PLUF la storia.

1. PLUF.
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Una storia da raccontare, dedicata ai bambini che frignano sugli aerei.

Stavo andando a Londra e, mentre aspettavo di imbarcarmi, ho sentito le urla di una bambina, ancora ai controlli dei passaporti: ed ecco arrivare un padre frastornato con i due figli: un maschio e una femmina. Per tutto il tempo i due virgulti si sono dati il turno, senza un attimo di tregua, a improvvisare capricci, l’uno più sonoro dell’altro. Così, invece di raccontare una nuova avventura di Diana, come era nei miei programmi, ho immaginato una storia che potesse calmare quei due bambini pestiferi. La dedico a quei padri – o anche alle madri, ma i bambini in genere sono meno capricciosi se la madre é presente- che si trovano a gestire i figli urlanti durante un volo aereo.

William Turner: Mare con tempesta in arrivo.

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Nacque in una notte nuvolosa: emise il suo primo vagito e fuori iniziò a scendere una pioggerella sottile, che si interruppe non appena la sua mamma lo strinse fra le braccia.
Fu chiamato Pluf.

I suoi genitori ben presto si accorsero che ogni volta che Pluf piangeva, dopo poco le gocce cadevano dal cielo.
Per fortuna Pluf era un bambino tranquillo e raramente faceva i capricci, preferiva contrattare per ottenere ciò che desiderava.

Un giorno, però, la mamma decise di iscriverlo a un corso di ginnastica perché lo zio, scrutando attentamente Pluf, aveva osservato:
– Questo bambino cresce troppo e si muove troppo poco: deve frequentare una palestra per rafforzare i muscoli e l’ossatura! –

Il suo suggerimento sarebbe stato anche giusto, peccato che Pluf odiasse sudare.
Già al primo giorno il bimbo comprese che non è possibile saltare, piegarsi o sollevare oggetti senza grondare. La mamma ogni volta alleggeriva il suo abbigliamento, ma Pluf tornava sempre bagnato come se fosse andato in piscina.

Così, un martedì pomeriggio, Pluf si cimentò nel suo primo capriccio: quando arrivò lo zio per accompagnarlo alla lezione delle quattro, il bambino puntò i piedi e inizió a strillare. Lo zio Angelo tentò di trascinarlo con sè e allora Pluf si gettò per terra sprizzando grosse lacrime.

Lo zio era un omone grande e grosso e non si fece certo intimidire dalle urla del nipote, ma, improvvisamente, si udì un tuono, immediatamente seguito dallo scrosciare della pioggia.

Angelo aveva una grande passione: le auto decappottabili e in quel momento il suo gioiello più bello era parcheggiato in strada, completamente esposto alle intemperie.
Lo zio abbandonò il nipote recalcitrante e corse verso la sua preziosa auto per chiudere la capotte e riportarla al sicuro in garage.

Non appena Angelo si allontanò, il bambino smise di piangere e, quando lo zio ebbe ritirato la decappottabile, il sole era rispuntato in cielo.

Da quel giorno, Pluf smise le lezioni di ginnastica e iniziò i corsi di nuoto, in cambio promise di evitare i capricci.

Passò qualche anno e Pluf aveva mantenuto la sua promessa così bene, che tutti avevano dimenticato l’effetto devastante delle sue arrabbiature, fino al giorno in cui gli dissero che doveva partire, da solo con lo zio, per un paese straniero, mentre papà e mamma li avrebbero raggiunti più tardi.

Nessuno spiegò al bambino che la famiglia si sarebbe spostata per motivi di lavoro, che avrebbero avuto una nuova casa, dove sicuramente avrebbero incontrato nuovi amici e che lui doveva andare con lo zio perché i suoi genitori erano occupati nel trasloco e li attendeva un viaggio faticoso con il camion.

Nessuno spiegò niente a Pluf e Pluf si disperò.

Salutò con gli occhi bassi il papà e la mamma e andò all’aeroporto con lo zio. Scese dal taxi, passò la dogana, ma quando fu al gate, calde lacrime iniziarono a rotolargli sulle guance, mentre fuori cominciava a cadere una leggera pioggia.

