando a sua volta bambino.

Quando furono nella vasca, la mamma si accorse che, per la prima volta, Stefano non le chiedeva di asciugargli la faccia,ogni volta che uno spruzzo lo raggiungeva agli occhi.

19. ISACCO e GALILEO, la zia Lori e l’isola dei pirati.

William Turner : Landscape with Water – 1840-5

Olio su tela: 121,9 x 182,2 cm.

Tate, Londra.

La storia del giorno: giovedì 23 marzo.

La storia cominciò.

La zia Lori – colta in fragrante dai due gemelli mentre investigava sul loro misterioso viaggio oltreoceano, compiuto durante una bufera di neve – si ritrovò assieme a Galileo e Isacco immersa nella nebbia più fitta, anche se i suoi piedi erano ancora ben piantati sul fondo del valigione bianco.

Il rumore ovattato della risacca raggiunse i due gemelli che  compresero  subito di essere tornati sull’Isola dei pirati.

– Che cosa è tutto questo fumo? – esclamò la zia Lori, stringendosi la borsetta al petto – Deve essere scoppiato un incendio in cucina…-

– Zia, è nebbia – cercò di farle intendere Galileo – non c’è nessun incendio!-

In quell’ istante la nebbia si alzò, comparve la luna piena in cielo e la sua scia illuminò una nave che solcava il mare, diretta verso la spiaggia.

– Presto, venite! – ingiunse Galileo, mentre già correva sulla sabbia.

Isacco, dopo avere nascosto la valigia dietro a un cespuglio, lo seguì trascinando dietro di sé un’attonita e recalcitrante zia Lori, per una volta rimasta senza parole.

Ansanti, si appiattirono dietro a una duna a osservare le scialuppe cariche di pirati che si stavano riversando sul bagnasciuga.

La zia Lori si chinò a sussurrare all’orecchio di Isacco:

– Dobbiamo rubare una barca e scappare! Senti come puzzano quegli uomini, senza contare il modo inappropriato  in cui sono vestiti. –

– Sta’ giù zia, non farti vedere…quelli sono pirati –

-Pirati, qui? – la zia si ripulì affannosamente gli occhiali e sospirò.

– Ho capito: ho mangiato troppo, mi sono addormentata e questo è un incubo – e così mormorando, aprì la borsa che ancora stringeva al petto ed estrasse i suoi inseparabili ferri da maglia.

– Ragazzi, non temete, combatterò quegli omaccioni e vi porterò in salvo! –

Galileo atterrò la zia con un placcaggio perfetto, impedendole ogni movimento.

– Sta’ ferma, aspettiamo nascosti, fino a quando anche l’ultimo di loro non raggiungerà il villaggio. –

– Allora io ruberò una scialuppa e remerò fino a portarvi in salvo – continuò la zia, brandendo i ferri come se fossero una spada, rischiando di accecare Galileo.

– Non vuoi andare a visitare il covo dei Pirati? – le domandò il ragazzino – chissà quando ti capiterà un’altra occasione per esplorarne uno…-

Che cosa ti salta in mente?”sibilò Isacco al gemello, ma Galileo si era già diretto verso il villaggio sulla scia dei pirati.

In un attimo il bambino si intrufolò sotto a una tenda in cui erano esposte le mercanzie più strane e meravigliose, frugandosi nelle tasche in cerca di qualcosa  da scambiare per uno di quegli incredibili oggetti.

Dove ti sei cacciato?” lo raggiunse il disperato appello di Isacco, proprio nel momento in cui il faccione incredulo della zia Lori spuntava nel tendone.

Galileo li trascinò in un angolo.

– Guardate che bella bussola – sussurrò, mentre estraeva le sue biglie trasparenti per tentare di barattarle con l’oggetto desiderato.

Il padrone di tutto quel ben di Dio si avvicinò loro e la zia Lori cercò di nascondere un moto di disgusto.

Galileo allungò le sue preziose palline di vetro verso il negoziante che, dopo averle osservate a lungo, scosse il capo.

La zia Lori non perse tempo e aprì la sua borsetta.

Galileo si sporse alla ricerca di un oggetto che soddisfacesse il venditore, mentre Isacco si precipitò per evitare che la zia, armata dei suoi ferri da maglia, tentasse una rapina.

– Gli occhiali qui vanno alla grande – suggerì a voce bassissima Isacco, memore della passata esperienza.

