2. PAOLO e LULÙ

Henrique Matisse: Les Tours de Collioure – 1905
Olio su tela: 800 x 650
The Heremitage, St. Petersburg, Russia


La storia del giorno: mercoledì 27

La storia continuò.

Paolo era un fagottino dolcissimo: succhiava dal suo biberon, poi si addormentava in braccio felice ma, se Gina o Gigi tentavano di metterlo nel suo lettino, prima buttava via le coperte, poi emetteva ultrasuoni sempre più forti, che si trasformavano in vere e proprie urla disperate.

I neo genitori comprarono un marsupio per tenere il piccolo sempre con loro.

– Ogni giorno peggiora – disse Gigi a Gina – diventa sempre più pesante e non possiamo passare tutto il nostro  tempo a cullarlo –

In quel momento suonò il campanello: era Lulù, l’amica di Gina perennemente triste.

– Ciao, come state? Io malissimo – proseguì senza lasciare loro il tempo di rispondere – Questa notte non ho dormito per nulla:  avevo caldo,  non c’era nemmeno un filo d’aria. Questa mattina sono andata in ufficio senza voce: il telefono continuava a squillare e dovevo sforzarmi di parlare… e nessuno, dico nessuno che rispondeva al mio posto… –

Nonostante la raucedine, Lulù sembrava un fiume in piena, ma improvvisamente vide Paolo e si interruppe.

– Ma è un neonato quello che tieni in braccio, Gina?- e il mal di gola non le impedì di proseguire: – Dove l’hai trovato? L’hai portato dal dottore? magari ha i vermi! –

– Lulù: è un bambino, non un cane. Si chiama Paolo – le rispose gentilmente Gina – Vieni, ti garantisco che non ha i vermi – e le mise tra le braccia Paolo che si aggrappò alla camicia di Lulù come un cucciolo di koala.

Avvenne un piccolo miracolo: Lulù tacque di colpo, sospirò, strinse il bimbo a sé e sorrise.

Gigi e Gina non avevano mai visto Lulù perdere la sua espressione triste con la bocca eternamente rivolta all’ingiù: i suoi occhi ora splendevano mentre una dolce ninna nanna si formava dalle sue labbra.

Rimase con Paolo fino a quando venne buio.

– Posso tornare? – domandò mentre usciva.

– Certo, quando vuoi – risposero in coro Gigi e Gina ancora meravigliati dell’insolito umore di Lulù.

 

Il giorno dopo, terminato il lavoro, Lulù tornò e con lei c’era la sua collega Cate, sempre ansiosa e agitata che, muovendo le mani come farfalle impazzite, si avvicinò a Gina che teneva Paolo nel marsupio chiedendo: – E’ questo il bambino? –

Paolo le catturò le dita con le sue manine cicciottelle e la donna sospirò, mentre Gina si affrettava a trasferirle il pupo tra le braccia.

Anche questa volta, avvenne la trasformazione: le labbra di Cate si curvarono all’insù e un’insolita calma entrò in lei, portandole serenità e gioia.

Il giorno dopo, il campanello di Gigi e Gina iniziò a suonare già di mattina: tutti volevano provare almeno per pochi minuti la sensazione di tenere Paolo fra le braccia e dimenticare ogni problema in un bagno di serenità.

La voce si sparse per il paese e Gigi e Gina non ebbero più alcuna difficoltà a soddisfare la voglia di coccole del loro Paolo.

 

Immagine tratta dal sito: https://en.wikipedia.org/wiki/Henri_Matisse

 

ISACCO e GALILEO e le stelle cadenti

La Notte Stellata di Vincent Van Gogh

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La storia del giorno: mercoledì 12 agosto

Un giorno, alla scuola materna, la maestra aveva letto ai bambini la storia della SIGNORA CORRY, ( crf. MARY POPPINS di P.L. Travers volume 1) e Isacco e Galileo erano rimasti entusiasti nello scoprire che a Londra c’era una piccola pasticceria la cui proprietaria di giorno vendeva biscotti di pan pepato, “ogni pezzo cosparso di stelle dorate così fitte che lo stesso negozio sembrava illuminarsi lievemente al loro bagliore”, e di notte, munita di colla e di scala, andava ad appendere le stelle avanzate dai dolci mangiati, in cielo.

Purtroppo nella loro città non esisteva niente di simile, però quel sabato, quando Isacco e Galileo andarono al supermercato con il papà, videro sullo scaffale alcune confezioni di biscotti in promozione con una bustina di stelle dorate in omaggio.

Galileo, lesto, ne prese due sacchetti e li infilò nel mezzo del carrello, senza farsi vedere, e strizzò l’occhio, birichino, al fratello.

Il problema, a questo punto, era procurarsi la colla, ma Isacco, nel reparto cartoleria, riuscì a infilare assieme alla spesa, uno stick.

Alla cassa il papà pagò, senza accorgersi degli acquisti contrabbandati dai suoi figli.

Con la mamma a casa, fu molto più difficile far sparire il maltolto dai sacchetti e nasconderlo nella loro cameretta.
Il tempo rimase piovoso per tutta la settimana, i biscotti a poco a poco furono mangiati di notte dai due gemellini, mentre spiavano il cielo sempre buio e senza luna.
Finalmente la pioggia finì, venne la notte luminosa e stellata e Galileo decise di uscire e appendere le stelle in offerta con i biscotti.

Isacco, che aveva ascoltato attentamente la storia della SIGNORA CORRY, sapeva che bisognava andare “dove non c’erano case, ma solo erba e trifoglio” (crf. MARY POPPINS di P.L. Travers volume 1) e cercò di dissuadere il fratello.
” Di che cosa ti preoccupi, Isacco, qui la campagna é vicina”

” Ma se papà e mamma si accorgono che siamo scomparsi, moriranno di preoccupazione!”

“Vorrà dire che tu resterai qui a tranquillizzarli”

” Poi non hai la scala”

” Mi arrampicherò sugli alberi”

“Non sappiamo nemmeno se le stelle dei biscotti sono quelle giuste! Facciamo prima un esperimento, che ne pensi?”

“Andiamo sul terrazzo del tetto, dove la mamma va a stendere i panni d’estate, io so dove tiene le chiavi: il cielo lì si può toccare, ci sono i vasi di erba e trifoglio e non si vedono case perché sono tutte giù in basso.”

