8. Paolo e Stefano e Dyno.

Fotografia di Giovanna Beltrame.

La storia del giorno: lunedì 18 maggio.

Era ancora un triste pomeriggio: chiusi in casa Paolo e Stefano avevano voglia di uscire, ma mamma e papà stavano lavorando.

Stefano andò alla finestra.

– Guarda, Paolo, sul davanzale, c’è una lucertola che prende il sole! –

– Chissà come mai sarà arrivata fino a qui. –

-Pensi che abbia fame? –

– Mmm… io ho ancora una fragola: l’avevo lasciata per gustarmela più tardi.- disse Paolo, mentre appoggiava il suo frutto accanto al piccolo ospite.

Il pomeriggio seguente, la lucertola tornò sul loro davanzale.

Questa volta fu Stefano a portare un pezzo di mela che aveva avanzato.

Ogni giorno di quella lunga quarantena, sempre alla stessa ora, la lucertola ritornava e Paolo e Stefano, a turno, le offrivano un poco della loro frutta che a merenda mettevano da parte.

– Tu dici che ha un nome? – domandò Paolo

– Certo, si chiama Dyno – affermò sicuro Stefano.

Sembrava che la lucertola fosse interessata davvero ai loro discorsi e ai loro giochi. Poi, quando la mamma chiamava i due fratelli per il bagno prima dei cartoni animati, Dyno scompariva.

Un pomeriggio Stefano, ad un tratto, si rabbuiò e disse:

– Chissà quando potremo di nuovo tornare al parco? Ho voglia di giocare all’aperto…Magari poteremmo fingerci uccelli e volare via…Dai prova a cinguettare, Paolo!-

Paolo ci mise tutta la sua buona volontà: 

– Cip, cip! – …ma non successe nulla.

Provò con il verso del corvo:- Cra, Cra! – …ma non successe nulla.

Stefano l’osservava attento: – Cerca di muovere le braccia come se fossero ali – …ma non successe nulla.

Paolo, rassegnato, disse :- Non ci riesco, sarà perché non so volare-

– Per quello non sapevi nemmeno nuotare, quando ti sei trasformato in rana!-

– Però so saltare benissimo – affermò Paolo, spiccando un balzo, mentre la lucertola dal davanzale non li perdeva di vista.

– Io voglio uno scivolo!- si lamentò ancora Stefano -Ti ricordi che bello lo scivolo al parco nonni?-

La lucertola immobile sembrava ascoltarli.  

Stefano stava diventando sempre più triste.

Improvvisamente la lucertola parlò. Dapprima i due fratelli non capirono e si guardarano attorno per scoprire se, innavvertitamente, avessero attivato un libro sonoro.

– Aprite la finestra – disse – fatemi entrare e sarò io il vostro scivolo!-

Paolo la guardò perplesso.

– Ma tu sei piccola! –concluse Stefano per tutti e due, allungando, però, la manina per farla scivolare nella stanza.

Appena le sue quattro zampette toccarono il pavimento, Dyno iniziò a crescere. Dapprima sembrò ingrassare: la pancia sempre più tonda sulle zampette divenute cicciottelle; quindi le cosce si fecero grandi e muscolose, e poi ancora di più, mentre gli arti superiori si accorciavano, il busto si allungava e si alzava e l’animale, che ormai occupava quasi tutta la stanza, assumeva una posizione eretta, giungendo a toccare il soffitto con il suo enorme testone.

– Salite, presto, prima che arrivi qualcuno – col muso Dyno, spinse Stefano che già si stava arrampicando su per la sua schiena scagliosa.

– Ma tu sei un dinosauro! – sbottò entusiasta Paolo.

–  A me piacciono tantissimo i Dinosauri. – puntualizzò Stefano, già in posizione per effettuare la prima fantastica discesca dalla cima del capo di Dyno fino alla punta della coda, giù sul tappeto.

– Non ditelo a nessuno: sono proprio un dinosauro, costretto a fingermi una lucertola.Tutti si spaventavano e scappavano appena mi vedevano; così ho imparato a farmi piccolo piccolo. Una lucertola non fa paura a nessuno… Ma quanto noiose sono le lucertole! –

– E’ per quello che tutti i giorni vieni alla nostra finestra? Perchè ti annoi? –

– Voi mi piacete, mi fate divertire e in più mi offrite sempre un po’ della vostra merenda –

Intanto ora era Paolo ad arrampicarsi su per le scaglie.

Dyno rideva felice assieme ai due fratellini, mentre salivano e scivolavano giù per la sua schiena, ma ben presto il suo vocione roco fece allarmare la mamma.

– Paolo, Stefano, venite subito a prendere lo sciroppo –

– E’ buonissimo – disse Paolo – sa di lampone.Torna ancora, domani, te ne daremo un po’-

Dyno iniziò a rimpicciolire fino a quando Stefano lo prese in braccio e lo appoggiò sul davanzale, salutò i suoi amici e ritornò a essere una piccola lucertola al sole.

