15. ISACCO e GALILEO e la luna rossa.

      La storia del giorno: mercoledì 30 settembre.
      La storia cominciò.

Il papà di Isacco e Galileo era partito.

Era salito su un aereo, dopo avere abbracciato a lungo la sua famiglia schierata al completo ed essere stato inghiottito dal serpentone della coda ai controlli doganali.

Papà doveva restare tanto tempo all’estero per lavoro, almeno per sei mesi, aveva spiegato, ma i due gemelli i non avevano idea di quanto fossero sei mesi.

– Fino a Natale ?- aveva domandato Galileo

– Tornerà per Natale – li aveva rassicurati la mamma – ma poi dovrà ripartire –

Isacco e Galileo non si persero d’animo.

Comprarono i biscotti e , ancora una volta, appesero le stelle al cielo.
La notte seguente si misero alla finestra e, guardandole cadere, espressero il desiderio che papà tornasse.

Aspettarono un giorno dopo l’altro che papà al telefono annunciasse il suo rientro, ma, dopo una settimana, compresero sconsolati che il loro trucco non aveva funzionato.

– Ci manca – confidavano ogni sera al cielo stellato.

Finalmente, durante la prima notte di luna piena, a Galileo venne un’idea.

– Isacco, perché non andiamo NOI a trovare papà?-
I due gemelli si presero per mano, chiusero gli occhi e si concentrarono intensamente sul loro papà…ma non successe niente.

– Perché non ci siamo mossi dalla nostra camera? – sospirarono in coro.

– Magari papà non ha tempo per noi…- dubitò pensoso Isacco

– Non pensarlo nemmeno! – sbottò Galileo – Abbiamo sicuramente sbagliato qualcosa!: 1) papà non ci aspetta 2) non abbiamo nessun appuntamento con lui 3) non conosciamo il suo indirizzo 4) non siamo mai stati dove abita adesso –

I due gemelli tornarono a guardare la luna, sperando in un’ispirazione… e la luna cambiò sotto ai loro occhi.

– Isacco, hai visto anche tu? la luna è rossa! Presto, va’ a prendere il valigione bianco, così andremo su a controllare! –

– Il valigione bianco! – sussultò Isacco – Non c’è tempo ora di andare sulla luna, useremo il valigione bianco per raggiungere papà!-

Isacco non riuscì nemmeno a terminare la frase, che già Galileo si era intrufolato nello sgabuzzino e stava tirando con tutte le sue forze per il manico la valigia incriminata.
Insieme la trasportarono in un angolo tranquillo, la aprirono e si accomodarono dentro: uno di fronte all’altro, a gambe incrociate.

– Ecco qua, sei pronto?-

I gemellini si ritrovarono, ancora seduti sul fondo del loro personalissimo mezzo di trasporto, in una camera sconosciuta, illuminata unicamente dalla medesima luna rossa che aveva brillato dalla loro finestra. Si guardarono intorno e videro, placidamente addormentato, il loro papà.

– Sta russando – disse Galileo – Dai, forza, svegliamolo –

– Aspetta, dovrà credere di sognare, altrimenti come gli possiamo spiegare la nostra presenza? –

Isacco non aveva ancora terminato di formulare la frase, che già Galileo era saltato sul letto e stava scrollando il papà.

– Papà, guarda, c’è la luna rossa e noi siamo qui! –

I due gemellini lo abbracciarono stretto stretto, mentre il loro papà, ancora intontito, li riempiva di baci.

Si rotolarono tutti e tre fra i cuscini, riprendendo i loro giochi di sempre, fino a quando la luna sparì dietro a una nuvola.

– Noi adesso torniamo a casa, prima che la mamma ci scopra! – e i due bambini si accomodarono nella valigia – Però, papà, sta tranquillo, ci rivedremo presto! –

Senza aspettare un attimo, Isacco e Galileo chiusero gli occhi e furono a casa, nel buio più profondo.

Silenziosamente ritirarono il loro mezzo di trasporto e si misero a dormire.