I due gemellini si misero le calze per non fare rumore e, armati di colla e stelle, partirono in spedizione.

All’inizio fu un disastro, poi compresero che il problema era lo stick. Così Isacco tornò in casa e trovò nello studio di papà un vasetto giallo provvisto di colla liquida e pennello.
Sprecarono un sacchetto di stelle, ma, finalmente, la prima si attaccò e scivolò verso l’alto, dove si mise a “brillare furiosamente spargendo raggi di scintillante luce dorata” (crf. MARY POPPINS di P.L. Travers volume 1).

Dopo che tutto il sacchetto rimase vuoto, Isacco e Galileo, soddisfatti, si stesero a guardare il cielo, che apparve ancora più scintillante, con le loro stelle che luccicavano come le palle luminose di un albero di Natale.

Isacco e Galileo si sentivano molto soddisfatti per essere riusciti ad appendere le stelle e non vedevano l’ora che scendesse nuovamente la sera per potere ammirare il loro operato.
Così, appena la mamma li mandò a dormire, corsero nella loro cameretta e si misero alla finestra per guardare il cielo che stava imbrunendo.

A poco a poco iniziarono a brillare mille lucine e, mentre i due gemellini stavano cercando di riconoscere le “loro” stelle, videro che da un punto della volta celeste, inesorabilmente, ad uno ad uno, gli astri luminosi si staccavano e cadevano, lasciando dietro di sé una scia, che, dopo alcuni istanti, scompariva.

Compresero immediatamente che a svanire erano proprio le stelle che avevano attaccato loro, la notte precedente e rimasero impotenti a guardare fino a quando scomparve anche l’ultima.

Sconsolati, andarono a letto.

Le stelle di Vincent Van Gogh
Vincent Van Gogh: La Notte Stellata sul Rodano
Olio su tela; 72,5 x 92 cm
Musée d’Orsay, Parigi

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Si avvicinava la notte del 10 agosto.

Per tutte le vacanze Isacco e Galileo, in attesa di realizzare il loro personale cielo stellato per San Lorenzo, avevano mangiato a colazione unicamente i biscotti in promozione con la bustina di stelle dorate in omaggio.

– Siamo solo noi due, come faremo ad appanderle tutte in una notte? – si domandava sconsolato Galileo.
– Possiamo coinvolgere Roby –
– Così saremo in tre: non cambierà molto!-

In spiaggia il loro amico non era ancora tornato, anche perché continuava a piovere; così quella sera i due gemellini si presero per mano, si concentrarono intensamente su Roby e chiusero gli occhi.

Quando li riaprirono si trovarono davanti al loro amico che, tutto solo, stava seduto sul letto a sfogliare un giornalino.

– Che bello, siete arrivati: pensavo proprio a voi. –
– Sei tornato: non ne eravamo sicuri. Sei in casa da solo?-
– Sono qui da ieri – mostrò il suo sorriso parzialmente sdentato – Non preoccupatevi, i miei genitori stanno giocando a carte con i loro amici e non ci sentiranno!-

– Non possiamo fermarci molto: la mamma fra poco andrà a controllare se stiamo dormendo.-

– Fra qualche giorno sarà la notte delle stelle cadenti…- iniziò Isacco
– Caspita, conoscete un sacco di cose su quello che accade in cielo- lo interruppe Roby, non ancora del tutto convinto che Isacco e Galileo fossero due bambini reali e non il frutto della sua immaginazione.
– e noi abbiamo scoperto come si fa a fare le stelle cadenti…
– Cioè – puntualizzò Galileo – noi pensavamo di appendere le stelle in cielo per sempre…-
– ma la sera dopo sono cadute tutte-
Roby li ascoltava annuendo di tanto in tanto.
– E abbiamo bisogno del tuo aiuto-
– Di me? – domandò incredulo e lusingato Roby.
– Sì perché da soli non ce la facciamo a incollare tutte le stelle che siamo riusciti a mettere da parte.-
– Incollare? –
– Certo, di colla ne abbiamo in quantità, la zia Lori ne usa a quintali…
Ci mancano volontari per aiutarci ad appiccicare tutte le stelle in una sola notte. –

– E quando dovrebbe essere? –

– Sabato sera-

– questo sabato?-

Isacco e Galileo annuirono in copia.

– Bisogna assolutamente rimandare di qualche giorno, per ferragosto penso di riuscire a organizzarmi…-

-La mamma!- si ricordò ad un tratto Isacco

– Dobbiamo tornare immediatamente! –

– Tu, intanto, pensaci-

Roby non fece in tempo a rispondere che i due gemelli si erano presi per mano, avevano chiuso gli occhi ed erano scomparsi.

Joan Miró: La Scala della fuga – 1940
Tempera su carta 38×46 cm.
New York: Collezione privata.
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Finalmente aveva smesso di piovere così Galileo e Isacco si incontrarono in spiaggia con Roby, che, mangiando quasi le parole per la fretta, li informò:

– In occasione di ferragosto ho ottenuto il permesso di ospitare tre miei compagni del campo estivo – si fermò a prendere fiato, aspettando un commento entusiasta da parte dei due fratelli, poi proseguì: – arriveranno domani.-

– Perfetto – si complimentò Isacco – adesso ci resta solo da decidere come faremo ad andare “dove non ci sono case, ma solo erba e trifoglio” (crf. MARY POPPINS di P.L. Travers volume 1)
– Nessun problema, – intervenne ancora Roby con un gran sorriso -nascosto nella siepe della mia terrazza, c’è un cancello che porta direttamente sui prati –

I due gemelli gli ricambiarono il sorriso:
– Cercheremo di arrivare domani verso mezzanotte, con la colla e le stelle; voi aspettateci svegli! – poi si affrettarono a raggiungere la zia Lori che li stava già richiamando a gran voce.

Il 14 agosto il tempo non passava mai.

Dopo cena i due gemelli si ritirarono in camera loro prima del solito.

Anche a casa di Roby i bambini andarono a dormire presto, bisbigliando eccitati, non ancora convinti dell’avventura che li attendeva quella notte.

