4. CHICCO.

Vasily Kandisky: Houses in Munich, 1908
Murnau, Dorfstrasse (Street in Murnau, A Village Street), 1908

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La storia del giorno: lunedì 9 febbraio.

La storia cominciò.

Le vacanze erano ormai un ricordo lontano e, quella mattina di febbraio, Chicco proprio non aveva voglia di andare a scuola.
Si svegliò presto e riuscì a convincere la mamma che non si sentiva bene, così restò a casa con la nonna.
Appena fu sicuro che la nonna fosse impegnata in cucina, si rintanò nel pendolo, pensando intensamente a quel nonno del papà che gli era sembrato tanto severo. Chissà come si comportava quando anche lui era solo un bambino?

– Chicco, su sbrigati, o farai tardi a scuola! – lo raggiunse una voce sconosciuta.
Si trovava in un corridoio buio che si illuminò mentre si apriva una porta.

– Presto, infilati il cappotto- e venne infagottato in una palandrana che pungeva.
– Ecco, prendi la cartella e qui c’è il sasso –

– Il sasso? – e gli fu messo in una mano un involto caldo, mentre con l’altra il bambino afferrava il manico di una cartella, proprio dalla forma di cartella.
Appena uscì di casa, fu investito dall’aria gelida.

– Come mai sei in ritardo?- gli domandò un ragazzino magrissimo che, nonostante fosse inverno, indossava calzoncini corti e un buffo paio di stivaletti con la suola di legno.

Chicco scrollò le spalle:
– Accidenti, cosa ne faccio di un sasso?-

– Lo sai che sei proprio strano oggi? Mi fai aspettare, poi mi rivolgi domande assurde e parli in modo buffo-

Chicco intanto incominciò a rabbrividire e si accorse che anche le sue ginocchia erano esposte senza alcuna protezione al freddo pungente.

– Dai, cammina più in fretta, altrimenti non arriveremo in tempo a scuola!-

Chicco osservò la strada sterrata davanti a sé che sembrava condurre nel nulla.

– Non passa la corriera? – domandò immaginandosi che poche famiglie in quell’epoca possedessero un’ auto.

– Chicco, ma che cosa ti ha preso? Corriera? Qui? E per andare dove?-

– Dicevo così per dire! Sarebbe bello, no? Con questo freddo ! Potremmo dormire di più alla mattina-

L’altro ragazzino rise e allungò il passo.
Dopo quasi venti minuti di strada Chicco era stanco, si sentiva i piedi congelati e finalmente aveva capito che il sasso serviva per scaldargli le mani.

Arrivarono a scuola e andarono a depositare i sassi sulla stufa in modo che diventassero ancora belli caldi per il viaggio di ritorno; dai saluti dei compagni, finalmente, Chicco apprese che il suo amico si chiamava Italo.
Poi i due ragazzini si infilarono insieme nel banco di legno che condividevano.

Nel prendere posto, Chicco si impigliò con il grembiule, quindi si punse con un pennino, conficcato in una strana cannuccia che, per l’urto, iniziò a rotolare sul piano in discesa; infine, nel tentativo di afferrare al volo la penna in caduta libera, Chicco si sporcò con l’inchiostro che traboccava da un vasetto di vetro incastrato in un buco nel legno di quella trappola infernale, completa di predella e seggiolino a scatto, che il suo bis nonno chiamava banco.

In quel momento si udi :
– Arriva! –

Nel silenzio generale, il maestro comparve sulla porta.
Tutta la classe si alzò in piedi, senza provocare il minimo rumore e in coro disse:

– Buon giorno, signor Maestro!-

Buon giorno? Signor? Maestro? Chicco sentì chiaramente pronunciare la emme maiuscola.

Il colletto inamidato gli dava un fastidio tremendo, impedendogli di girarsi e forse era un bene, perché in quella classe non volava una mosca.

Il maestro scrisse alla lavagna una lettera e tutti si misero a ripeterla concentrati e la lezione continuò noiosissima fino a quando l’insegnante disse:
– Adesso copiate sul vostro quaderno-

Chicco estrasse il suo quaderno dalla cartella, l’aprì e, al posto delle solite righe o dei quadretti, trovò una serie di righe ad altezze diverse e provò il panico.
Sbirciò sul foglio di Italo che già aveva iniziato a scrivere.
Guardò come era stata compilata la pagina precedente e gli sembrò fresca di stampa, tanto perfette erano le lettere che vi comparivano.