L’indomani, il papá di Isacco e Galileo si svegliò felice, convinto che, quella notte, la luna rossa gli avesse donato un bellissimo sogno.

Immagine tratta dal sito: http://www.centrometeoitaliano.it/astronomia-spazio/luna-rossa-e-superluna-il-28-settembre-doppio-evento-da-non-perdere-31-08-2015-30929/

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19. ISACCO e GALILEO, la zia Lori e l’isola dei pirati.

William Turner : Landscape with Water – 1840-5

Olio su tela: 121,9 x 182,2 cm.

Tate, Londra.

La storia del giorno: giovedì 23 marzo.

La storia cominciò.

La zia Lori – colta in fragrante dai due gemelli mentre investigava sul loro misterioso viaggio oltreoceano, compiuto durante una bufera di neve – si ritrovò assieme a Galileo e Isacco immersa nella nebbia più fitta, anche se i suoi piedi erano ancora ben piantati sul fondo del valigione bianco.

Il rumore ovattato della risacca raggiunse i due gemelli che  compresero  subito di essere tornati sull’Isola dei pirati.

– Che cosa è tutto questo fumo? – esclamò la zia Lori, stringendosi la borsetta al petto – Deve essere scoppiato un incendio in cucina…-

– Zia, è nebbia – cercò di farle intendere Galileo – non c’è nessun incendio!-

In quell’ istante la nebbia si alzò, comparve la luna piena in cielo e la sua scia illuminò una nave che solcava il mare, diretta verso la spiaggia.

– Presto, venite! – ingiunse Galileo, mentre già correva sulla sabbia.

Isacco, dopo avere nascosto la valigia dietro a un cespuglio, lo seguì trascinando dietro di sé un’attonita e recalcitrante zia Lori, per una volta rimasta senza parole.

Ansanti, si appiattirono dietro a una duna a osservare le scialuppe cariche di pirati che si stavano riversando sul bagnasciuga.

La zia Lori si chinò a sussurrare all’orecchio di Isacco:

– Dobbiamo rubare una barca e scappare! Senti come puzzano quegli uomini, senza contare il modo inappropriato  in cui sono vestiti. –

– Sta’ giù zia, non farti vedere…quelli sono pirati –

-Pirati, qui? – la zia si ripulì affannosamente gli occhiali e sospirò.

– Ho capito: ho mangiato troppo, mi sono addormentata e questo è un incubo – e così mormorando, aprì la borsa che ancora stringeva al petto ed estrasse i suoi inseparabili ferri da maglia.

– Ragazzi, non temete, combatterò quegli omaccioni e vi porterò in salvo! –

Galileo atterrò la zia con un placcaggio perfetto, impedendole ogni movimento.

– Sta’ ferma, aspettiamo nascosti, fino a quando anche l’ultimo di loro non raggiungerà il villaggio. –

– Allora io ruberò una scialuppa e remerò fino a portarvi in salvo – continuò la zia, brandendo i ferri come se fossero una spada, rischiando di accecare Galileo.

– Non vuoi andare a visitare il covo dei Pirati? – le domandò il ragazzino – chissà quando ti capiterà un’altra occasione per esplorarne uno…-

Che cosa ti salta in mente?”sibilò Isacco al gemello, ma Galileo si era già diretto verso il villaggio sulla scia dei pirati.

In un attimo il bambino si intrufolò sotto a una tenda in cui erano esposte le mercanzie più strane e meravigliose, frugandosi nelle tasche in cerca di qualcosa  da scambiare per uno di quegli incredibili oggetti.

Dove ti sei cacciato?” lo raggiunse il disperato appello di Isacco, proprio nel momento in cui il faccione incredulo della zia Lori spuntava nel tendone.

Galileo li trascinò in un angolo.

– Guardate che bella bussola – sussurrò, mentre estraeva le sue biglie trasparenti per tentare di barattarle con l’oggetto desiderato.

Il padrone di tutto quel ben di Dio si avvicinò loro e la zia Lori cercò di nascondere un moto di disgusto.