Quando la anche l’ultima luce fu spenta, Isacco e Galileo accostarono l’orecchio alla porta della stanza della zia Lori e udirono il suo respiro pesante.
” Ti sei ricordato di mettere due cuscini sotto al lenzuolo al nostro posto?”

” Tutto fatto”

” Io ho preso la colla e le stelle”

Quindi, tenendosi per mano, si concentrarono intensamente su Roby e chiusero gli occhi.

Quando li riaprirono, ancora una volta, si trovarono davanti al loro amico in compagnia di tre bambini che li guardarono con la bocca spalancata.

– Marco, Paolo e Luca – li presentò velocemente Roby – Ecco, anche noi siamo pronti.-

Senza alcun indugio, si pose in testa al gruppo e li condusse tutti in fila indiana fuori dalla stanza fino al soggiorno. Trattenendo il respiro, aprì la porta finestra e i fuggitivi scivolarono sul terrazzo senza emettere alcun suono; poi Roby spinse il cancello nascosto dietro la siepe e i sei bambinifurono finalmente nel prato.

Galileo e Isacco si misero immediatamente al lavoro e, grazie alla passata esperienza, in un attimo la prima stella si attaccò e scivolò verso l’alto, dove si mise a “brillare furiosamente spargendo raggi di scintillante luce dorata” (crf. MARY POPPINS di P.L. Travers volume 1).

Ancora increduli, Marco, Paolo e Luca, dopo avere osservato attentamente, non persero tempo e spennellarono la colla sulle stelle dorate in promozione coi biscotti -collezionate nell’estate dai due gemelli – per passarle a Roby che collaborava spalla a spalla con Galileo e Isacco.

In breve tempo, il sacchetto fu vuoto e tutti i bambini, soddisfatti, si stesero a guardare il cielo, che apparve ancora più scintillante, con le loro stelle che luccicavano come le palle luminose di un albero di Natale.

I due gemelli furono i primi a parlare:

– Adesso dobbiamo scappare, prima che la zia sia accorga che non siamo più nei nostri letti.-

Insieme varcarono il cancello nella siepe: Roby, Marco, Paolo e Luca in fila indiana si diressero verso la porta finestra del terrazzo ancora socchiusa, mentre Isacco e Galileo si prendevano per mano, chiudevano gli occhi e scomparivano.

La sera di ferragosto si ritrovarono tutti in spiaggia, accompagnati dalle loro famiglie, per assistere ai tradizionali fuochi d’artificio.

Terminato lo spettacolo, quando erano ancora tutti insieme e si scambiavano chiacchiere e auguri, Roby esclamò:

– Guardate là, dove il cielo é più luminoso! –

– Stelle cadenti! – osservò la zia Lori stupita

– Mai viste così tante!-

– Sono più numerose che nella notte di S.Lorenzo!-
Tutta la spiaggia era ormai intenta a guardare in su, verso il punto della volta celeste, dove, inesorabilmente, ad uno ad uno, gli astri luminosi si staccavano e cadevano, lasciando dietro di sé una scia, che, dopo alcuni istanti, scompariva.

Immagine tratta dal sito:

Le stelle di Vincent Van Gogh

Immagine tratta dal sito: http://cultura.biografieonline.it/scala-della-fuga-evasione-miro/

Romeo, Aria, Queen e Dog

18. ROMEO, ARIA, Queen e Dog

Andrew Wyeth: Wind from the Sea (detail)
Tempera on hardboard – 1947
47 cm × 70 cm (19 in × 28 in)
National Gallery of Art, Washington DC

La storia del giorno: lunedì 11 maggio.

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La storia cominciò.

Aria era preoccupata:

– Romeo, credi che Queen tratterà bene il suo criceto? –

– Perché non dovrebbe? Ha sempre desiderato un animale tutto suo-

– Appunto – la bambina inclinò il capo pensierosa – ho paura che lo consideri solo come un giocattolo nuovo –

– So già quello che vuoi da me: la risposta è NO –

Aria si limitò a guardare il fratello con un sorriso.

– Lo capisci anche tu – iniziò a giustificarsi Romeo – non posso andare a controllare: è troppo complicato. Fa ancora freddo, le finestre sono chiuse e …

– C’è una siepe che separa la strada dal giardino di Queen – lo incalzò la sorellina – potremmo nasconderci lì, mentre tu ” fai il botto“.-

– No, oggi proprio non se ne parla! –

Aria tornò a sfogliare il suo libro, apparentemente convinta dalle argomentazioni del fratello.

Sabato pomeriggio finalmente il sole brillava alto in cielo e l’aria tiepida entrava dalle finestre spalancate.

Aria si accoccolò in braccio a Romeo e con un gran sorriso esordì:

– Oggi è proprio il giorno giusto, non ti sembra? Potremmo uscire a fare due passi.-

– Non ti arrendi mai, vero? – Romeo le scompigliò i capelli.

Insieme si diressero verso la casa di Queen.

– Hai visto? Anche qui hanno aperto tutte le finestre! Vieni, nascondiamoci dentro alla siepe!-

Si accoccolarono vicini, completamente celati dal fitto fogliame. Allora Romeo si concentrò …sentì un gran botto e si trovò proprio davanti alla gabbia del criceto e in un attimo …fu il criceto.

Si guardò intorno in cerca di Queen. Tutto era enorme e distorto.

C’era una grande porta bianca socchiusa. Il topolino si sporse per capire che cosa ci fosse oltre, ma le sbarre gli impedivano la visuale.

Avvertì i suoi baffi muoversi frementi per la frustrazione.

Si arrampicò sulla ruota che immediatamente si mise a girare, facendolo cadere impacciato sulle quattro zampe.

Di Queen non c’era nessuna traccia e Romeo decise di partire in perlustrazione.

Cercò lo sportello della gabbia e spinse forte con il muso.

– Dove pensi di andare, furbetto?-

Il criceto squittì per lo spavento, mentre il cuore gli rombava nelle orecchie: Queen lo stava osservando e i suoi occhi erano due grandi palle severe.

– Volevi scappare, vero? – lo incalzò la bambina protendendo un dito attraverso le sbarre.

Romeo d’istinto tentò di indietreggiare.

– Sei il mio piccolo furfante – continuò Queen mentre il suo indice aveva raggiunto il morbido collo del criceto e aveva iniziato a grattarlo.