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3. Gocciolino, Gocciolotto, Paolo e Stefano.

Fotografia di Giovanna Beltrame

La storia del giorno: 11 aprile

Gocciolino e i suoi amici stavano cercando di prendere la forma di una paperella, sotto l’occhio attento di Gocciolotto:

– Su con quel becco, non siete mica un’aquila! –

-Bravi, ora va bene …ma tu Candido, scendi di lì, il codino deve essere corto, siete in troppi: raggiungi Bianchina sull’ala! –

Si stavano divertendo tantissimo, quando si udì risuonare un forte fischio:

– Attenti: vento in arrivo! –

Gocciolotto afferrò Gocciolino e tutti i nuvolini si affrettarono a raggiungere le loro famiglie.

– Presto, presto – li richiamò la mamma di Gocciolino – venite qui: stringiamoci forte; manca qualcuno? –

Le famiglie dei nuvolari erano molto, molto numerose, ma all’appello erano presenti tutti quanti: nonni, genitori, zii, fratelli e sorelle, cugini e cugine.

Il vento iniziò a soffiare sempre più potente e la formazione soffice e tonda cominciò ad allungarsi, mentre veniva trasportata nel cielo.

– Che bello! Stiamo andando velocissimi! – urlò Gocciolino.

– Nube grigia in vista! – Un cugino nuvolotto che era di vedetta diede l’allarme- Pronti alla virata! –

Tutta la famiglia tentò di ricompattarsi e deviare per non incrociare la nuvola grigia. Si presero per mano stretti stretti, ma il nembo più scuro si avvicinò ancor più veloce, cercando lo scontro.

Gocciolino, come sempre in cerca di avventure, si sganciò dalla mamma e dai suoi fratelli, sporgendosi per toccare i nuvolotti scuri che ormai li stavano sfiorando.

Cadde e, mentre cadeva, si sentiva trasformare in pioggia.

Dietro di lui, pronto, Gocciolotto si lanciò in salvataggio e insieme precipitarono verso la terra.

Paolo e Stefano erano alla finestra, chiusi in casa ad osservare il cielo sempre più grigio.

– Guarda Paolo, come si spostano veloci le nubi –

Stanno per scontrarsi! Ecco…no: quella bianca è riuscita a deviare.-

– Ma… si è staccato qualcosa! –

– Inizia a piovere. –

I due fratellini erano con il naso appiccicati al vetro.

Gocciolino e Gocciolotto agganciati continuavano a scendere.

– Gocciolino, vedi anche tu quei due bambini alla finestra? – disse il nuvolotto al fratellino – Dirigiamoci lì –

– Stefano, non ti sembrano strane quelle due gocce di pioggia attaccate ? –

– Stanno arrivando proprio da noi –

– Presto, prendi un bicchiere, Paolo; io apro la finestra. –

I bambini depositarono il bicchiere sul davanzale e …splash Gocciolino e Gocciolotto ancora avvinghiati atterrarono nel recipiente.

Il vento fuori smise di fischiare e il sole fece capolino fra le nubi.

Paolo e Stefano videro un raggio colpire il bicchiere e le due gocce di pioggia trasformarsi davanti ai loro occhi. Lentamentedivennero trasparenti, catturando i colori dell’arcobaleno e piano piano iniziarono a sollevarsi, leggere leggere.

– Gocciolino, arrampicati sul raggio di sole, torniamo a casa! – mentre parlava, Gocciolotto si voltò a guardare i due bimbi che li avevano salvati, catturò un bagliore di luce e mandò loro un bacio.

– Paolo, guarda, stanno volando via! –

– Certo – rispose Paolo – stanno tornando dalla loro mamma che li accoglierà con tanti bacini –

3.PAOLO E STEFANO e la scatola misteriosa.

Fotografia di Giovanna Beltrame

La storia del giorno giorno: giovedì 2 aprile

Paolo e Stefano erano ancora rinchiusi in casa, senza potere uscire.

Sul pavimento giacevano mattoncini di costruzioni, pezzi di plastilina colorati, fogli, pastelli, pennarelli, macchine, stickers, tutto in un’allegra confusione.

Stefano stava facendo viaggiare a tutta velocità la sua automobilina preferita del momento, mentre Paolo stava frugando dietro la libreria.

– Che cosa cerchi? – gli domandò Stefano senza alzare gli occhi dalla pista su cui correva il suo giocattolo.

– Quando ero topino Paolo, sono riuscito a infilarmi in un angolo qui in fondo e mi sembra di avere visto una scatola di costruzioni ancora chiusa. –

Stefano raggiunse il fratello: – Dove? –

– Lì – Paolo indicò dietro la libreria, sommerso dai volumi, un oggetto misterioso.