Galileo allungò le sue preziose palline di vetro verso il negoziante che, dopo averle osservate a lungo, scosse il capo.

La zia Lori non perse tempo e aprì la sua borsetta.

Galileo si sporse alla ricerca di un oggetto che soddisfacesse il venditore, mentre Isacco si precipitò per evitare che la zia, armata dei suoi ferri da maglia, tentasse una rapina.

– Gli occhiali qui vanno alla grande – suggerì a voce bassissima Isacco, memore della passata esperienza.

Come un incallito giocatore di poker, la zia Lori depose sul banco le sue lunette da lettura, si impossessò della bussola, girò le spalle e trascinò con sé i due gemelli, avviandosi con passo svelto verso la spiaggia.

In un attimo raggiunsero il cespuglio dietro al quale Isacco aveva nascosto il valigione bianco, controllarono che nessuno li avesse seguiti.

Ormai era buio e le stelle brillavano luminose in cielo.

– Ecco – disse la zia Lori, consegnando la bussola ai gemelli – Adesso riportatemi indietro –

Isacco e Galileo la abbracciarono stretti e le dissero: – Sei davvero grande zia. Ora entra nella valigia e chiudi gli occhi. –

– Vogliamo tornare a casa!- ordinò Galileo, tenendo per mano Isacco … e si ritrovarono tutti e tre nello sgabuzzino.

La zia Lori si diresse a passo deciso verso la cucina, aprì la porta e disse a Celeste e Niccolò:

– Grazie per il pranzo, ma adesso devo proprio andare – I genitori dei gemelli la guardarono sbigottiti – Ho mangiato più del dovuto ed è meglio che torni a casa – Quindi abbracciò il fratello e la cognata sempre più stupiti dal suo comportamento e proseguì – Date un bacio ai bimbi da parte mia, sono proprio due ragazzini in gamba! – e, afferrato lo zio Pio, uscì di casa.

– Che cosa hai messo nella torta? – domandò Niccolò alla moglie – Ti rendi conto che per una volta mia sorella ha ringraziato,ci ha abbracciato, ha riconosciuto di essersi abbuffata e ha fatto un commento positivo sui gemelli? –

– E’ forte la zia – commentò a quel punto Galileo, arrivato di corsa.

Celeste si lasciò cadere su una sedia.

Immagine  tratta dal sito: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Joseph_Mallord_William_Turner_-_Landscape_with_Water_-_Google_Art_Project.jpg

2. GIANNA e i colori

Theo Van Doesburg: Contro – composizione XIII – 1925-26

Olio su tela: 49,9 x 50 cm.

Collezione Peggy Guggenheim Venezia.

La storia del giorno: mercoledì 20 aprile.

La storia cominciò.

Gianna, dopo essersi dedicata ai compiti, andò a mettersi la sua fascia colore arcobaleno e l’annodò ben stretta, fermandola con un grosso fiocco sopra ai capelli; quindi si armò della sua macchina fotografica e partì alla ricerca di un nuovo soggetto da ritrarre.

Considerò Luisa, la sua bambola preferita, guardò a lungo la sedia a dondolo, le sue amate scarpe da tennis, alla fine andò in salotto, dove ancora appoggiato alla parete, giaceva un quadro portato a casa da papà.

Quella tela per Gianna era un mistero, nonostante la bambina avesse provato in più riprese a girarla in tutti i lati.

– Io proprio non capisco, – aveva detto rivolgendosi alla mamma – Pensi sia una strana casa? –

La mamma aveva sorriso.

Gianna aveva continuato:

– Ci sono : è un test psicologico, vero? Devo esprimere quello che mi suggerisce. –

La mamma era scoppiata in una risata.

– Davvero mamma, c’è solo del colore piatto, senza sfumature: non è un paesaggio, non è un oggetto, nemmeno una persona.-

– Sono colori, Gianna – le aveva spiegato la mamma, sistemandole la fascia fra i capelli – Un libro è fatto di parole, un quadro di colori e forme – e le diede un buffetto sulla guancia.