– Vuoi un po’ di coccole, mio tenero Dog?- aggiunse dolcemente.

Adesso Romeo voleva veramente scomparire.

La bambina dai capelli lunghi aprì la gabbia e afferrò con attenzione l’animaletto.

Romeo decise di scappare: non poteva certo permettere che Queen gli grattasse la pancia o, peggio ancora, lo riempisse di umidi bacini.

Scivolò veloce fra le sue dita che lo stringevano delicatamente e si catapultò sul pavimento.

– Accidenti, saltelli come una rana! – esclamò la bambina, cercando di catturarlo.

Romeo, intanto era alla ricerca disperata di un nascondiglio in quella stanza che gli appariva gigantesca; si infilò, perciò, sotto al letto.

– Oggi sei proprio un birbante – e il criceto, mentre si rifugiava in un angolo, vide spuntare la mano protesa di Queen.

Ancora una volta l’animaletto, con un balzo, riuscì ad evitare di essere preso.

– Sai, mi ricordi il ragazzo che questa estate ha vinto il campionato di salto in lungo –

Il criceto cercò di raggiungere la sicurezza della sua gabbia.

– Si chiama Romeo e ha una buffa sorellina –

Il topolino si immobilizzò.

– Ti ho preso! – proclamò raggiante la bambina.

Proprio in quel momento, nascosta ancora nella siepe, Aria toccò la spalla del fratello che, con un sospiro di sollievo, uscì dal nascondiglio trascinando la sua complice velocemente verso casa.

– Raccontami tutto – esordì Aria appena raggiunsero il loro giardino.

– Non chiedermi mai più di ritornare – sbottò Romeo – Il criceto sta benissimo –

– Ma… – tentò invano di insistere la bambina

– Ripeto, Doc è al sicuro con Queen – poi, per farla tacere, la prese sulle spalle e al galoppo la portò in cucina, dove la mamma aveva preparato la merenda.

12. GALILEO E ISACCO e Gaia

Gustav Klimt: Apfelbaum I (Melo I) – ca 1912.
Olio su tela 110 x 110 cm.
Collezione privata.

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La storia del giorno: giovedì 6 novembre.

Isacco e Galileo erano tornati dal mare e avevano ripreso a frequentare la scuola materna, dove scoprirono essere arrivata una nuova direttrice, la dottoressa Aceto.
Dopo alcune settimane la dottoressa convocò le insegnanti e il giorno seguente Isacco e Galileo furono divisi per la seconda volta, per facilitare uno “sviluppo autonomo delle loro personalità“.

Galileo capitò nel banco vicino a Gaia, una bimba che portava enormi occhiali arancio, disegnava benissimo e non rideva mai.

– Perché non dipingi un bel cielo, di notte? – le domandò.

– Ah, tu sei uno dei gemelli fissati con le stelle! –

Isacco, pensi che Gaia sia triste per via degli occhiali?” Comunicò al fratello, preoccupato dalla reazione della bambina.

“Magari non ha voglia di parlare” gli arrivò chiara la risposta del gemello.

Galileo continuò:

– Tu non hai fratelli?-
– Mi piace stare da sola –
– Allora vorresti andare sulla luna?-

Gaia sbuffò, ma il bambino non si arrese.

– Io ci sono stato sulla luna, però era un disegno, nemmeno troppo bello, perché io non sono bravo come te –

La bambina non alzò nemmeno gli occhi dal foglio e non gli rispose.

Il giorno dopo, si ritrovarono ancora vicini di banco.

– Perché non dipingi fiori di blu – suggerì Galileo a Gaia, sporgendosi a guardare il prato fiorito sul quaderno della bambina.

– Guarda che esistono tantissimi colori oltre il blu e il giallo – rispose indispettita puntando il dito sugli unici due pastelli sul banco del gemellino.

“Isacco, io sto provando a farla sorridere, ma non riesco proprio. Saranno gli occhiali troppo grossi che le danno fastidio?”

” Forse non vuole che tu le parli” poi il gemello gli propose: “Prova a portarla sull’altalena”

Così, appena uscirono in cortile, Galileo prese Gaia per mano e la fece salire sull’altalena.

– Stai tranquilla – le disse – ti spingerò io –
– Se vuoi ti farò andare in alto – continuò, reso audace dal silenzio di Gaia -Tu chiudi gli occhi e ti sembrerà di volare! –

– Io non voglio volare, voglio dondolare.- lo corresse.

– Se vuoi ti tengo io gli occhiali, così non avrai paura di perderli! –

Non penso che siano gli occhiali il suo problema” Isacco raggiunse i due bambini:
– Vieni Galileo, forse Gaia vuole stare sull’altalena da sola! – e, dopo avere rivolto un sorriso alla bambina, trascinò il fratello verso un gruppo di alunni, intenti a costruire un’astronave.

Il giorno seguente Gaia scelse di andarsi a sedere nel banco vicino a Galileo, che, tanto per cambiare, stava disegnando un mare di stelle.

– Prova con questo – gli disse, porgendogli un pastello del medesimo arancione dei suoi occhiali.

Poi lo guardò riempire il foglio di macchie colorate e si spostò più vicina.

– Ti aiuto – continuò e si mise a dipingere assieme a lui.

Stupito il bambino comunicò al gemello:
“Isacco, Gaia è venuta a cercarmi e mi sta insegnando a disegnare!”

Quando gli altri bambini corsero fuori dall’aula, loro non se ne accorsero nemmeno, tanto erano presi dal proprio lavoro.

Galileo stava fissando carta intensamente e…tutto intorno a lui divenne colore. Con curiosità e un pizzico di angoscia si rese conto di essere finito ancora una volta nel suo disegno. Immediatamente vide Gaia accanto a sé che si guardava intorno felice.

– Che bello qui! – gli disse e continuò a usare i suoi pastelli in modo frenetico, interrompendosi solo per aggiustare gli occhiali sul naso.
Quando ebbe finito, la bambina si spinse a curiosare in ogni angolo, mentre la sua bocca si apriva in un sorriso sempre più ampio:

– Ti piace? – gli chiese – Guarda quante sfumature …- E poi sospirò soddisfatta, a corto di parole.