Stefano fu veloce a allungare il braccio, protendendosi fino a toccare e afferrare un involucro di cartone.

Era una scatola molto ma molto strana, un po’ ondulata e ruvida e non aveva nessun disegno illustrativo.

– Come fai a dire che dentro ci sono mattoncini da costruire? – domandò Stefano.

– L’avevo toccata con i miei baffetti da topo – rispose Paolo – Dai, apriamola! –

Uno dopo l’altro uscirono dei pezzi coloratissimi.

– Che cosa ti sembra? –

– Sicuramente un’astronave – affermò deciso Stefano che aveva già incominciato ad assemblarne i pezzi.

– Io costruirò un razzo, guarda, qui c’è la scaletta per scendere – disse Paolo, osservando attentamente.

Stefano fu il primo a terminare e, nel momento in cui posizionò l’ultimo pezzo, gli parve di vedere degli omini piccoli come formiche affaccendarsi per tutta l’astronave; poi, improvvisamente, l’astronave decollò e si mise a volare sopra la sua testa.

Paolo nel frattempo stava mettendo a punto il motore di lancio e alzò gli occhi per guardare l’astronave del fratello che, con un’abile manovra, riuscì a evitare il lampadario. Quindi il bambino ritornò rapido al suo lavoro.

Quando non rimase alcun mattoncino, con un botto il suo razzo partì verso il soffitto, per poi curvare e infilarsi dentro la cappa dal camino.

I due fratellini corsero per vedere dove fosse finito, ma ecco, rombando, il razzo ridiscese, fino a schiantarsi sul divano. Poi, come se niente fosse, ripartì verso l’alto.

– Come facciamo a riprenderli? – domandò Stefano, saltando inutilmente a braccia alzate.

– Guarda come volano, sono bellissimi! – disse Paolo, iniziando anch’egli a saltare.

– Bambini, che cosa state combinando, che cos’è tutto questo fracasso? – la mamma era già arrivata vicino alla porta.

Nel momento in cui il primo piede della mamma fece capolino nella stanza, con un tonfo l’astronave e il razzo atterrarono a gran velocità dentro alla loro scatola. Stefano prontamente prese il coperchio, la richiuse e la nascose dietro la libreria.

10. GALILEO e ISACCO e la notte del 10 agosto

Le stelle di Vincent Van Gogh
Vincent Van Gogh: La Notte Stellata sul Rodano
Olio su tela; 72,5 x 92 cm
Musée d’Orsay, Parigi

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La storia del giorno: lunedì 11 agosto.

Il papà di Marina finalmente aveva raggiunto la sua famiglia in vacanza: era partito dopo una lunga giornata di lavoro e, poichè era molto tardi, la prese in braccio e la accompagnò a letto. Poi, tenendole la mano, si mise a raccontare una nuova avventura di Galileo e Isacco.
La storia cominciò.

Il pomeriggio del giorno dopo la partita, Isacco e Galileo cercarono il loro nuovo amico.

-Non sappiamo nemmeno il suo nome – considerò Isacco mentre, appena sceso in spiaggia, si guardava intorno.

– Ieri sera era buio, riusciremo a riconoscerlo? –

Poi se lo trovarono davanti all’improvviso: usciva da una cabina, trascinando un materassino blu e rosso.

Spalancò gli occhi:
– Che bello, esistete davvero!- sorridendo si chinò a raccogliere il bordo del cuscino che gli era sfuggito di mano.
– Io mi chiamo Roby, quello é il mio ombrellone – indicò due sdraio in prima fila.

– Quella signora che si sta sbracciando per attirare la nostra attenzione, invece, é nostra zia Lori. – spiegò sconsolato Galileo.

– È stato grandioso ieri sera- continuò quasi senza riprendere fiato Roby – purtroppo domani partirò per un campo estivo, ma tornerò ad agosto, voi ci sarete ancora?-

– Sì, passiamo l’estate sempre a casa della nostra nonna Lena che abita qui.-

Si avvicinava la notte del 10 agosto.
Per tute le vacanze Isacco e Galileo, inattesa di realizzare il loro personale cielo stellato per San Lorenzo, avevano mangiato a colazione unicamente i biscotti in promozione con la bustina di stelle dorate in omaggio.
(Cfr https://lastoriadelgiorno.com/2014/03/29/3-isacco-e-galileo-e-le-stelle-dorate/)

– Siamo solo noi due, come faremo ad appanderle tutte in una notte? – si domandava sconsolato Galileo.

– Possiamo coinvolgere Roby –

– Così saremo in tre: non cambierà molto!-

In spiaggia il loro amico non era ancora tornato, anche perché continuava a piovere; così quella sera i due gemellini si presero per mano, si concentrarono intensamente su Bobby e chiusero gli occhi.
Quando li riaprirono, ancora una volta, si trovarono davanti al loro amico che, tutto solo, stava seduto sul letto a sfogliare un giornalino.