Gianna decise che forse la sua macchina fotografica le avrebbe finalmente mostrato il senso del quadro.

Gianna fotografò: fotografò il quadro dal basso, dall’alto, da destra, da sinistra, fotografò senza fermarsi, finché… si trovò immersa nel giallo.

Il colore lentamente era uscito dalla tela espandendosi fino a raggiungerla e ora piano piano la stava sollevando.

Gianna si trovò a galleggiare verso l’alto fino a quando davanti a lei ci fu solo un soffitto blu.

La bambina abbassò d’istinto la testa, temendo di picchiare una sonora zuccata, ma , appena entrò a contatto con il blu, l’alto diventò basso e Gianna iniziò a precipitare.

Blu sopra, blu sotto e tutto intorno. La bambina provò a battere i piedi come se fosse immersa nel mare, ma continuò a essere spinta verso il blu più profondo.

Scattò una nuova foto mentre era immersa nel blu: il flash lampeggiò, il blu divenne azzurro e Gianna galleggiò raggiungendo una sponda grigia lontana.

Lì tutto era fermo, triste e piatto. Gianna non perse tempo e saltò nel rosso.

– Fa caldo – esclamò, ma si sentì inondare di energia e di gioia.

Fu un guizzo intenso e luminoso e si ritrovò con la macchina fotografica in mano ai piedi del quadro.

Guardò la tela con occhi diversi e si sentì felice.

Immagine tratta dal sito: http://blipoint.com/blog/fr/2010/05/utopia-matters-from-brotherhoods-to-bauhaus-utopia-matters-dalle-confraternite-al-bauhaus/van_doesburg_76-2553-41_ph/

 

3. PLUF, ORTICA e MIOBEL

Maurice de Vlaminck: Banks of the Seine at Chatou – 1905/ 1906.
Oil on canvas, 59 x 80 cm.
Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris.

La storia del giorno: giovedì 14 gennaio.

La storia cominciò.

Pluf nacque in una notte nuvolosa: emise il suo primo vagito e fuori iniziò a scendere una pioggerella sottile, che si interruppe quasi immediatamente, non appena la mamma lo prese in braccio.
Fu chiamato Pluf.
I suoi genitori ben presto si accorsero che ogni volta che Pluf piangeva, dopo poco le gocce cadevano dal cielo, mentre i suoi capricci scatenavano veri e propri temporali.
Per fortuna Pluf era un bambino tranquillo e molto accomodante.
Quando arrivò Ortica, Pluf adorò la sorellina da subito, coccolandola e accontentandola in ogni suo desiderio.
La bambina lo seguiva ovunque, alternando abbracci a capricci.

Quella mattina Pluf era irrequieto: mamma e papà avevano appena annunciato a lui e a Ortica l’arrivo di un nuovo fratellino.
Il bambino sorrideva, ma le nuvole avevano iniziato a rincorrersi nel cielo.

Venne il gran giorno: papà si presentò a scuola alla fine delle lezioni, accompagnato da Ortica.
– É nato – comunicò a Pluf con gli occhi che brillavano di gioia – È un maschietto: adesso andremo insieme a conoscerlo.-
Ortica incominciò a puntare i piedi e disse:
– Io non vengo.-
– Dai, ti porto io a cavalluccio – si offrì il fratellino.
– Io volevo una sorellina! –

Pluf borbottò sospirando: se un’altra fonte di capricci fosse arrivata in casa, certamente grossi nuvoloni neri si sarebbero addensati sopra il tetto della loro abitazione, pronti a trasformarsi in temporali improvvisi, ogni volta che ed egli non fosse riuscito a tenere a bada tutta la sua esasperazione.

Giunsero in ospedale: la mamma teneva in braccio un pupo paffutello.
– Quanti capelli! – esclamò il bambino
– Ma sono rossi – puntualizzò Ortica.
Il pupo continuava a dormire.
– Com’é bravo, mamma – osservò sollevato Pluf, mentre con la coda dell’occhio controllava preoccupato la sorellina, pronta ad esplodere in un nuovo capriccio.