Come un incallito giocatore di poker, la zia Lori depose sul banco le sue lunette da lettura, si impossessò della bussola, girò le spalle e trascinò con sé i due gemelli, avviandosi con passo svelto verso la spiaggia.

In un attimo raggiunsero il cespuglio dietro al quale Isacco aveva nascosto il valigione bianco, controllarono che nessuno li avesse seguiti.

Ormai era buio e le stelle brillavano luminose in cielo.

– Ecco – disse la zia Lori, consegnando la bussola ai gemelli – Adesso riportatemi indietro –

Isacco e Galileo la abbracciarono stretti e le dissero: – Sei davvero grande zia. Ora entra nella valigia e chiudi gli occhi. –

– Vogliamo tornare a casa!- ordinò Galileo, tenendo per mano Isacco … e si ritrovarono tutti e tre nello sgabuzzino.

La zia Lori si diresse a passo deciso verso la cucina, aprì la porta e disse a Celeste e Niccolò:

– Grazie per il pranzo, ma adesso devo proprio andare – I genitori dei gemelli la guardarono sbigottiti – Ho mangiato più del dovuto ed è meglio che torni a casa – Quindi abbracciò il fratello e la cognata sempre più stupiti dal suo comportamento e proseguì – Date un bacio ai bimbi da parte mia, sono proprio due ragazzini in gamba! – e, afferrato lo zio Pio, uscì di casa.

– Che cosa hai messo nella torta? – domandò Niccolò alla moglie – Ti rendi conto che per una volta mia sorella ha ringraziato,ci ha abbracciato, ha riconosciuto di essersi abbuffata e ha fatto un commento positivo sui gemelli? –

– E’ forte la zia – commentò a quel punto Galileo, arrivato di corsa.

Celeste si lasciò cadere su una sedia.

Immagine  tratta dal sito: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Joseph_Mallord_William_Turner_-_Landscape_with_Water_-_Google_Art_Project.jpg

17. ISACCO e GALILEO e le indagini della zia Lori

Claude Monet: Strada per Louveciennes (1870)


La storia del giorno: venerdì 13 gennaio

La storia proseguì.

Finalmente aveva smesso di nevicare e, con il disgelo, arrivò la zia Lori.

Si presentò alla porta il giorno dopo il ritorno di Isacco, di Galileo e della mamma dalla visita al papà.

– Dove siete stati? – esordì senza nemmeno salutare – Ho chiamato inutilmente ieri per tutto il giorno. –

– Da papà – sbottò Galileo.

– Ho sentito che l’aeroporto era chiuso per neve. –

– Ma noi non siamo andati in aereo – interruppe ancora una volta il gemellino, mentre la mamma cercava invano di farlo tacere.

– Certo, siete andati in nave! Mi state prendendo in giro?-

– Lori, non dire così! In effetti noi abbiamo preso…il treno – improvvisò la mamma.

– Sì, per andare dall’altra parte dell’oceano! Ma fammi piacere, Cele –

– No, davvero – la mamma stava acquistando sicurezza – Quando la mattina del volo ho capito che la nevicata non ci avrebbe consentito il viaggio, ho avuto la possibilità di partire subito in treno e andare in un aeroporto in cui non ci fossero problemi di neve e così siamo decollati da lì – soddisfatta, la mamma guardò severa Galileo per costringerlo al silenzio.

La zia Lori sbuffò e si guardò intorno in cerca di indizi.
– Niccolò come sta? –

– Il papà sta benissimo – Galileo anticipò la risposta della mamma – Era contentissimo di vederci e – guardando la zia negli occhi aggiunse -però non ha detto di salutarti! –

– Allora io adesso vado – sbuffò la zia Lori – Tanto lo sapevo che non aveva senso preoccuparmi per voi!
Piuttosto: tu mi stupisci Celeste, – aggiunse rivolgendosi alla cognata, pronunciando il suo nome per intero – sembra che ultimamente non solo l’educazione dei gemelli ti sia sfuggita di mano, ma che anche la tua abbia preso il volo – concluse con un ghigno.

