4. CHICCO.

Vasily Kandisky: Houses in Munich, 1908
Murnau, Dorfstrasse (Street in Murnau, A Village Street), 1908

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La storia del giorno: lunedì 9 febbraio.

La storia cominciò.

Le vacanze erano ormai un ricordo lontano e, quella mattina di febbraio, Chicco proprio non aveva voglia di andare a scuola.
Si svegliò presto e riuscì a convincere la mamma che non si sentiva bene, così restò a casa con la nonna.
Appena fu sicuro che la nonna fosse impegnata in cucina, si rintanò nel pendolo, pensando intensamente a quel nonno del papà che gli era sembrato tanto severo. Chissà come si comportava quando anche lui era solo un bambino?

– Chicco, su sbrigati, o farai tardi a scuola! – lo raggiunse una voce sconosciuta.
Si trovava in un corridoio buio che si illuminò mentre si apriva una porta.

– Presto, infilati il cappotto- e venne infagottato in una palandrana che pungeva.
– Ecco, prendi la cartella e qui c’è il sasso –

– Il sasso? – e gli fu messo in una mano un involto caldo, mentre con l’altra il bambino afferrava il manico di una cartella, proprio dalla forma di cartella.
Appena uscì di casa, fu investito dall’aria gelida.

– Come mai sei in ritardo?- gli domandò un ragazzino magrissimo che, nonostante fosse inverno, indossava calzoncini corti e un buffo paio di stivaletti con la suola di legno.

Chicco scrollò le spalle:
– Accidenti, cosa ne faccio di un sasso?-

– Lo sai che sei proprio strano oggi? Mi fai aspettare, poi mi rivolgi domande assurde e parli in modo buffo-

Chicco intanto incominciò a rabbrividire e si accorse che anche le sue ginocchia erano esposte senza alcuna protezione al freddo pungente.

– Dai, cammina più in fretta, altrimenti non arriveremo in tempo a scuola!-

Chicco osservò la strada sterrata davanti a sé che sembrava condurre nel nulla.

– Non passa la corriera? – domandò immaginandosi che poche famiglie in quell’epoca possedessero un’ auto.

– Chicco, ma che cosa ti ha preso? Corriera? Qui? E per andare dove?-

– Dicevo così per dire! Sarebbe bello, no? Con questo freddo ! Potremmo dormire di più alla mattina-

L’altro ragazzino rise e allungò il passo.
Dopo quasi venti minuti di strada Chicco era stanco, si sentiva i piedi congelati e finalmente aveva capito che il sasso serviva per scaldargli le mani.

Arrivarono a scuola e andarono a depositare i sassi sulla stufa in modo che diventassero ancora belli caldi per il viaggio di ritorno; dai saluti dei compagni, finalmente, Chicco apprese che il suo amico si chiamava Italo.
Poi i due ragazzini si infilarono insieme nel banco di legno che condividevano.

Nel prendere posto, Chicco si impigliò con il grembiule, quindi si punse con un pennino, conficcato in una strana cannuccia che, per l’urto, iniziò a rotolare sul piano in discesa; infine, nel tentativo di afferrare al volo la penna in caduta libera, Chicco si sporcò con l’inchiostro che traboccava da un vasetto di vetro incastrato in un buco nel legno di quella trappola infernale, completa di predella e seggiolino a scatto, che il suo bis nonno chiamava banco.

In quel momento si udi :
– Arriva! –

Nel silenzio generale, il maestro comparve sulla porta.
Tutta la classe si alzò in piedi, senza provocare il minimo rumore e in coro disse:

– Buon giorno, signor Maestro!-

Buon giorno? Signor? Maestro? Chicco sentì chiaramente pronunciare la emme maiuscola.

Il colletto inamidato gli dava un fastidio tremendo, impedendogli di girarsi e forse era un bene, perché in quella classe non volava una mosca.

Il maestro scrisse alla lavagna una lettera e tutti si misero a ripeterla concentrati e la lezione continuò noiosissima fino a quando l’insegnante disse:
– Adesso copiate sul vostro quaderno-

Chicco estrasse il suo quaderno dalla cartella, l’aprì e, al posto delle solite righe o dei quadretti, trovò una serie di righe ad altezze diverse e provò il panico.
Sbirciò sul foglio di Italo che già aveva iniziato a scrivere.
Guardò come era stata compilata la pagina precedente e gli sembrò fresca di stampa, tanto perfette erano le lettere che vi comparivano.