Salì sull’aereo e il suo pianto si fece disperato. Il cielo iniziò a ribollire di nuvoloni sempre più neri; Pluf diede vita a un vero e proprio capriccio, e i lampi si misero a saettare intorno a loro.

Lo zio Angelo si spaventò e allora si ricordò di quando Pluf si rifiutava di andare in palestra e comprese che, se volevano partire, doveva riuscire a calmare il nipote.
– Adesso la smetti immediatamente – gli disse – altrimenti l’aeroplano precipiterà e moriremo tutti!-

Allarmato, il bambino si ammutolì, i tuoni cessarono e l’aereo decollò.

Quando raggiunsero le nubi, però, Pluf guardò giù e rincominciò a piangere e il veivolo si mise a sobbalzare per le turbolenze.
– Devi finirla di comportarti da moccioso frignone – lo scrollò lo zio.

Ma Pluf pianse più forte e gli scossoni sull’aereo si susseguirono sempre più vicini, mentre la gente incominciava ad urlare, attirando l’attenzione della hostess.
Lo zio Angelo era ormai terrorizzato:
– Se non smetti precipiteremo, moriremo tutti e sarà solo colpa tua!-

Pluf trasse dei grossi respiri, cercando di calmarsi.
A poco a poco il velivolo smise di sobbalzare, riportando il viaggio alla normalità.

La hostess si avvicinò al bambino:
– Perché piangi tanto? gli domandò – hai paura?-
– Sto partendo senza papà e mamma e non so perché.- le rispose tirando su dal naso.

Finalmente zio Angelo comprese l’angoscia del nipote e gli spiegò della nuova casa, assicurandogli che presto sarebbero stati raggiunti da tutta la famiglia, cane incluso.
Pluf si asciugò gli occhi e un timido sorriso gli comparve sulle labbra tremolanti, mentre il sole faceva capolino fra le nubi e l’aereo atterrava dolcemente.

 

2. PLUF e la lunga estate calda.
“The Road”Maurice De Vlaminck – 1926

Un bel giorno la mamma andò in ospedale e tornò con una nuova sorellina: Pluf l’adorò da subito. La chiamarono Ortica.

Ortica aveva incominciato a camminare e seguiva Pluf ovunque andasse.

La bambina aveva scoperto che Il fratello era bravissimo a imitare i versi degli animali.
– Pluf, fai il cane!-
E il maschietto abbaiava.
– Pluf, il gatto!-
E il fratello miagolava.
– l’asino!-
E Pluf ragliava.
Il gioco terminava sempre con il cavallo: Pluf nitriva, si caricava Ortica sulle spalle e la riportava al galoppo dalla mamma.

Quell’estate il caldo non dava tregua.

– Pluf, ho sete! – chiamò la bambina e il fratello arrivò con un bicchiere colmo d’acqua.
Soddisfatta dopo aver bevuto, Ortica iniziò il suo gioco preferito:

– Pluf, fai il cane!-
E il maschietto abbaiò.
– Pluf, il gatto!-
E il fratello miagolò.
– l’asino!-
E Pluf ragliò.

Quando il bambino aveva quasi esaurito la pazienza, finalmente la sorella esclamò:
– il cavallo!-

Pluf nitrì, si caricò Ortica sulle spalle e iniziò a galoppare, molto lentamente perché il caldo gli aveva fatto evaporare tutte le forze.

– Più veloce! – squittì la bambina.
Il fratello rallentò ulteriormente, asciugandosi la fronte sudata con il braccio.

– Più veloce! – insistette Ortica, afferrandolo per i capelli.
Il bambino nitrì e sospirò, chiamando a raccolta tutta la sua pazienza, ormai al limite, ma Pluf sapeva per certo che NON doveva mai alterarsi, per evitare l’effetto devastante delle sue arrabbiature.

Peccato che quella fosse l’estate più calda, anche a memoria della mamma. Peccato che Pluf odiasse sudare. Peccato che Ortica non avesse mai assistito a un capriccio di suo fratello.