– Che bello, siete arrivati: pensavo proprio a voi. –

– Sei tornato: non ne eravamo sicuri. Sei in casa da solo?-

– Sono qui da ieri – mostrò il suo sorriso parzialmente sdentato – Non preoccupatevi, i miei genitori stanno giocando a carte con i loro amici e non ci sentiranno!-

– Non possiamo fermarci molto: la mamma fra poco andrà a controllare se stiamo dormendo.-

– Fra qualche giorno sarà la notte delle stelle cadenti…- iniziò Isacco

– Caspita, conoscete un sacco di cose su quello che accade in cielo- lo interruppe Roby, non ancora del tutto convinto che Isacco e Galileo fossero due bambini reali e non il frutto della sua immaginazione.

– e noi abbiamo scoperto come si fa a fare le stelle cadenti…( cfr https://lastoriadelgiorno.com/2014/04/04/4-galileo-e-isacco-e-la-maestra/ )

– Cioè – puntualizzò Galileo – noi pensavamo di appendere le stelle in cielo per sempre…-

– ma la sera dopo sono cadute tutte-

Roby li ascoltava annuendo di tanto in tanto.

– E abbiamo bisogno del tuo aiuto-

– Di me? – domandò incredulo e lusingato Roby.

– Sì perché da soli non ce la facciamo a incollare tutte le stelle che siamo riusciti a mettere da parte.-

– Incollare? –

– Certo, di colla ne abbiamo in quantità, la zia Lori ne usa a quintali…
Ci mancano volontari per aiutarci ad appiccicare tutte le stelle in una sola notte. –

– E quando dovrebbe essere? –
– Sabato sera-
– questo sabato?-
Isacco e Galileo annuirono in copia.

– Bisogna assolutamente rimandare di qualche giorno, per ferragosto penso di riuscire a organizzarmi…-

-La mamma!- si ricordò ad un tratto Isacco
– Dobbiamo tornare immediatamente !-
– Tu, intanto, pensaci-

Roby non fece in tempo a rispondere che i due gemelli si erano presi per mano, avevano chiuso gli occhi ed erano scomparsi.

Immagine tratta dal sito:
http://associazionecassini.wordpress.com/2011/08/16/le-stelle-di-vincent/

Romeo, Aria, Queen e Dog

18. ROMEO, ARIA, Queen e Dog

Andrew Wyeth: Wind from the Sea (detail)
Tempera on hardboard – 1947
47 cm × 70 cm (19 in × 28 in)
National Gallery of Art, Washington DC

La storia del giorno: lunedì 11 maggio.

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La storia cominciò.

Aria era preoccupata:

– Romeo, credi che Queen tratterà bene il suo criceto? –

– Perché non dovrebbe? Ha sempre desiderato un animale tutto suo-

– Appunto – la bambina inclinò il capo pensierosa – ho paura che lo consideri solo come un giocattolo nuovo –

– So già quello che vuoi da me: la risposta è NO –

Aria si limitò a guardare il fratello con un sorriso.

– Lo capisci anche tu – iniziò a giustificarsi Romeo – non posso andare a controllare: è troppo complicato. Fa ancora freddo, le finestre sono chiuse e …

– C’è una siepe che separa la strada dal giardino di Queen – lo incalzò la sorellina – potremmo nasconderci lì, mentre tu ” fai il botto“.-

– No, oggi proprio non se ne parla! –

Aria tornò a sfogliare il suo libro, apparentemente convinta dalle argomentazioni del fratello.

Sabato pomeriggio finalmente il sole brillava alto in cielo e l’aria tiepida entrava dalle finestre spalancate.

Aria si accoccolò in braccio a Romeo e con un gran sorriso esordì:

– Oggi è proprio il giorno giusto, non ti sembra? Potremmo uscire a fare due passi.-

– Non ti arrendi mai, vero? – Romeo le scompigliò i capelli.

Insieme si diressero verso la casa di Queen.

– Hai visto? Anche qui hanno aperto tutte le finestre! Vieni, nascondiamoci dentro alla siepe!-

Si accoccolarono vicini, completamente celati dal fitto fogliame. Allora Romeo si concentrò …sentì un gran botto e si trovò proprio davanti alla gabbia del criceto e in un attimo …fu il criceto.

Si guardò intorno in cerca di Queen. Tutto era enorme e distorto.

C’era una grande porta bianca socchiusa. Il topolino si sporse per capire che cosa ci fosse oltre, ma le sbarre gli impedivano la visuale.

Avvertì i suoi baffi muoversi frementi per la frustrazione.

Si arrampicò sulla ruota che immediatamente si mise a girare, facendolo cadere impacciato sulle quattro zampe.

Di Queen non c’era nessuna traccia e Romeo decise di partire in perlustrazione.

Cercò lo sportello della gabbia e spinse forte con il muso.