Galileo corse con lei ad esplorare tutto intorno: – Grazie: il tuo cielo di prato e di fiori è bellissimo … – Si fermò : – Però adesso dobbiamo tornare, prima che ci cerchino – le ricordò.

Con il pastello blu segnò i contorni… e furono di nuovo in aula, dove li attendeva Isacco, che, sorridendo disse:

– Sai Gaia, mi piacciono proprio tanto i tuoi occhiali!- e tutti e tre si unirono ai giochi degli altri bambini.

Immagine tratta dal sito:
http://www.artdreamguide.com/_arti/klimt/_opus/518.htm

14. DUE DENTI e la bolla rosa.

Claude Monet: La meule, soleil couchant (Covone, tramonto) 1891.
Olio su tela 73 x 92,5 cm.
Museum of Fine Arts, Boston.
Juliana Cheney Edwards Collection, 1925.

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La storia del giorno: lunedì 27 ottobre.

La scuola era iniziata da più di un mese: l’entusiasmo dei primi giorni era già svanito, assorbito un po’ alla volta dai doveri quotidiani.
La mamma di Marina decise, dopo tanto tempo, di tornare a raccontarle nuove avventure di Due Denti.

La storia cominció.

Due Denti aveva dormito a lungo e anche Rossa aveva riposato nella sua bolla-nanna senza mai tentare una fuga.

Fu il suono inconsueto di una fisarmonica a svegliare Due Denti, mentre davanti ai suoi occhi si formava un’enorme bolla rosa, che si fermò e ondeggiò, come se aspettasse di essere raggiunta.

Due Denti uscì dalla sua bolla nanna, andò a prendere a uno a uno gli Sdentati.

– Entriamo tutti insieme – disse, afferrando Rossa che già stava cercando di infilarsi per prima nella bolla rosa.

Tenendosi per mano, con un sonoro plop, si trovarono immersi in uno stupefacente tramonto.

– Non è possibile!- esordì Rossa – Ci siamo appena svegliati: il sole deve sorgere, non scomparire!-

– È bellissimo – la interruppe Azzurra spalancando i suoi occhi sognanti.

Senape si diresse verso un covone di fieno, all’inseguimento di Oro.

– Giochiamo agli indiani – propose Verde, infilando due fili dorati fra i batuffoli di Micio.

– Dobbiamo scoprire perché il sole sta tramontando, non è N O R M A L E!- insistette La bimba dai capelli di fiamma sbuffando.

– Questa volta Rossa ha proprio ragione! – convenne suo malgrado Due Denti.

– Non capite? – disse Azzurra con un sorriso – Il sole sta tuffandosi in mare: è bellissimo –

– Allora, possiamo giocare agli indiani? – insistette Verde.

– Il fuoco non va in mare – sentenziò inaspettatamente Oro, sbucando dal covone dove si era intrufolato.

Tutti si voltarono a guardarlo.
– Da quando sai parlare? – sbottò Rossa.
Il bimbo scrollò le spalle.
– Magari gli piace stare zitto – lo giustificò Verde.
Azzurra gli tolse della paglia dai capelli.

– Resta il fatto che Oro ha detto una cosa giusta – puntualizzò Senape – e che il sole ormai è quasi scomparso.-

– Sta andando a nascondersi? – domandò Verde, sperando in un nuovo gioco.

– Magari é stato rapito, o ricattato, oppure prigioniero..- la bimba dai capelli di fiamma si stava infervorando.

– Piantala Rossa!- la mise a tacere Due Denti, smettendo di succhiarsi il dito:
– È la fisarmonica!-
– Ascoltate – continuò – Questa è la musica del tramonto: il sole non può sorgere –

– Allora dobbiamo tornare a dormire? – chiese preoccupato Verde.

Senape intanto si era messo a intrecciare i fili di paglia e dopo poco dalle sue mani aveva preso forma un banjo, mentre Rossa aveva estratto dai suoi capelli il fermaglio a chitarra porgendolo a Due Denti.

Oro raccolse due sassi e iniziò a batterli a ritmo cadenzato, così Azzurra unì la sua voce cristallina al suono della fisarmonica in una trascinante melodia, Due Denti e Senape scatenarono i loro strumenti, Verde soffiò attraverso i fili dorati e Rossa si mise a danzare.

Il sole, stregato dalla loro musica, invertì il suo viaggio e a poco a poco tornò alto a risplendere in cielo.

I bambini suonarono, cantarono e ballarono fino a quando non furono stanchi, avvolti dai caldi raggi che turbinavano luminosi sopra di loro.

Quindi Due Denti prese per mano gli Sdentati e li trascinò fuori dalla bolla rosa, che smise di ondeggiare pigra e si allontanò brillando fulgida nell’acqua.
Ogni bambino fu spinto nella propria bolla-nanna, Due Denti si impossessò della sua e finalmente tutti quanti crollarono a dormire.

Immagine tratta dal sito: http://www.artdreamguide.com/_arti/monet/_opus/meule.htm

2. CHICCO

Jean Miro.

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La storia del giorno: giovedì 25 settembre.

Dedicato a Chiccolino.

Papà Enrico era partito per un viaggio di lavoro e Chicco non era riuscito a rimanere solo con lui nemmeno un momento. Papà l’aveva abbracciato forte e poi era salito sul taxi diretto all’aeroporto.

A casa con la mamma, il ragazzino non aveva avuto nessuna occasione per intrufolarsi nel pendolo, fino a quando, sabato pomeriggio, arrivò la zia e monopolizzò la sorella con un interminabile monologo.

Chicco fu lesto a scomparire ed, estratta la chiavetta che portava sempre con sé, aprì l’anta dell’orologio e si accoccolò dietro alle canne del pendolo, rimpiangendo di non avere ricevuto dal nonno qualche spiegazione in più su ciò che poteva accadergli.

– Chicco, vieni, è pronta la merenda!-

Il bambino uscì immediatamente dal suo nascondiglio e si ritrovò in un corridoio sconosciuto. Si diresse verso la voce che lo stava chiamando ed entrò in una cucina dove una signora gli mise in mano una fetta di pane spalmata con uno strato spesso di burro e cosparsa di candido zucchero: una vera bomba calorica.
Chicco la ingurgitò velocemente, prima che qualcuno ci ripensasse e gli portasse via quell’ inaspettato ben di Dio; quindi si accorse che due bambine lo stavano osservando con gli occhi adoranti.