Proprio mentre intingeva la penna nel calamaio copiando i gesti di Italo, il maestro aggiunse:
– Mi raccomando in bella scrittura e SENZA macchie-

Devo tornare immediatamente al pendolo” pensò Chicco con il pennino che rovesciava inchiostro sulle sue dita, ormai completamente blu.

In quel mentre la campanella suonò l’intervallo.
I bambini si misero in fila e, disciplinatamente, seguirono il maestro in corridoio.

– Devo andare in bagno – sussurrò Chicco a Italo, sperando in una via di fuga.

– Ma che cosa ti succede oggi? Lo sai che devi aspettare il tuo turno-

Due alla volta, i suo compagni si dirigevano verso i servizi.
Impedito dalla rigidità del colletto, Chicco cercava disperatamente un’uscita, quando udì un pendolo scandire le ore.

Approfittando dell’attimo in cui il maestro si era girato per parlare con un collega, Chicco si precipitò in fondo al corridoio, dove vide, appoggiato a una parete in ombra, un enorme orologio a pendolo.

Trattenendo il fiato, infilò la sua chiavetta nell’intarsio dello sportello e la porta si aprì; senza fiato per la tensione si accoccolò fra i meccanismi, sperando intensamente di tornare a casa.

– Chicco, dove ti sei cacciato? Vieni a mangiare! –
Ripiombato nella sua vita, il bambino corse felice in bagno a lavare via l’inchiostro blu dalle mani e raggiunse la sua nonna che lo aspettava in cucina.

Immagine tratta dal sito: http://en.m.wikipedia.org/wiki/Wassily_Kandinsky

3. CHICCO

Vasily Kandisky: Image Composition VII – 1913 (200 Kb)
Oil on canvas, 200 x 300 cm (6′ 6 3/4″ x 9′ 11 1/8″)
Tretyakov Gallery, Moscow.

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La storia del giorno: venerdì 30 gennaio.

La storia cominció.

Durante le feste di Natale, mentre la nonna e la mamma si erano rinchiuse in cucina a rigovernare, Chicco convocò il papà e il nonno nella sua cameretta.

– Ho usato la chiave che ho ricevuto il primo giorno di scuola – disse, guardandoli negli occhi.

Silenzio.

– Sono entrato nel pendolo –

Silenzio.

– Ho terminato un tuo disegno – continuò fissando papà Enrico.

I due adulti si guardarono e il nonno gli strizzò l’occhio esclamando:
– Se non ricordo male, Enrico era un vero disastro coi pastelli!-

– Non so come, mi cadevano sempre di mano… – Enrico sorrise – tranne quando li usavo come bacchette per suonare la batteria sui tavoli! –

Chicco continuò: – In effetti la nonna è rimasta molto soddisfatta e ancor più stupita dal mio risultato. ..Accidenti, però, non me la immaginavo tanto severa!-

Quindi Il bambino si rivolse al nonno:

– Ho mangiato pane, burro e zucchero, una vera bomba! E sono andato in bicicletta in cortile a giocare a Coppi e Bartali – prese fiato:

– Allora, volete dirmi che cosa mi sta succedendo?-

– Accade a tutti i primogeniti della nostra famiglia – iniziò a spiegare nonno Francesco – Chissà come, nascono sempre figli maschi e a ognuno di loro, assieme alla chiavetta – e al pendolo che ci appartiene da molte generazioni – viene tramandato anche il diminutivo di Chicco. –

– Perché?-

– Fino al giorno in cui cambierai la voce, potrai tornare nel tempo a vivere alcuni momenti nella vita dei tuoi avi –

– Perché? –

– Non lo sappiamo, e non abbiamo mai nemmeno capito esattamente come ciò sia possibile. Entri nel pendolo e ti catapulti nel passato della persona della nostra famiglia a cui stai pensando; tutto qui.-

– Tutto qui? –

– Tutto qui – risposero in coro nonno Francesco e papà Enrico, aprendo la porta e tornando in cucina.

Immagine tratta dal sito: http://www.ibiblio.org/wm/paint/auth/kandinsky/

LA NOTTE DI NATALE

LE STORIE DELL’AVVENTO. 5

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La storia del giorno 25 dicembre.

Buon Natale da Romeo, Aria, Queen, Isacco, Galileo, Roby, Gaia, Diana, Pepe, Pluf, Chicco, Due Denti e gli Sdentati,
grazie per avere condiviso le loro avventure.

Era la notte del 24 dicembre.

Pepe scivolò fuori dalla finestra e, ancora una volta, fu sollevato dalle note dorate in un turbinio di colore; trasportato veloce sulla spuma luminosa, fu depositato dolcemente sul prato di trifoglio, dove le slitte attendevano di essere caricate. Il pianoforte era lì, appena sotto la stella cometa che due gemelli avevano appeso con i loro amici.