– Dove pensi di andare, furbetto?-

Il criceto squittì per lo spavento, mentre il cuore gli rombava nelle orecchie: Queen lo stava osservando e i suoi occhi erano due grandi palle severe.

– Volevi scappare, vero? – lo incalzò la bambina protendendo un dito attraverso le sbarre.

Romeo d’istinto tentò di indietreggiare.

– Sei il mio piccolo furfante – continuò Queen mentre il suo indice aveva raggiunto il morbido collo del criceto e aveva iniziato a grattarlo.

– Vuoi un po’ di coccole, mio tenero Dog?- aggiunse dolcemente.

Adesso Romeo voleva veramente scomparire.

La bambina dai capelli lunghi aprì la gabbia e afferrò con attenzione l’animaletto.

Romeo decise di scappare: non poteva certo permettere che Queen gli grattasse la pancia o, peggio ancora, lo riempisse di umidi bacini.

Scivolò veloce fra le sue dita che lo stringevano delicatamente e si catapultò sul pavimento.

– Accidenti, saltelli come una rana! – esclamò la bambina, cercando di catturarlo.

Romeo, intanto era alla ricerca disperata di un nascondiglio in quella stanza che gli appariva gigantesca; si infilò, perciò, sotto al letto.

– Oggi sei proprio un birbante – e il criceto, mentre si rifugiava in un angolo, vide spuntare la mano protesa di Queen.

Ancora una volta l’animaletto, con un balzo, riuscì ad evitare di essere preso.

– Sai, mi ricordi il ragazzo che questa estate ha vinto il campionato di salto in lungo –

Il criceto cercò di raggiungere la sicurezza della sua gabbia.

– Si chiama Romeo e ha una buffa sorellina –

Il topolino si immobilizzò.

– Ti ho preso! – proclamò raggiante la bambina.

Proprio in quel momento, nascosta ancora nella siepe, Aria toccò la spalla del fratello che, con un sospiro di sollievo, uscì dal nascondiglio trascinando la sua complice velocemente verso casa.

– Raccontami tutto – esordì Aria appena raggiunsero il loro giardino.

– Non chiedermi mai più di ritornare – sbottò Romeo – Il criceto sta benissimo –

– Ma… – tentò invano di insistere la bambina

– Ripeto, Doc è al sicuro con Queen – poi, per farla tacere, la prese sulle spalle e al galoppo la portò in cucina, dove la mamma aveva preparato la merenda.

14. ISACCO E GALILEO e la zia Lori.

Claude Monet – Marine, Pourville

La storia del giorno: martedì 14 aprile.

La storia cominciò.

Galileo si era ammalato, proprio durante le vacanze di Pasqua al mare.

Quando la zia Lori si offrì di portare Isacco a fare un giro in barca con lei, Galileo si sentì meno triste per essere costretto a non uscire per colpa dell’influenza, anzi fu quasi felice di rimanere in casa in compagnia della nonna.

Isacco cercò in tutti i modi di declinare l’invito, ma la zia non volle ascoltare ragione.

– Zia, se prendo freddo, poi potrei ammalarmi come Galileo…anzi, sono quasi sicuro di avere l’influenza in incubazione; davvero, è meglio che io stia a casa! Tu vai pure, però. –

– Assolutamente non se ne parla, hai bisogno di respirare iodio: che cosa c’è di meglio di un giro in barca?

Porteremo una merenda al sacco e staremo fuori fino a quando ci sarà luce, così non rischierai di essere contagiato da tuo fratello.-

Galileo se la rideva sotto i baffi, mentre Isacco, dopo essere stato infagottato in strati di maglioni e ricoperto da un impermeabile, nonostante il sole brillasse nel cielo, si avviava verso la spiaggia per mano a zia Lori.

– Remerò fino a una caletta che conosco solo io, vedrai!-

Isacco, troppo bene educato per sbuffare, abbassò la testa, lasciandosi trascinare fino alla barchetta a remi.

La baia era nascosta dietro a uno scoglio: approdarono su una spiaggia sassosa, talmente minuscola che il bambino non si stupì venisse frequentata solo dalla zia.

Una volta tirata in secco la loro imbarcazione, rimase solamente un angolo in ombra, dove Lori stese una stuoia e si mise a sferruzzare.

Per fortuna dopo poco Lori decise di estrarre la borsa delle vivande e i due si misero a mangiare in silenzio.

Quando terminarono, la zia ripose tutto in ordine e sistemò il frigo portatile, assieme alla sua borsetta e al suo preziosissimo lavoro a maglia, sul fondo della barca.

Poi sospirò e si rivolse al nipote:

– Adesso fa il bravo, respira a fondo quest’aria meravigliosa, mentre io mi concederò un sonnellino prima di ritornare –

Quindi si sdraiò sulla stuoia con un asciugamano piegato per cuscino e dopo poco iniziò a russare.