Lo zio Angelo entrò proprio in quel momento e sentenziò:

– Al pusè brav di ros l’ha campà so pari ‘nt’al pos. –
I bambini lo guardarono sconcertati.
– Mamma, che cosa ha detto lo zio? –
– Non fateci caso, è una filastrocca.-
– Ma che filastrocca – ribadì Angelo – È un proverbio, bambini: “Il più buono dei rossi ha buttato suo padre nel pozzo!”-

Ortica fissò lo zio, poi papà e per ultimo il nuovo nato, scosse la testa e disse:
– Andiamo a casa, io sono stanca.-
Pluf corse a baciare la mamma e le sussurò:
– Tornate presto! –

Per tutta la strada Ortica continuò a cantilenare:
– Il più buono dei rossi ha buttato suo padre nel pozzo…
Papà, vuol dire che il nuovo fratellino ti butterà nel pozzo?-
– Ma che cosa dici? Conoscete anche voi lo zio Angelo: scherza sempre.- cercò di spiegare il papà, fra una smorfia e un sospiro.

Pluf lo osservò attento: – Forse sarà lo zio a finire nel pozzo! – e tutti e tre scoppiarono a ridere.

Il nuovo bambino dormiva, mangiava e non piangeva quasi mai, con grande sollievo di Pluf, anche se vedeva la mamma un po’ preoccupata per quel figlio troppo tranquillo.

Decisero di chiamarlo Miobel.

Alla prima uscita in carrozzina, Miobel rimase incantato a guardare le foglie sugli alberi agitarsi e sussurrare.
Così la mamma prese l’abitudine di portarlo al parco: il pupo osservava con gli occhi spalancati e tendeva le piccole mani verso i rami, fino a quando, un giorno, iniziò a gorgogliare alla volta delle fronde fruscianti.

– Mamma, hai sentito: ha detto ” brumbri” – esclamò Pluf entusiasta per i progressi del fratellino.
– Miobel parla con gli alberi – iniziò a cantilenare petulante Ortica.
– È proprio buffo! – poi rivolgendosi al fratello maggiore: – Prendimi in braccio sono stanca.-
– Sei grande ormai –
Ortica, però, aveva già gli occhi umidi di lacrime e, ancora una volta, Pluf l’accontentò.

Alla sera, quando papà tornò, la bambina gli corse incontro esclamando:
– Papà, papà – e intanto lo tirava per la giacca – Miobel parla con gli alberi: è proprio buffo! Mi sa tanto che alla fine ti butterà nel pozzo davvero.
Sicuramente lo zio Angelo aveva ragione –

Le nuvole presero ad addensarsi nel cielo.

Il papà si chinò sulla carrozzina del pupo, che esclamò: “Brumbri
– Hai sentito, papà- intervenne Pluf orgoglioso- ha detto Brumbri: è così che Miobel chiama gli alberi.-
– Sì, adesso il rosso parla! – sbuffò la sorellina.
Le nuvole da bianche si fecero grigie.

Il papà prese il piccolo in braccio e lo avvicinò alla finestra.
“Brumbri, brumbri” cinguettò felice il pupo mentre le piante del viale scuotevano le chiome.
Ortica allungò le braccia:- Anch’io, anch’io voglio guardare!-

– Sali sulle mie spalle – si offrì Pluf.
– No, voglio papà- si impuntò la bambina.

Dal cielo incominciarono a cadere le prime gocce di pioggia-
– Da brava, vieni da me.-
– No!-

L’acqua ormai scendeva scrosciando.

Miobel si voltò verso la sorella, la guardò negli occhi e balbettò felice tendendole la manina.
– Piccolo mio – cinguettò Ortica, sporgendosi ad accarezzargli la mano – Quanto sei dolce! Tu mi capisci davvero – e iniziò a cimentarsi in un repertorio di smorfie buffe per farlo ridere.