Proprio mentre intingeva la penna nel calamaio copiando i gesti di Italo, il maestro aggiunse:
– Mi raccomando in bella scrittura e SENZA macchie-

Devo tornare immediatamente al pendolo” pensò Chicco con il pennino che rovesciava inchiostro sulle sue dita, ormai completamente blu.

In quel mentre la campanella suonò l’intervallo.
I bambini si misero in fila e, disciplinatamente, seguirono il maestro in corridoio.

– Devo andare in bagno – sussurrò Chicco a Italo, sperando in una via di fuga.

– Ma che cosa ti succede oggi? Lo sai che devi aspettare il tuo turno-

Due alla volta, i suo compagni si dirigevano verso i servizi.
Impedito dalla rigidità del colletto, Chicco cercava disperatamente un’uscita, quando udì un pendolo scandire le ore.

Approfittando dell’attimo in cui il maestro si era girato per parlare con un collega, Chicco si precipitò in fondo al corridoio, dove vide, appoggiato a una parete in ombra, un enorme orologio a pendolo.

Trattenendo il fiato, infilò la sua chiavetta nell’intarsio dello sportello e la porta si aprì; senza fiato per la tensione si accoccolò fra i meccanismi, sperando intensamente di tornare a casa.

– Chicco, dove ti sei cacciato? Vieni a mangiare! –
Ripiombato nella sua vita, il bambino corse felice in bagno a lavare via l’inchiostro blu dalle mani e raggiunse la sua nonna che lo aspettava in cucina.

Immagine tratta dal sito: http://en.m.wikipedia.org/wiki/Wassily_Kandinsky

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3. CHICCO

Vasily Kandisky: Image Composition VII – 1913 (200 Kb)
Oil on canvas, 200 x 300 cm (6′ 6 3/4″ x 9′ 11 1/8″)
Tretyakov Gallery, Moscow.

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La storia del giorno: venerdì 30 gennaio.

La storia cominció.

Durante le feste di Natale, mentre la nonna e la mamma si erano rinchiuse in cucina a rigovernare, Chicco convocò il papà e il nonno nella sua cameretta.

– Ho usato la chiave che ho ricevuto il primo giorno di scuola – disse, guardandoli negli occhi.

Silenzio.

– Sono entrato nel pendolo –

Silenzio.

– Ho terminato un tuo disegno – continuò fissando papà Enrico.

I due adulti si guardarono e il nonno gli strizzò l’occhio esclamando:
– Se non ricordo male, Enrico era un vero disastro coi pastelli!-

– Non so come, mi cadevano sempre di mano… – Enrico sorrise – tranne quando li usavo come bacchette per suonare la batteria sui tavoli! –

Chicco continuò: – In effetti la nonna è rimasta molto soddisfatta e ancor più stupita dal mio risultato. ..Accidenti, però, non me la immaginavo tanto severa!-

Quindi Il bambino si rivolse al nonno:

– Ho mangiato pane, burro e zucchero, una vera bomba! E sono andato in bicicletta in cortile a giocare a Coppi e Bartali – prese fiato:

– Allora, volete dirmi che cosa mi sta succedendo?-

– Accade a tutti i primogeniti della nostra famiglia – iniziò a spiegare nonno Francesco – Chissà come, nascono sempre figli maschi e a ognuno di loro, assieme alla chiavetta – e al pendolo che ci appartiene da molte generazioni – viene tramandato anche il diminutivo di Chicco. –

– Perché?-

– Fino al giorno in cui cambierai la voce, potrai tornare nel tempo a vivere alcuni momenti nella vita dei tuoi avi –

– Perché? –

– Non lo sappiamo, e non abbiamo mai nemmeno capito esattamente come ciò sia possibile. Entri nel pendolo e ti catapulti nel passato della persona della nostra famiglia a cui stai pensando; tutto qui.-

– Tutto qui? –

– Tutto qui – risposero in coro nonno Francesco e papà Enrico, aprendo la porta e tornando in cucina.

Immagine tratta dal sito: http://www.ibiblio.org/wm/paint/auth/kandinsky/

2. CHICCO

Jean Miro.