“Galileo, la zia dorme!” Isacco non perse tempo e si mise in contatto con il gemello a casa.

Davvero? Non lo ha mai fatto quando ci sono io: continua a dirmi: – Galileo, non tirare i sassi, non bagnarti i piedi…- una vera angoscia!”

“Dovresti vedere, questa spiaggia è un vero buco: non c’è niente, anche i sassi sono tutti grigi e uguali!”

” Prova ad andare in esplorazione”

” La zia e la barca occupano praticamente tutto lo spazio disponibile: ho deciso, mi arrampicherò sugli scogli alle spalle del mare”

Così Isacco partì alla scoperta delle rocce.

” Ho trovato un laghetto” comunicò poco dopo al fratello malato. “Adesso lo assaggio… è salato: è acqua di mare”

” Ci sono i pesci?”

” Ma no, è piccolissimo: è solo una pozza d’acqua. Chissà come avrà fatto il mare a finire così in alto?”

Isacco non si avvide dello scorrere del tempo e improvvisamente fu riscosso da un urlo della zia.

” Galileo, la zia si deve essere svegliata e non mi ha trovato, anche se sono appena qui sopra lo scoglio. Sarà meglio che mi faccia vedere al più presto” e scivolò veloce come un capretto verso la spiaggia.

– Sono qui zia, alza gli occhi –

Ma Lori continuò ad urlare.

Allora Isacco guardò giù e vide la zia già fradicia, mentre il mare si era sollevato in onde sempre più minacciose.

La barca era scomparsa con tutto il suo carico.

– Zia vieni, arrampicati anche tu: è facile!- e le tese la mano, costringendola a voltarsi verso di lui.

” Galileo, devi aiutarci: vai dallo zio Pio e cerca di convincerlo a cercarci: mentre la zia dormiva le onde si sono portate via la barca con tutte le nostre cose e adesso la spiaggia è quasi completamente sommersa!”

Poi Isacco si rivolse a Lori:

– Vedrai, zia, verranno a prenderci non appena si accorgeranno che il mare è cambiato. Zio Pio conosce questa caletta?-

– Sono troppi anni che non ci viene: preferisce andare a pescare al largo – borbottò sconsolata.

– Quando siamo partiti ci siamo diretti a destra o a sinistra?-

– Si dice levante – lo corresse la zia che, nonostante la paura, non aveva rinunciato all’abitudine di puntualizzare sempre, a torto o a ragione.

Isacco “ lo contattò Galileo “la nonna si è accorta che il mare si è ingrossato e lo zio Pio sta per venirvi  a cercare!”

“Digli che hai sentito la zia mentre mi raccontava che saremmo andati in una caletta conosciuta solo a lei, verso levante!”

“Tieni duro, sta arrivando!”

Zia Lori si era appollaiata sullo scoglio, con i capelli che le colavano lungo il viso.

Isacco le strinse la mano:

– Zia stai tranquilla, mio fratello era con noi quando mi hai informato della spiaggetta.

Guarda: mi sembra di vedere il gozzo da pesca dello zio che sta arrivando!-

Dopo poco entrambi erano riusciti a salire a bordo, bagnati e con le mani un po’ spelacchiate, ma al sicuro.

Lori sedeva rigida in un angolo, senza rivolgere la parola a suo marito, mentre Isacco chiacchierava fitto fitto con lo zio.

Quando finalmente arrivarono a casa, la zia Lori si diresse impettita verso Galileo e gli disse:

– Per questa volta la passerai liscia, ma guai a te se ti troverò ancora a origliare le mie conversazioni! – quindi si diresse verso la sua camera, richiudendo la porta dietro di sé.

 Immagine tratta dal sito: http://www.dietrolequinteonline.it/claude-monet-impressioni-di-vita/

13. DUE DENTI e ROSSA nella bolla piovosa

William Turner: NORTHAM CASTLE, ALBA -1845 circa
Olio su tela cm. 91 x 122
Tate Gallery di Londra

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La storia del giorno: giovedì 17 luglio.

Marina era stanca di camminare: voleva essere presa in braccio, ma ormai era troppo grande. Così la mamma, tenendola per mano, si mise a raccontarle una nuova avventura di Due Denti e di Rossa.

La storia cominciò.

Due Denti si svegliò di colpo, con la sensazione che Rossa fosse nei guai.
Uscì dalla sua bolla-nanna e individuò la piccola ribelle nell’attimo in cui, spingendo con la forza congiunta di mani e piedi, deformava il bordo della sua bolla-nanna fino a trovare un varco e scappare.

La bambina si accorse di essere seguita e, velocemente, tentò di infilarsi nella bolla da esercitazione.

Incontrò, però, una forte resistenza da parte della parete trasparente, che cedette solo quando, senza farsi scorgere, Due Denti con un sonoro “plop” entrò a sua volta nella bolla dal lato opposto e si andò a nascondere.