Iniziò a suonare la musica che gli aveva insegnato il suo maestro e i bambini in pigiama arrivarono a piccoli gruppi , avvolti in calde coperte rosse: erano carichi di doni e unirono il loro canto alle note festose del pianoforte.
Pepe emise un sospiro di gioia, mentre le sue dita scivolavano sempre più sicure sui tasti.

Giunse Diana ,abbracciando il suo piccolo orso Taddy e con tutti i bambini che nelle notti precedenti avevano partecipato nei loro sogni alla confezione dei pacchi.

Arrivarono Isacco e Galileo sul loro valigione bianco, portando Roby, Marco, Paolo, Luca e Gaia che indossava i suoi occhiali arancioni, più fulgidi alla luce della cometa.

Infine arrivarono le renne con Romeo, Aria e Queen.

Aria corse verso Pepe e vide, accanto al pianoforte, un bellissimo albero decorato. Spalancò gli occhi: ogni pallina era una “bolla nanna” e ognuna di esse conteneva uno Sdentato; nella più grande, al centro, Due Denti stava dormendo. Aria sospirò di gioia e Due Denti le fece l’occhiolino, poi continuò a succhiare e tornò a sognare.

Le renne vennero attaccate alle slitte, ormai cariche di doni.

– Perché non nevica? – domandò ad alta voce Queen.

I canti si interruppero.

Si udì una voce nel silenzio: – Ci vuole Pluf –

– Diana, Taddy, presto andate nella grotta, entrate dalla colonna con i lampi e prelevate il bambino che troverete –

In un battito di ciglia, Diana ricomparve trascinando uno stupitissimo Pluf.

– Che cosa succede? Dove sono?-

– Devi fare nevicare, Subito! – lo incalzò immediatamente Queen –

– Nevicare? Ma io so soltanto fare scoppiare i temporali e adesso non sono nemmeno arrabbiato! Qui è così bello! –

Aria lo prese per mano: gli mostrò la cometa e gli presentò i gemelli, lo condusse davanti all’albero di Natale e gli fece vedere i bambini addormentati nelle bolle nanna; quindi lo presentò a Pepe che lo fece sedere accanto a sé, mentre una musica dolcissima sgorgava dalle sue dita.

Allora tutti i bambini ripresero a cantare e Plof venne travolto dalla loro dolcezza; la sua gioia crebbe fino a quando dal cielo incominciarono a volteggiare, danzando con le note, candidi fiocchi di neve.

Si udì il suono di mille campanelle e, finalmente, le renne balzarono con le loro slitte cariche di doni, mentre i bambini si dileguavano per ritrovarsi nei propri lettini.

La mattina di Natale, Pepe corse a controllare sotto l’albero se la slitta fosse passata anche da lui e rimase senza fiato quando vide il pianoforte che aveva suonato nelle notti di avvento, mentre nei suoi occhi si accesero mille stelle di felicità.

Queen si svegliò tardi e, dopo aver aperto pacchi di tutte le dimensioni, trovò uno scatolino rosso, nascosto sotto l’albero: lo scartò svogliatamente, poi rimase senza fiato: dentro c’era una collana di filo e perline.

Immagine tratta dal sito: http://www.sconfinamenti.net/blog/archives/3725

13. ISACCO E GALILEO e la stella cometa.

Vincent van Gogh: Sentiero di notte in Provenza – 1890

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LE STORIE DELL’ AVVENTO. 4

La storia del giorno: lunedì 22 dicembre.

Si avvicinava il Natale e Galileo era irrequieto.
Quando fu ora di spegnere le luci, disse al gemello:

– Isacco, non avresti voglia di vedere dove si preparano i doni e di controllare se i pacchi sono già pronti ?-

– Calmati Galileo, lo sai che riesco a leggerti i pensieri e conosco esattamente ciò che ti sta passando per la mente. –

– Allora va’ a prendere il valigione bianco! – lo spronò con un sorriso birichino.

– Ti ricordi? Potrebbe essere molto pericoloso (cfr. https://lastoriadelgiorno.com/2014/04/29/6-galileo-e-isacco-e-la-valigia/ )

Isacco non riuscì nemmeno a terminare la frase, che già Galileo si era intrufolato nello sgabuzzino e stava tirando con tutte le sue forze per il manico la valigia incriminata.