Così dicendo, uscì di casa e Galileo la udì chiaramente borbottare tra sé: -Che cosa credono, di prendermi in giro? lo so perfettamente che non me l’hanno raccontata giusta.-

Immagine tratta dal sito: https://www.wikiart.org/en/claude-monet/road-at-louveciennes-melting-snow-sunset

2. PAOLO e LULÙ

Henrique Matisse: Les Tours de Collioure – 1905
Olio su tela: 800 x 650
The Heremitage, St. Petersburg, Russia


La storia del giorno: mercoledì 27

La storia continuò.

Paolo era un fagottino dolcissimo: succhiava dal suo biberon, poi si addormentava in braccio felice ma, se Gina o Gigi tentavano di metterlo nel suo lettino, prima buttava via le coperte, poi emetteva ultrasuoni sempre più forti, che si trasformavano in vere e proprie urla disperate.

I neo genitori comprarono un marsupio per tenere il piccolo sempre con loro.

– Ogni giorno peggiora – disse Gigi a Gina – diventa sempre più pesante e non possiamo passare tutto il nostro  tempo a cullarlo –

In quel momento suonò il campanello: era Lulù, l’amica di Gina perennemente triste.

– Ciao, come state? Io malissimo – proseguì senza lasciare loro il tempo di rispondere – Questa notte non ho dormito per nulla:  avevo caldo,  non c’era nemmeno un filo d’aria. Questa mattina sono andata in ufficio senza voce: il telefono continuava a squillare e dovevo sforzarmi di parlare… e nessuno, dico nessuno che rispondeva al mio posto… –

Nonostante la raucedine, Lulù sembrava un fiume in piena, ma improvvisamente vide Paolo e si interruppe.

– Ma è un neonato quello che tieni in braccio, Gina?- e il mal di gola non le impedì di proseguire: – Dove l’hai trovato? L’hai portato dal dottore? magari ha i vermi! –

– Lulù: è un bambino, non un cane. Si chiama Paolo – le rispose gentilmente Gina – Vieni, ti garantisco che non ha i vermi – e le mise tra le braccia Paolo che si aggrappò alla camicia di Lulù come un cucciolo di koala.

Avvenne un piccolo miracolo: Lulù tacque di colpo, sospirò, strinse il bimbo a sé e sorrise.

Gigi e Gina non avevano mai visto Lulù perdere la sua espressione triste con la bocca eternamente rivolta all’ingiù: i suoi occhi ora splendevano mentre una dolce ninna nanna si formava dalle sue labbra.

Rimase con Paolo fino a quando venne buio.

– Posso tornare? – domandò mentre usciva.

– Certo, quando vuoi – risposero in coro Gigi e Gina ancora meravigliati dell’insolito umore di Lulù.

 

Il giorno dopo, terminato il lavoro, Lulù tornò e con lei c’era la sua collega Cate, sempre ansiosa e agitata che, muovendo le mani come farfalle impazzite, si avvicinò a Gina che teneva Paolo nel marsupio chiedendo: – E’ questo il bambino? –

Paolo le catturò le dita con le sue manine cicciottelle e la donna sospirò, mentre Gina si affrettava a trasferirle il pupo tra le braccia.

Anche questa volta, avvenne la trasformazione: le labbra di Cate si curvarono all’insù e un’insolita calma entrò in lei, portandole serenità e gioia.

Il giorno dopo, il campanello di Gigi e Gina iniziò a suonare già di mattina: tutti volevano provare almeno per pochi minuti la sensazione di tenere Paolo fra le braccia e dimenticare ogni problema in un bagno di serenità.

La voce si sparse per il paese e Gigi e Gina non ebbero più alcuna difficoltà a soddisfare la voglia di coccole del loro Paolo.

 

Immagine tratta dal sito: https://en.wikipedia.org/wiki/Henri_Matisse

 

14. DUE DENTI e la bolla trasparente.

Foto di Giò Beltrame.

  MOOG

La storia del giorno: lunedì 23 novembre.

Due Denti si svegliò di soprassalto, udendo un suono che non riusciva a identificare: in un primo momento gli sembrò una chitarra, subito dopo un organo, poi un coro, quindi un piano.

Uscì dalla sua bolla nanna, andò a prendere a uno a uno gli SDENTATI e li riunì tutti quanti vicino all’orchestra.

Scoprirono che, quando stavano dormendo, era comparso uno strano strumento e ora, mentre l’intera orchestra taceva, dalle sue note solitarie, si stavano formando delle bolle trasparenti.

– Entriamo tutti insieme – disse Due Denti, afferrando Rossa che si stava sporgendo, per sbirciare dentro alla bolla.