Il resto della famiglia si bloccò a guardarli con un’espressione di incredulità e di gioia stampata sul volto.

La pioggia cessò di colpo fra i gorgoglii felici di Miobel e Ortica.

Dedicata a quelle persone meravigliose che con la loro capacità di ascoltare e comprendere, con le loro parole sanno confortare e calmare coloro che hanno la fortuna di incrociarle sulla propria strada.

Immagine tratta dal sito:
http://theredlist.com/wiki-2-351-861-414-1293-401-406-view-fauvism-profile-de-vlaminck-maurice.html

DIANA

Vincent Van Gogh: Bosco – 1887
Olio su tela – cm. 46 x 55,5
Amsterdam – Rijksmuseum

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La storia del giorno: mercoledì 23 aprile.

Mercoledì Luigino andò a fare una passeggiata con mamma e papà in montagna. Nonostante il sentiero fosse in salita, il bambino continuava a correre avanti e indietro. Alla fine, stanca di richiamarlo perché non si allontanasse, la mamma decise di trattenerlo con un racconto.

La storia cominciò.

Diana aveva le guance tonde tonde e un fermaglio azzurro fra i capelli.
Quando nacque, la nonna pose sul suo lettino un acchiappasogni e si raccomandò di non toglierlo mai.

Diana ogni notte faceva sogni meravigliosi, perché tutte le sere il suo papà controllava che il talismano della nonna vegliasse su di lei.
Era un acchiappasogni bellissimo con una goccia d’argento e un turchese ed era il primo oggetto a essere messo in valigia quando Diana partiva.

Un giorno, però, Diana andò in gita con la scuola e decise di essere diventata troppo matura per dormire ancora con l’acchiappasogni, così, per la prima volta, lo lasciò in fondo allo zaino.

Si addormentò e si trovò a vagare in un bosco: riconobbe le cortecce bianche degli alberi. Era già stata in quella foresta altre notti e si fermò a parlare con i pioppi: le femmine erano molto orgogliose delle loro chiome voluminose e non perdevano occasione per farsi ammirare:

– Ciao Diana, guarda come sono grandi e verdi le mie gemme!-

– Osserva bene, piuttosto: non ti sembra che le sue foglie si stiano diradando? Confrontale con le mie che brillano come piccoli soli!-

– C’è qualche nido nuovo?- tentò di cambiare argomento Diana

– Una famiglia di merli si é appena trasferita ai piani alti-
– E scoiattoli, un’intera colonia: corrono tutto il giorno, mi stanco solo a guardarli!-

Si udì un fruscio che a poco a poco salì di intensità, fino a quando la ragazzina percepì distintamente:
– Diana é diversa: non sembra anche a voi?-

I pioppi si piegarono verso di lei.
– Dov’è il tuo fermaglio azzurro?-

Diana si toccò i capelli e, quando alzò gli occhi, gli alberi le parvero meno amichevoli, quasi minacciosi.

Le fronde iniziarono ad agitarsi e la ragazzina per la prima volta si sentì in pericolo e desiderò svegliarsi.

Si alzò un vento gelido che incurvava le piante, impedendole ogni fuga.
Aveva freddo e si guardava intorno smarrita, mentre tutto diventava più buio.

Improvvisamente, vide una luce farsi strada fino a lei e riconobbe il viso della nonna.
– Afferra la mia mano – le disse – e chiudi gli occhi-

In quel momento Diana si svegliò ansante, ma al sicuro nel suo letto.
A piedi nudi raggiunse la sedia dove aveva appoggiato il suo zaino, recuperò il suo acchiappasogni e, stringendolo in mano, tornò finalmente a dormire serena.

Immagine tratta dal sito http://www.frammentiarte.it/dall’Impressionismo/

A chi interessa sapere di più sul significato degli acchiappasogni :
http://ildominatoredipoteri.wordpress.com/dossier-delle-informazioni/acchiappasogni/significato-parti-del-acchiappasogni/