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La storia del giorno: giovedì 25 settembre.

Dedicato a Chiccolino.

Papà Enrico era partito per un viaggio di lavoro e Chicco non era riuscito a rimanere solo con lui nemmeno un momento. Papà l’aveva abbracciato forte e poi era salito sul taxi diretto all’aeroporto.

A casa con la mamma, il ragazzino non aveva avuto nessuna occasione per intrufolarsi nel pendolo, fino a quando, sabato pomeriggio, arrivò la zia e monopolizzò la sorella con un interminabile monologo.

Chicco fu lesto a scomparire ed, estratta la chiavetta che portava sempre con sé, aprì l’anta dell’orologio e si accoccolò dietro alle canne del pendolo, rimpiangendo di non avere ricevuto dal nonno qualche spiegazione in più su ciò che poteva accadergli.

– Chicco, vieni, è pronta la merenda!-

Il bambino uscì immediatamente dal suo nascondiglio e si ritrovò in un corridoio sconosciuto. Si diresse verso la voce che lo stava chiamando ed entrò in una cucina dove una signora gli mise in mano una fetta di pane spalmata con uno strato spesso di burro e cosparsa di candido zucchero: una vera bomba calorica.
Chicco la ingurgitò velocemente, prima che qualcuno ci ripensasse e gli portasse via quell’ inaspettato ben di Dio; quindi si accorse che due bambine lo stavano osservando con gli occhi adoranti.

Fu in quel momento che Il ragazzino si guardò e non riconobbe i suoi vestiti e nemmeno le sue gambe, né le due ginocchia ossute che spuntavano dai calzoncini corti.

Cercò uno specchio in quella casa, e quando si vide riflesso, non si trovò davanti alla sua faccia e neppure a quella di suo padre da bambino, ma a un viso sconosciuto su un corpo magrissimo.
Poi studiò curioso e un po’ spaventato ogni dettaglio: occhi verdi, capelli biondicci e … orecchie a sventola, due grandi orecchie, proprio come quelle di nonno Francesco.

– Chicco, se non vuoi un’altra fetta di pane e burro, puoi scendere in cortile a giocare!-

Questo è il Paradiso” pensò Chicco, indeciso fra fermarsi a continuare quella meravigliosa merenda o cercare le scale per raggiungere la libertà in cortile.

In cortile, lo aspettava uno strano modello di bicicletta, con un bellissimo fanale e i parafanghi, ma pesantissima da spostare, e altri bambini che pedalavano in cerchio, simulando una corsa.

– Io sono Coppi –

– Io sono Bartali! –

Montando sulla bicicletta, si unì al gruppo e perse la cognizione del tempo, fino a quando la signora che gli aveva dato la merenda lo chiamò dal balcone:

– Chicco, sali a lavarti perché sta arrivando papà!-

Si precipitò in casa, con la paura di essere stato via troppo a lungo e di essersi cacciato in un vero guaio. Purtroppo, lo stava già aspettando sulla porta quella che suppose fosse la sua bisnonna Paola – che in realtà non aveva mai conosciuto – e lo dirottò in bagno.
Quando uscì, era già arrivato il bisnonno, che lo squadrò con i suoi occhi scuri.

– Come è andata a scuola oggi?-

Chicco visse un attimo di vero panico, ma per fortuna intervenne Paola:

– Il maestro gli ha dato “BENE”, e poi, appena tornato, Francesco ha svolto subito tutti i suoi compiti –

Caspita” pensò Chicco” non mi sembrava di ricordare che il nonno fosse così bravo a scuola”

Il bisnonno lo osservò soddisfatto con un leggero sorriso, gli diede una pacca sulla spalla e lo congedò.

Il bambino approfittò immediatamente del fatto che i due genitori si fossero recati insieme in cucina, per rifugiarsi nel pendolo.

Respirò profondamente e poi uscì. Con sollievo, riconobbe le voci della mamma e della zia, ancora intente in un’animata conversazione.

Leggermente stordito per la fantastica esperienza appena vissuta, Chicco le raggiunse, desiderando di poter incontrare al più presto il papà o il nonno per ottenere finalmente informazioni sullo strano dono ricevuto nel suo primo giorno di scuola.