– Guarda, non si vede niente! Sembra piena d’acqua! – protestò la bimba e, dopo essersi liberata dalla presa di Due Denti, scivolò curiosa accanto al nuovo strumento che continuava a emettere suoni sempre diversi. – Senape, vieni a provare : guarda quanti bottoni colorati! –

Senape si precipitò verso Rossa e le afferrò le mani, proprio un attimo prima che la bambina iniziasse a girare e a muovere tasti e leve del sintetizzatore*, causando conseguenze imprevedibili.

Con un sonoro “plop” Due Denti si affrettò a spingere gli Sdentati dentro la bolla e i bambini si ritrovarono sulle sponde di un ruscello, mentre l’aria riluceva di mille riflessi.

– Che bello! – sospirò Azzurra – Siamo in una cascata! –

– Non ci bagna ancora – puntualizzò Senape – la cascata è davanti a noi –

– Sembra un muro d’acqua. – esclamò Verde abbracciando forte Micio per paura di vederlo scomparire oltre.

Azzurra allungò una mano per afferrare gli spruzzi ma, proprio in quel momento, i riflessi presero la forma e l’aspetto di Rossa, una Rossa più sbiadita e tremolante e nello stesso istante i bambini udirono chiaramente levarsi il suono di una chitarra distorta.

– Per tutte le bolle, quella non sono io! – esclamò Rossa, afferrando Senape che le era ancora vicino – Toccami, io sono qui: quella cosa là non è vera! –

Senza prendere fiato, proseguì con la voce sempre più acuta: – Può darsi che sia la mia gemella? – e mentre parlava strattonava Senape – Oppure è un fantasma: per tutte le bolle, forse è il mio fantasma?-

Proprio in quel momento, i riflessi presero la forma e l’aspetto di Senape, un Senape più sbiadito e tremolante, mentre l'”altra Rossa” si dissolveva e contemporaneamente i bambini udirono levarsi il suono di un piano distorto.

– Anche tu hai un gemello, Senape: guarda! – continuò come un torrente in piena Rossa – Ecco, ho capito: è un fantasma, ci sono i fantasmi…forza scappiamo! –  si girò e iniziò a spingere contro la parete della bolla.

– Aspetta, Rossa – la bloccò Due Denti.

Proprio in quel momento, i riflessi presero la forma e l’aspetto di Azzurra, una Azzurra più sbiadita e tremolante, mentre l'”altro Senape” si dissolveva e contemporaneamente si distinse il suono di un’arpa distorta.

– Due Denti, lasciami andare – piagnucolò Rossa – Non vedi? Siamo circondati dai fantasmi, adesso c’è anche quello di Azzurra -.

– Rossa, io lo so che puoi essere molto coraggiosa, quindi smettila di esclamare “Per tutte le bolle”, calmati e taci almeno per un attimo! –

Gli Sdentati stavano fissando il loro Capo, quando l’ “altra Azzurra” svanì e piombò il silenzio.

La bolla esplose in mille frammenti colorati e i bambini si trovarono a galleggiare vicino all’orchestra. Scovarono Micio che, durante la confusione creata dagli sproloqui di Rossa, era sgusciato dalle braccia di Verde, aveva oltrepassato la cascata e ora stava giocando in mezzo ai tasti e le leve del sintetizzatore che, chissà come, aveva spento.

– Birbantello – l’apostrofò Verde, stringendoselo forte al petto 

– L’hai spento, brutto furfante! – lo sgridò Rossa – così hai rotto la bolla! – la bambina si avvicinò al gattino di nuvola  che si era nascosto sotto il braccio di Verde  e continuò: – E, per tutte le bolle, hai fatto sparire i fantasmi, mio piccolo eroe! – e lo baciò.

Due Denti li guardò, severo, poi sorrise e disse:

– Per tutte le bolle, adesso è proprio  ora di tornare a dormire! – 

Prese gli Sdentati per mano e spinse ognuno nella propria bolla-nanna, si impossessò della sua e finalmente tutti quanti crollarono nel mondo dei sogni.

 * Il sintetizzatore (abbreviato anche in synth dal termine in inglese) è uno strumento musicale che appartiene alla famiglia degli elettrofoni. Si tratta di uno strumento che può generare imitazioni di strumenti musicali reali o creare suoni ed effetti non esistenti in natura.