Fu in quel momento che Il ragazzino si guardò e non riconobbe i suoi vestiti e nemmeno le sue gambe, né le due ginocchia ossute che spuntavano dai calzoncini corti.

Cercò uno specchio in quella casa, e quando si vide riflesso, non si trovò davanti alla sua faccia e neppure a quella di suo padre da bambino, ma a un viso sconosciuto su un corpo magrissimo.
Poi studiò curioso e un po’ spaventato ogni dettaglio: occhi verdi, capelli biondicci e … orecchie a sventola, due grandi orecchie, proprio come quelle di nonno Francesco.

– Chicco, se non vuoi un’altra fetta di pane e burro, puoi scendere in cortile a giocare!-

Questo è il Paradiso” pensò Chicco, indeciso fra fermarsi a continuare quella meravigliosa merenda o cercare le scale per raggiungere la libertà in cortile.

In cortile, lo aspettava uno strano modello di bicicletta, con un bellissimo fanale e i parafanghi, ma pesantissima da spostare, e altri bambini che pedalavano in cerchio, simulando una corsa.

– Io sono Coppi –

– Io sono Bartali! –

Montando sulla bicicletta, si unì al gruppo e perse la cognizione del tempo, fino a quando la signora che gli aveva dato la merenda lo chiamò dal balcone:

– Chicco, sali a lavarti perché sta arrivando papà!-

Si precipitò in casa, con la paura di essere stato via troppo a lungo e di essersi cacciato in un vero guaio. Purtroppo, lo stava già aspettando sulla porta quella che suppose fosse la sua bisnonna Paola – che in realtà non aveva mai conosciuto – e lo dirottò in bagno.
Quando uscì, era già arrivato il bisnonno, che lo squadrò con i suoi occhi scuri.

– Come è andata a scuola oggi?-

Chicco visse un attimo di vero panico, ma per fortuna intervenne Paola:

– Il maestro gli ha dato “BENE”, e poi, appena tornato, Francesco ha svolto subito tutti i suoi compiti –

Caspita” pensò Chicco” non mi sembrava di ricordare che il nonno fosse così bravo a scuola”

Il bisnonno lo osservò soddisfatto con un leggero sorriso, gli diede una pacca sulla spalla e lo congedò.

Il bambino approfittò immediatamente del fatto che i due genitori si fossero recati insieme in cucina, per rifugiarsi nel pendolo.

Respirò profondamente e poi uscì. Con sollievo, riconobbe le voci della mamma e della zia, ancora intente in un’animata conversazione.

Leggermente stordito per la fantastica esperienza appena vissuta, Chicco le raggiunse, desiderando di poter incontrare al più presto il papà o il nonno per ottenere finalmente informazioni sullo strano dono ricevuto nel suo primo giorno di scuola.

Immagine tratta dal sito:http://valorest.blog.tiscali.it/2012/02/27/5834/

Joan Mirò

1. CHICCO

Mercurio passa davanti al sole
(G. Balla – 1914)

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La storia del giorno: mercoledì 10 settembre.

Dedicato a tutte le mamme ( soprattutto di maschi) per il primo giorno di scuola.

La storia cominciò.

Si avvicinava il Primo giorno di scuola di Chicco.
Papà Enrico ogni tanto lo guardava di nascosto e sospirava, mentre la mamma, una volta al mattino e una alla sera, controllava la lista degli acquisti per la scuola, annuendo soddisfatta quando arrivava in fondo.
Chicco cercava di restare in cortile a giocare il più possibile.

Venne inesorabile il gran giorno e arrivò il nonno Francesco. Si presentò quel pomeriggio e tutto il resto sbiadì.

– Ora hai l’età giusta – gli disse il nonno, dopo averlo preso da parte; gli mise in mano una scatolina bianca e aggiunse: – Deve restare un segreto fra me e te e papà Enrico.-

Con gli occhi lucidi per la curiosità, Chicco alzò il coperchio: sotto a uno strato di cotone era adagiata una strana chiavetta dorata.
Tornò a guardare il nonno:
– Grazie, è bella, ma a che cosa serve? –

– Lo capirai da solo, come abbiamo fatto io e poi tuo padre prima di te. Ora nascondila e portala sempre con te –

Dopo quattro giorni, Chicco non aveva ancora risolto il mistero del “regalo”del nonno, in compenso la scuola si era rivelata più complicata del previsto, grazie anche alle ansie della mamma.

Così quel pomeriggio, il bambino era in cerca di un nascondiglio in cui rifugiarsi per sottrarsi alle infinite raccomandazioni della mamma.
Perfettamente incastrato in una nicchia del corridoio c’era un magnifico pendolo che non aveva mai funzionato: era alto quasi fino al soffitto e dal vetro si intravedeva un complicato e affascinante meccanismo.

Chicco estrasse la chiavetta che portava sempre con sé e si accorse che la sua forma coincideva con un intarsio nell’anta dell’orologio; la infilò e la porta si aprì.
Dentro era molto più spazioso di quanto si aspettasse: aveva trovato il nascondiglio perfetto.
Si accoccolò dietro alle canne del pendolo.

Pensò al suo papà che era stato misterioso come il nonno sulla chiave: e in quel momento si sentì chiamare. Decise di sgattaiolare fuori in fretta, per non svelare alla mamma il suo nuovo rifugio, ma andò a sbattere contro a un tavolo che prima non c’era.

– Chicco ! –
Si aprì una porta e entrò una signora che assomigliava tantissimo alla nonna Carla, ma molto più giovane e con una strana pettinatura, che gli disse:

– Chicco, dove ti eri cacciato? Devi terminare il disegno per la scuola! –
E lo fece sedere davanti a un quaderno con uno schizzo appena abbozzato, mentre sul tavolo erano sparsi in confusione pastelli, gomma e matita.
– Adesso non ti alzi fino a quando non avrai finito!-

Chicco era frastornato, ma, ubbidiente, si mise all’opera: quella nuova versione della nonna lo intimoriva non poco.
A lui piaceva disegnare e in breve tempo terminò il suo lavoro.