Osservò la bambina prendere un oggetto dorato, nascosto fra i suoi capelli rossi, mentre si udiva diffuso il suono cadenzato del timpano.

Improvvisamente, partirono le note del basso e tutto fu buio.

– Non si vede più… ti prego, non un’altra volta – si lamentò Rossa – Sono sola e non ho nemmeno il mio fermaglio rosso!-

Un colpo di grancassa e un lampo squarciò le tenebre: iniziò a scendere una pioggia battente e in un attimo Rossa ne fu zuppa.

– Almeno ora ci vedo – si fece coraggio la bambina, scostando una ciocca di capelli fradici dagli occhi e guardandosi intorno:
– Però con questo tempaccio non si può proprio volare – aggiunse, ammirando le minuscole ali dorate che teneva in mano.

Strofinò le ciglia umide di pioggia e le parve di scorgere un castello in lontananza.

– Ecco, se riesco ad arrivare fino là, starò all’asciutto –

Strinse forte nel pugno le piccole creazioni di Senape e con un sospiro si avviò sguazzando nel terreno fradicio.
Ogni tanto alzava gli occhi, ma, anche se si sentiva sempre più stanca, la sua meta non si avvicinava; anzi, fu quasi certa che un animale sbucato dal nulla la stesse guardando con un sogghigno.

– Non piangerò – si ripeteva a voce alta la bambina – tornerà il sole e volerò con le ali di Oro –
– Non piangerò, tornerà il sole e volerò con le ali di Oro –
A poco a poco la sua cantilena si trasformò in un ritornello.
– Ecco, farò la danza del sole! – sbottò, folgorata dalla sua intuizione: – farò la danza del sole e la pioggia cesserà –

Si fermò di botto e con la sua vocina stridente iniziò a cantare al ritmo degli strumenti in sottofondo, accompagnando la musica agitando le braccia e saltellando qua e là.

– Non piangerò – cantava – tornerà il sole e volerò con le ali di Oro – e intanto girava e ballava.

E Il sole spuntò e fu l’alba dopo la pioggia.

Rossa aprì il pugno che custodiva le piccole ali.

– Dove le hai prese? – le domandò Due Denti, uscito dal suo nascondiglio.

– Me le ha regalate Oro, davvero – rispose Rossa, mentre, spaventata, cadeva nel fango.

– Dammi le ali, ti aiuterò a mettertele –

– Davvero? – gli chiese Rossa, scrollandosi la terra di dosso :
– Non mi hai nemmeno detto che sono stata BRAVA: non ho pianto e sono riuscita a mandare via la pioggia –

– Non ti ho nemmeno sgridato per essere scappata…-

La bambina divenne ancora più rossa.
Due Denti le prese delicatamente i piccoli oggetti d’oro e glieli posizionò sul spalle.

– Vieni – le disse e, senza alcuno sforzo, si sollevò, tenendola per mano.
Insieme si alzarono in volo fino a sfiorare il castello di pioggia.

Quando furono stanchi, Due Denti le tolse le ali e le rimise fra i suoi capelli, poi la riportò nella sua bolla-nanna, si impossessò della propria e finalmente tornò a dormire.

Immagine tratta dal sito: http://sauvage27.blogspot.it/2010/10/norham-castle-alba-1845-circa-william.html

8. GALILEO E ISACCO al mare

VASSILY KANDINSKY
Bleu de ciel (Azzurro cielo) 1940
Olio su tela, cm 100 x 73
Donazione Nina Kandinsky, 1976

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La storia del giorno: venerdì 30 maggio.

La mamma di Marina era andata a teatro e, ancora una volta, quando fu ora di dormire, senza nemmeno farsi pregare, il suo papà, dopo averle rimboccato le coperte, si mise a raccontare di Isacco e Galileo.

La storia cominciò.

Era una bella mattina di sole, Isacco e Galileo erano finalmente in vacanza e la mamma li aveva accompagnati in spiaggia.

I due gemellini, indossati i costumi, corsero fino in riva e, lentamente, iniziarono a inoltrarsi in acqua. Il mare si stendeva davanti a loro placido e blu come il cielo di notte.
Dopo poco stavano galleggiando vicini alla mamma.

– Galileo, è bellissimo: mi sento leggero leggero …
– …se allargo le braccia e chiudo gli occhi…
-…è come volare…

– Perché non proviamo a nuotare sott’acqua?
– Mamma possiamo?-
– Se state attenti a non allontanarvi e a dirigervi sempre verso riva …e, mi raccomando, tenete gli occhi aperti anche se bruciano!-

Dopo i primi tentativi infruttuosi, finalmente riuscirono a sfiorare il fondo sassoso.
L’acqua è più fredda qui sotto”
” Anche il cielo di notte è freddo”

Spalancarono gli occhi e in un attimo il sopra divenne sotto e il mare divenne cielo.
Il sole era pallido come una luna.