– Più forte, hop, hop- strillò ancora la bambina.

Pluf si arrestò, detergendosi grosse gocce di sudore, mentre fuori iniziava a cadere una leggera pioggia.

– Non fermarti! – ordinò Ortica.

Il cielo incominciò a ribollire di nuvoloni sempre più neri.

– Forza, scendi, da brava!- Pluf cercò di controllare la sua esasperazione, ma la bimba iniziò a scalciare e a divincolarsi.
I lampi si misero a saettare rumorosi.

Arrivò la mamma di corsa, ma ormai era troppo tardi.

– Adesso basta! – esclamò il bambino e un tuono esplose fragoroso.

Ortica scoppiò a piangere.

– Smettila! – le ordinò Pluf, sempre più paonazzo.

La pioggia scrosciava fitta fitta e presto iniziarono a cadere grossi chicchi di grandine.
La mamma abbracciò forte Pluf:- Calmati, per favore!- e rivolgendosi a Ortica : – e tu, non fare i capricci! –

Ortica, stupita, spalancò gli occhi, chiuse la bocca e finalmente si zittì.

Pluf trasse dei grossi respiri e la grandine cessò.

Dalle finestre, ancora aperte, entrò una piacevole brezza.
La pioggia tamburellava lieve e la mamma strizzò un occhio ai suoi bambini: – Venite ho preparato la merenda!-

Quando arrivò il papà, bagnato fradicio, esclamò :- Finalmente un bel temporale ha rinfrescato l’aria: l’afa è sparita e la grandine è durata pochissimo, senza causare alcun danno!-

Poi, osservando le espressioni un po’ colpevoli della sua famiglia, si avvicinò a Pluf che teneva gli occhi bassi, gli diede una pacca sulla spalla e gli disse:- Ben fatto, ragazzo!-

Immagine tratta dal sito: http://en.wahooart.com/@@/6WHLEC-Maurice-De-Vlaminck-The-Road

 

 

3. PLUF, ORTICA e MIOBEL
Maurice de Vlaminck: Banks of the Seine at Chatou – 1905/ 1906.
Oil on canvas, 59 x 80 cm.
Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris.

 

Quella mattina Pluf era irrequieto: mamma e papà avevano appena annunciato a lui e a Ortica l’arrivo di un nuovo fratellino.
Il bambino sorrideva, ma le nuvole avevano iniziato a rincorrersi nel cielo.

Venne il gran giorno: papà si presentò a scuola alla fine delle lezioni, accompagnato da Ortica.
– É nato – comunicò a Pluf con gli occhi che brillavano di gioia – È un maschietto: adesso andremo insieme a conoscerlo.-
Ortica incominciò a puntare i piedi e disse:
– Io non vengo.-
– Dai, ti porto io a cavalluccio – si offrì il fratellino.
– Io volevo una sorellina! –

Pluf borbottò sospirando: se un’altra fonte di capricci fosse arrivata in casa, certamente grossi nuvoloni neri si sarebbero addensati sopra il tetto della loro abitazione, pronti a trasformarsi in temporali improvvisi, ogni volta che ed egli non fosse riuscito a tenere a bada tutta la sua esasperazione.

Giunsero in ospedale: la mamma teneva in braccio un pupo paffutello.
– Quanti capelli! – esclamò il bambino
– Ma sono rossi – puntualizzò Ortica.
Il pupo continuava a dormire.
– Com’é bravo, mamma – osservò sollevato Pluf, mentre con la coda dell’occhio controllava preoccupato la sorellina, pronta ad esplodere in un nuovo capriccio.