La nonna lo guardò meravigliata:
– Ma è davvero bello, e non hai fatto cadere nemmeno un pastello, non c”è una sbavatura! Se non ti avessi visto con i miei occhi non ci crederei!-

Fu in quel momento che Chicco si guardò e non riconobbe i suoi vestiti e nemmeno le sue gambe e i suoi piedi. Cercò uno specchio in quella casa, e quando si vide riflesso, non si trovò davanti alla sua faccia e …un ricordo prese consistenza: era identico alle foto di papà Enrico alla sua età.

Spaventato corse a rifugiarsi nel pendolo. Respirò profondamente e uscì: il tavolo era scomparso e in corridoio incontrò papà che lo scrutò attentamente.

– Papà, quando eri piccolo, come disegnavi? –
Enrico esalò un gran sospiro, gli scompigliò i capelli e disse:
– Un vero disastro – e gli strizzò un occhio.

15. ROMEO e ARiA e il gabbiano Livio

Maurice de Vlaminck: Autumn Landscape, 1905
Olio su tela: 46.2 x 55.2 cm
1958 Copyright:© 2014 Artists Rights Society (ARS), New York / ADAGP, Paris

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La storia del giorno: mercoledì 27 agosto.

Dedicata a Arij

Giovanni era appena tornato dalle vacanze e si sentiva triste, così il papà decise di raccontargli una nuova avventura di Romeo e Aria.

La storia incominciò.

Romeo aveva dormito fino a tardi. Terminata la colazione, andò in giardino: trovò Aria vicino alla siepe. La bimba gli fece cenno di fare piano e di avvicinarsi: appollaiato sul bordo dello stagno c’era un gabbiano.

– Si è perso – si affrettò a spiegare Aria – Stava volando attirato dalla grande abbondanza di cibo, quando si è accorto che non sapeva più dove era il mare. É molto giovane, sai – continuò – Io l’ho tranquillizzato, gli ho detto che tu l’avresti aiutato a ritrovare la strada –

Era il discorso più lungo che la bambina avesse mai pronunciato.

Romeo si trovò obbligato a rispondere:
– Ci penso io, vado a prendere il mio atlante scolastico e la bussola.-

– Si chiama Livio – gli disse Aria con un gran sorriso, indicando il gabbiano.

Il ragazzino tornò dopo poco tempo:
– Il mare é a Sud rispetto a noi –

Sua sorella lo guardò perplessa.

– E il Sud è di lì – continuò Romeo indicando l’albero di mele – In poche parole, Livio deve volare dritto nella direzione oltre la pianta.- e si allontanò consultando la sua bussola.

Fu richiamato poco dopo dalla sorella.

– Livio non ha capito bene, teme di perdersi ancora-

Romeo guardò il gabbiano che emise un fischio stridulo.
Il ragazzo sospirò.

– Posso spiegargli che ci penserai tu a metterlo sulla strada giusta? – gli domandò Aria scrutandolo speranzosa.

Romeo le scompigliò i capelli:
– Va bene, darò un’ ultima controllata alla cartina di papà.-

Aria si accoccolò accanto al gabbiano e si mise a parlargli bassa voce.

Poi Romeo la chiamò vicino a sė sulla panca e le disse:
– Io sono pronto, mi raccomando: non farmi tornare troppo presto-

Sua sorella gli sfiorò una guancia :- Vai –

Allora Romeo si concentrò …sentì un gran botto e si trovò appollaiato sul bordo dello stagno.
Agitò le ali e, al secondo tentativo, decollò, poi si spinse in alto, cavalcando il vento.
Scese in picchiata a sfiorare Aria nella gioia del volo.

– Oltre la pianta! – lo spronò la bambina.

Romeo sorvolò i campi, i torrenti e i fiumi, fino a raggiungere le basse montagne che lo separavano dal mare: non voleva tornare, desiderava tuffarsi almeno una volta nelle onde…

…ma si ritrovò seduto sulla panca, accanto a Aria che lo guardava con i suoi occhi grandi e liquidi come il mare.

– Ce l’hai fatta?- gli domandò

Romeo annuì con il capo, senza parlare, per non lasciarle sentire il rimpianto che gli faceva tremare la voce.

– Grazie – e la bambina lo abbracciò forte, tenendolo stretto fino a quando , con un balzo, Romeo si alzò, la caricò sulle spalle e al galoppo la portò in casa, dove la mamma li stava aspettando.

Immagine tratta dal sito: http://www.moma.org/collection/object.php?object_id=78715
Autumn Landscape

http://www.wikiart.org/en/maurice-de-vlaminck
Maurice de Vlaminck (French, 1876–1958)

13. DUE DENTI e ROSSA nella bolla piovosa

William Turner: NORTHAM CASTLE, ALBA -1845 circa
Olio su tela cm. 91 x 122
Tate Gallery di Londra

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La storia del giorno: giovedì 17 luglio.

Marina era stanca di camminare: voleva essere presa in braccio, ma ormai era troppo grande. Così la mamma, tenendola per mano, si mise a raccontarle una nuova avventura di Due Denti e di Rossa.

La storia cominciò.

Due Denti si svegliò di colpo, con la sensazione che Rossa fosse nei guai.
Uscì dalla sua bolla-nanna e individuò la piccola ribelle nell’attimo in cui, spingendo con la forza congiunta di mani e piedi, deformava il bordo della sua bolla-nanna fino a trovare un varco e scappare.

La bambina si accorse di essere seguita e, velocemente, tentò di infilarsi nella bolla da esercitazione.

Incontrò, però, una forte resistenza da parte della parete trasparente, che cedette solo quando, senza farsi scorgere, Due Denti con un sonoro “plop” entrò a sua volta nella bolla dal lato opposto e si andò a nascondere.

Osservò la bambina prendere un oggetto dorato, nascosto fra i suoi capelli rossi, mentre si udiva diffuso il suono cadenzato del timpano.

Improvvisamente, partirono le note del basso e tutto fu buio.

– Non si vede più… ti prego, non un’altra volta – si lamentò Rossa – Sono sola e non ho nemmeno il mio fermaglio rosso!-

Un colpo di grancassa e un lampo squarciò le tenebre: iniziò a scendere una pioggia battente e in un attimo Rossa ne fu zuppa.