Immagine tratta dal sito:http://valorest.blog.tiscali.it/2012/02/27/5834/
http://www.laruotagruaro.it/terza_pagina/arte/joan-miro

1. CHICCO

Mercurio passa davanti al sole
(G. Balla – 1914)

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La storia del giorno: mercoledì 10 settembre.

Dedicato a tutte le mamme ( soprattutto di maschi) per il primo giorno di scuola.

La storia cominciò.

Si avvicinava il Primo giorno di scuola di Chicco.
Papà Enrico ogni tanto lo guardava di nascosto e sospirava, mentre la mamma, una volta al mattino e una alla sera, controllava la lista degli acquisti per la scuola, annuendo soddisfatta quando arrivava in fondo.
Chicco cercava di restare in cortile a giocare il più possibile.

Venne inesorabile il gran giorno e arrivò il nonno Francesco. Si presentò quel pomeriggio e tutto il resto sbiadì.

– Ora hai l’età giusta – gli disse il nonno, dopo averlo preso da parte; gli mise in mano una scatolina bianca e aggiunse: – Deve restare un segreto fra me e te e papà Enrico.-

Con gli occhi lucidi per la curiosità, Chicco alzò il coperchio: sotto a uno strato di cotone era adagiata una strana chiavetta dorata.
Tornò a guardare il nonno:
– Grazie, è bella, ma a che cosa serve? –

– Lo capirai da solo, come abbiamo fatto io e poi tuo padre prima di te. Ora nascondila e portala sempre con te –

Dopo quattro giorni, Chicco non aveva ancora risolto il mistero del “regalo”del nonno, in compenso la scuola si era rivelata più complicata del previsto, grazie anche alle ansie della mamma.

Così quel pomeriggio, il bambino era in cerca di un nascondiglio in cui rifugiarsi per sottrarsi alle infinite raccomandazioni della mamma.
Perfettamente incastrato in una nicchia del corridoio c’era un magnifico pendolo che non aveva mai funzionato: era alto quasi fino al soffitto e dal vetro si intravedeva un complicato e affascinante meccanismo.

Chicco estrasse la chiavetta che portava sempre con sé e si accorse che la sua forma coincideva con un intarsio nell’anta dell’orologio; la infilò e la porta si aprì.
Dentro era molto più spazioso di quanto si aspettasse: aveva trovato il nascondiglio perfetto.
Si accoccolò dietro alle canne del pendolo.

Pensò al suo papà che era stato misterioso come il nonno sulla chiave: e in quel momento si sentì chiamare. Decise di sgattaiolare fuori in fretta, per non svelare alla mamma il suo nuovo rifugio, ma andò a sbattere contro a un tavolo che prima non c’era.

– Chicco ! –
Si aprì una porta e entrò una signora che assomigliava tantissimo alla nonna Carla, ma molto più giovane e con una strana pettinatura, che gli disse:

– Chicco, dove ti eri cacciato? Devi terminare il disegno per la scuola! –
E lo fece sedere davanti a un quaderno con uno schizzo appena abbozzato, mentre sul tavolo erano sparsi in confusione pastelli, gomma e matita.
– Adesso non ti alzi fino a quando non avrai finito!-

Chicco era frastornato, ma, ubbidiente, si mise all’opera: quella nuova versione della nonna lo intimoriva non poco.
A lui piaceva disegnare e in breve tempo terminò il suo lavoro.

La nonna lo guardò meravigliata:
– Ma è davvero bello, e non hai fatto cadere nemmeno un pastello, non c”è una sbavatura! Se non ti avessi visto con i miei occhi non ci crederei!-

Fu in quel momento che Chicco si guardò e non riconobbe i suoi vestiti e nemmeno le sue gambe e i suoi piedi. Cercò uno specchio in quella casa, e quando si vide riflesso, non si trovò davanti alla sua faccia e …un ricordo prese consistenza: era identico alle foto di papà Enrico alla sua età.

Spaventato corse a rifugiarsi nel pendolo. Respirò profondamente e uscì: il tavolo era scomparso e in corridoio incontrò papà che lo scrutò attentamente.

– Papà, quando eri piccolo, come disegnavi? –
Enrico esalò un gran sospiro, gli scompigliò i capelli e disse:
– Un vero disastro – e gli strizzò un occhio.