Guarda i sassi risplendono”
“A me sembrano stelle!”
“Stiamo volando! “
“Ma è notte”

” Il sotto è diventato sopra, il giorno è diventato notte, l’estate è diventata inverno, il mare è diventato cielo” I due bambini udirono distintamente la voce della maestra Paola nella loro testa…

Ecco perché ho tanto freddo”

“Immaginati di indossare qualcosa di caldo” intervenne ancora la voce della loro insegnante.

Galileo, io sono in tuta da sci e sto benissimo”
“Incomincia a nevicare!”
Candidi fiocchi scendevano accanto a loro, mentre i due bambini volavano nel cielo invernale, cercando di raggiungere le stelle.

“La mamma!” si ricordò ad un tratto Isacco
“Sarà preoccupatissima”

Immediatamente il loro mondo si capovolse ancora una volta e i due bambini si ritrovarono senza fiato a nuotare, spingendo con i piedi verso l’alto, per emergere.

Sbucarono proprio accanto alla mamma che, tranquilla, stava chiacchierando. Appena gli occhi dei due gemelli smisero di bruciare per la salsedine, si accorsero che la persona accanto alla mamma era la loro maestra Paola.

Service de la documentation photographique du MNAM ‐ Centre Pompidou, MNAM‐CCI
© Centre Pompidou, MNAM‐CCI / Service de la documentation photographique du MNAM / Dist. RMN‐ GP
Immagine tratta dal sito: http://www.kandinskymilano.it/gallery/

12. ROMEO E ARIA e gli allenamenti

Maurice de Vlaminck: The Blue House – 1906
Oil on canvas
The Minneapolis Institute of Arts
Bequest of Putnam Dana McMillan

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La storia del giorno: venerdì 9 maggio.

Venerdì pomeriggio Giovanni, tornando da scuola in bicicletta, era caduto e il suo orgoglio ne era uscito un po’ ammaccato.
Terminato di sparecchiare, il papà decise di dedicargli la serata e, dopo avere giocato, lo accompagnò a dormire, raccontandogli una nuova avventura di Romeo.

La storia cominciò.

Romeo, seduto sulla panchina nel cortile della scuola, stava aspettando il suo turno per cimentarsi nel salto in lungo e ascoltava con agitazione crescente le istruzioni dell’insegnante di educazione fisica.

Enrico, già al primo tentativo, aveva migliorato il suo record dell’anno precedente.

Romeo cercò di concentrarsi, partì con la rincorsa e, nel momento in cui stava per toccare l’asse di battuta, sentì nelle sue gambe la medesima spinta esercitata quando da rana era scappato fra i cespugli nel parco di Queen.
Per un attimo ebbe paura di udire il gran botto ma, fortunatamente, si ritrovò ancora nel suo corpo di ragazzo, in ginocchio nella sabbia, con l’istruttore che misurava il suo salto.

– Romeo, sei migliorato tantissimo, non credo ai miei occhi! Per favore, vuoi riprovare?-

I suoi compagni smisero di chiacchierare, per guardare la prestazione di Romeo, che non aveva mai brillato in nessuno sport.
Ancora una volta, il ragazzino si concentrò e balzò.

– Non mi ero sbagliato, sei diventato davvero bravo! Dimmi: ti sei allenato in palestra?-
– No, nel mio giardino.- fu la pronta risposta.
– Continua così e sarai fra i prescelti a rappresentare la nostra squadra nei giochi sportivi fra tutte le scuole della città. –

Nel pomeriggio Romeo raggiunse Aria vicino alla fontana.

– A giugno ci saranno i campionati di atletica- le disse
– Sicuramente verrà anche Queen, perché partecipano tutte le scuole-

Aria continuava a disegnare nella terra con un bastoncino.

– Forse mi faranno gareggiare nel salto in lungo-

Finalmente la bambina alzò gli occhi e lo guardò

– Però mi devo allenare-

Aria lo fissava immobile.

– Mi serve ancora la rana-

Aria inclinò il capo per studiarlo meglio.

– Il tempo trascorso come se fossi un anfibio, mi ha insegnato a potenziare i miei salti-

Romeo abbozzò un timido sorriso:- Devo riprovare, fino a imparare a perfezione la tecnica per spingermi più lontano.-

– Perché no? – ci fu una lunga pausa – Potresti anche iscriverti ai 100 metri di corsa: ti basterebbe passare un po’ di tempo come lepre..- e finalmente la bimba scoppiò a ridere, subito imitata dal fratello.
– Oppure cimentarti in piscina…-

– 200 rana? Dai, non posso trasformarmi di colpo in uno sportivo modello!-

– Chiederò alla solita rana se si offre volontaria per i tuoi allenamenti.- e Aria allungò le manine per farsi prendere in braccio.

Immagine tratta dal sito: http://www.artsconnected.org/toolkit/encyc_balanceother.html