– Almeno ora ci vedo – si fece coraggio la bambina, scostando una ciocca di capelli fradici dagli occhi e guardandosi intorno:
– Però con questo tempaccio non si può proprio volare – aggiunse, ammirando le minuscole ali dorate che teneva in mano.

Strofinò le ciglia umide di pioggia e le parve di scorgere un castello in lontananza.

– Ecco, se riesco ad arrivare fino là, starò all’asciutto –

Strinse forte nel pugno le piccole creazioni di Senape e con un sospiro si avviò sguazzando nel terreno fradicio.
Ogni tanto alzava gli occhi, ma, anche se si sentiva sempre più stanca, la sua meta non si avvicinava; anzi, fu quasi certa che un animale sbucato dal nulla la stesse guardando con un sogghigno.

– Non piangerò – si ripeteva a voce alta la bambina – tornerà il sole e volerò con le ali di Oro –
– Non piangerò, tornerà il sole e volerò con le ali di Oro –
A poco a poco la sua cantilena si trasformò in un ritornello.
– Ecco, farò la danza del sole! – sbottò, folgorata dalla sua intuizione: – farò la danza del sole e la pioggia cesserà –

Si fermò di botto e con la sua vocina stridente iniziò a cantare al ritmo degli strumenti in sottofondo, accompagnando la musica agitando le braccia e saltellando qua e là.

– Non piangerò – cantava – tornerà il sole e volerò con le ali di Oro – e intanto girava e ballava.

E Il sole spuntò e fu l’alba dopo la pioggia.

Rossa aprì il pugno che custodiva le piccole ali.

– Dove le hai prese? – le domandò Due Denti, uscito dal suo nascondiglio.

– Me le ha regalate Oro, davvero – rispose Rossa, mentre, spaventata, cadeva nel fango.

– Dammi le ali, ti aiuterò a mettertele –

– Davvero? – gli chiese Rossa, scrollandosi la terra di dosso :
– Non mi hai nemmeno detto che sono stata BRAVA: non ho pianto e sono riuscita a mandare via la pioggia –

– Non ti ho nemmeno sgridato per essere scappata…-

La bambina divenne ancora più rossa.
Due Denti le prese delicatamente i piccoli oggetti d’oro e glieli posizionò sul spalle.

– Vieni – le disse e, senza alcuno sforzo, si sollevò, tenendola per mano.
Insieme si alzarono in volo fino a sfiorare il castello di pioggia.

Quando furono stanchi, Due Denti le tolse le ali e le rimise fra i suoi capelli, poi la riportò nella sua bolla-nanna, si impossessò della propria e finalmente tornò a dormire.

Immagine tratta dal sito: http://sauvage27.blogspot.it/2010/10/norham-castle-alba-1845-circa-william.html

5. DIANA E LUCY

Maurice de Vlaminck: El castañal en Chatou, 1905.
© Maurice de Vlaminck, VEGAP, Barcelona 2009.

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La storia del giorno: mercoledì 2 luglio.

Luigino era guarito e aveva scorrazzato avanti e indietro tutto il pomeriggio. Per farlo riposare un attimo, la mamma si mise a raccontagli una nuova avventura di Diana.

La storia cominciò.

Passarono molte notti prima che Diana osasse lasciare il suo acchiappasogni nel cassetto.
Quella sera la ragazzina si decise e, abbracciando forte il suo orsetto di peluche, si mise a dormire.

Dopo poco entrò nella grotta. Taddy era con lei e appariva come un piccolo cucciolo inoffensivo.
Diana si aggirò pensierosa fra le colonne: questa volta voleva scegliere un bel sogno tranquillo.

Improvvisamente, Taddy iniziò a crescere, mentre una stalattite si mise a brillare, lampeggiando come una sirena.
Incautamente, Diana la toccò e si trovò in un bosco che non conosceva.

Di fronte a lei vide la sua amica Lucy, con gli occhi colmi di lacrime e lo sguardo atterrito.

– Diana, grazie al cielo sei qui; da dove sei spuntata?- poi continuò, senza darle il tempo di rispondere:
– Ero a passeggio con i miei genitori e mi sono persa – e le scappò un singhiozzo:
– Tutto intorno sento dei rumori inquietanti –

Diana l’abbracciò.
Proprio in quel momento Taddy apparve, grosso e minaccioso.

– Aiuto!- gridò Lucy.

– È un mio amico, è qui per difenderci!- cercò di tranquillizzarla Diana tenendola stretta, anche se non era ancora del tutto sicura delle intenzioni dell’orso.
– Adesso troveremo la strada di casa-

Risuonò un ruggito: si immobilizzarono tutti e tre.

– Ma dove stavi passeggiando con i tuoi genitori, si può sapere? Nella giungla?-

Lucy esitò:
– Non mi ricordo- piagnucolò

Taddy aveva drizzato le orecchie e si guardava intorno.
Videro una grande ombra nera avanzare a balzi.

– Una pantera?-

L’orso si erse ancora più maestoso sulle due zampe posteriori e spalancò le fauci in direzione del felino.
Ci fu un ultimo ruggito e poi la pantera si allontanò.

Le due bambine ripresero a respirare e guardarono Taddy, che, svanito il pericolo, incominciò a rimpicciolire fino a tornare delle dimensioni del più innocuo dei cuccioli.

Diana, prendendolo in braccio, si rivolse a Lucy:

– Dove dobbiamo andare?-

– Non lo so, mi sono persa!-

e mentre parlava, il bosco attorno a loro scomparve e si ritrovarono all’interno della casa nell’albero dei loro giochi.

Lucy era seduta al tavolo, china su una pigna di libri scolastici.

– Meno male che ci sei anche tu, Diana: come faremo a studiare tutto per domani?-

– Ma siamo in vacanza….-

– Non cercare di convincermi a giocare – alzò gli occhi dal libro- con il tuo orsetto: domani c’è l’interrogazione su tutto il programma!-

A questo punto Diana decise di abbandonare l’amica ai suoi sogni e ritornò alla sua grotta borbottando:” Dovrò consigliare a Lucy di mangiare meno pesante la sera“; si diresse verso la colonna dell’uscita, la sfiorò e fu di nuovo nel suo letto.

Immagine tratta dal sito: http://www.artslant.com/no/articles/show/7560