Lo zio Angelo entrò proprio in quel momento e sentenziò:

– Al pusè brav di ros l’ha campà so pari ‘nt’al pos. –
I bambini lo guardarono sconcertati.
– Mamma, che cosa ha detto lo zio? –
– Non fateci caso, è una filastrocca.-
– Ma che filastrocca – ribadì Angelo – È un proverbio, bambini: “Il più buono dei rossi ha buttato suo padre nel pozzo!”-

Ortica fissò lo zio, poi papà e per ultimo il nuovo nato, scosse la testa e disse:
– Andiamo a casa, io sono stanca.-
Pluf corse a baciare la mamma e le sussurò:
– Tornate presto! –

Per tutta la strada Ortica continuò a cantilenare:
– Il più buono dei rossi ha buttato suo padre nel pozzo…
Papà, vuol dire che il nuovo fratellino ti butterà nel pozzo?-
– Ma che cosa dici? Conoscete anche voi lo zio Angelo: scherza sempre.- cercò di spiegare il papà, fra una smorfia e un sospiro.

Pluf lo osservò attento: – Forse sarà lo zio a finire nel pozzo! – e tutti e tre scoppiarono a ridere.

Il nuovo bambino dormiva, mangiava e non piangeva quasi mai, con grande sollievo di Pluf, anche se vedeva la mamma un po’ preoccupata per quel figlio troppo tranquillo.

Decisero di chiamarlo Miobel.

Alla prima uscita in carrozzina, Miobel rimase incantato a guardare le foglie sugli alberi agitarsi e sussurrare.
Così la mamma prese l’abitudine di portarlo al parco: il pupo osservava con gli occhi spalancati e tendeva le piccole mani verso i rami, fino a quando, un giorno, iniziò a gorgogliare alla volta delle fronde fruscianti.

– Mamma, hai sentito: ha detto ” brumbri” – esclamò Pluf entusiasta per i progressi del fratellino.
– Miobel parla con gli alberi – iniziò a cantilenare petulante Ortica.
– È proprio buffo! – poi rivolgendosi al fratello maggiore: – Prendimi in braccio sono stanca.-
– Sei grande ormai –
Ortica, però, aveva già gli occhi umidi di lacrime e, ancora una volta, Pluf l’accontentò.

Alla sera, quando papà tornò, la bambina gli corse incontro esclamando:
– Papà, papà – e intanto lo tirava per la giacca – Miobel parla con gli alberi: è proprio buffo! Mi sa tanto che alla fine ti butterà nel pozzo davvero.
Sicuramente lo zio Angelo aveva ragione –

Le nuvole presero ad addensarsi nel cielo.

Il papà si chinò sulla carrozzina del pupo, che esclamò: “Brumbri
– Hai sentito, papà- intervenne Pluf orgoglioso- ha detto Brumbri: è così che Miobel chiama gli alberi.-
– Sì, adesso il rosso parla! – sbuffò la sorellina.
Le nuvole da bianche si fecero grigie.

Il papà prese il piccolo in braccio e lo avvicinò alla finestra.
“Brumbri, brumbri” cinguettò felice il pupo mentre le piante del viale scuotevano le chiome.
Ortica allungò le braccia:- Anch’io, anch’io voglio guardare!-

– Sali sulle mie spalle – si offrì Pluf.
– No, voglio papà- si impuntò la bambina.

Dal cielo incominciarono a cadere le prime gocce di pioggia-
– Da brava, vieni da me.-
– No!-

L’acqua ormai scendeva scrosciando.

Miobel si voltò verso la sorella, la guardò negli occhi e balbettò felice tendendole la manina.
– Piccolo mio – cinguettò Ortica, sporgendosi ad accarezzargli la mano – Quanto sei dolce! Tu mi capisci davvero – e iniziò a cimentarsi in un repertorio di smorfie buffe per farlo ridere.

Il resto della famiglia si bloccò a guardarli con un’espressione di incredulità e di gioia stampata sul volto.

La pioggia cessò di colpo fra i gorgoglii felici di Miobel e Ortica.

Dedicata a quelle persone meravigliose che con la loro capacità di ascoltare e comprendere, con le loro parole sanno confortare e calmare coloro che hanno la fortuna di incrociarle sulla propria strada.

Immagine tratta dal sito:
http://theredlist.com/wiki-2-351-861-414-1293-401-406-view-fauvism-profile-de-vlaminck-maurice.html