Insieme la trasportarono in un angolo tranquillo, la aprirono e si accomodarono dentro: uno di fronte all’altro, a gambe incrociate.
– Ecco qua, sei pronto?-

I gemellini si ritrovarono, ancora seduti sul fondo del loro personalissimo mezzo di trasporto, nel mezzo di uno stanzone brulicante di attività e di giocattoli.
Orologi a pendolo di ogni forma e colore ticchettavano appesi alle pareti in un’allegra confusione.

– Ce l’abbiamo fatta! – esclamò entusiasta Galileo, guardandosi intorno.

– Siete arrivati, finalmente! – li accolse una ragazzina.

– Ci stavate aspettando?-

– Siamo quasi a Natale e quest’anno non è ancora spuntata la stella cometa! –

“Isacco, credi che ci abbia scambiati per qualcun altro? “

– Galileo, qui tutti possono ascoltare i vostri pensieri!- continuò la ragazzina in pigiama – Noi siete voi che avete appeso le stelle quest’anno ad agosto?-

– Sì, ma poi sono cadute tutte! –

– Non preoccupatevi: vi daremo l’adesivo giusto –

– Ma noi non abbiamo una stella cometa da attaccare! – protestò ancora Galileo

– Però, forse, conosciamo chi può aiutarci a prepararne una – proseguì pensoso Isacco .

– Allora usate la vostra valigia e andate a prendere tutti gli amici che possono esserci utili, vi aspettiamo –

“Sicuramente Gaia saprà disegnare una cometa bellissima ”
“Mentre Roby e la sua combriccola potranno darci una mano con la scala e la colla”
“Come faremo a convincere Gaia a seguirci?”

Intanto la valigia li aveva già depositati nella camera dove la bambina stava dormendo.

– Gaia, svegliati! –
– Prendi i tuoi pastelli e vieni con noi-

La loro amica si stiracchiò, afferirò i suoi grandi occhiali arancioni e le matite colorate che teneva sempre accanto a sé sul comodino, e si accomodò, ancora insonnolita, accanto ai due gemelli.

– Chiudi gli occhi adesso e prendi le nostre mani –

In un battito di ciglia tornarono nello stanzone.

– Dove siamo, perché mi avete portato qui? Che cosa fanno tutti questi bambini? –

– Preparano i doni per la notte di Natale – le spiegò Isacco.

– E tu dovrai disegnare la stella cometa che brillerà nel cielo – aggiunse, impaziente, Galileo .

– Mi piace tantissimo questo posto. Quanti orologi a pendolo! – sussurrò Gaia, mentre i due gemelli la trascinavano verso un tavolo su cui spiccava bianco e lucente un grande foglio di cartoncino.

– Noi adesso dobbiamo andare a prendere altri amici, tu intanto puoi incominciare a colorare –

– Non avere paura, torneremo, prima ancora che tu abbia terminato.- decise di rassicurarla Isacco, ma Gaia era già china sul foglio, armata di pastelli e di un gran sorriso.

I due gemelli tornarono con Roby, Marco, Paolo e Luca proprio mentre Gaia stava ultimando il suo lavoro.

Era la stella cometa più sensazionale che avessero mai visto.
Tutti i bambini nella stanza si fermarono per ammirarla e la musica del pianoforte si fece ancora più gioiosa.

Poi Isacco, Galileo, Roby e la sua combriccola si armarono di scala e, dopo aver ritagliato i contorni del disegno di Gaia e aver ricevuto un intero secchio della colla speciale, in fila indiana uscirono dallo stanzone.

Marco, Paolo e Luca non persero tempo e spennellarono la colla sulla stella, per passarla a Roby che collaborava spalla a spalla con Galileo e Isacco, arrampicati sulla scala.

Finalmente, la cometa si attaccò e scivolò verso l’alto, dove si mise a “brillare furiosamente spargendo raggi di scintillante luce dorata” (crf. MARY POPPINS di P.L. Travers volume 1).

Nel medesimo istante tutti gli orologi a pendolo iniziarono a squillare contemporaneamente, con un fracasso assordante e tutti bambini si dileguarono.

Isacco e Galileo si ritrovarono nella propria stanza: nascosero la valigia sotto il letto e, stanchissimi, crollarono addormentati.

Nel cielo, fulgida, riluceva una bellissima stella cometa, con gli occhiali arancioni.

Immagine tratta dal sito:
http://www.lineadombra.it/ita/mostre/tutankhamon-caravaggio-van-gogh/la-mostra/tcvg-mostra/tcvg-mostra-breve.php

16. ROMEO E ARIA e la renna ( continua)

Claude Monet: La gazza – 1868/1869
Olio su tela: Cm 89 x 130
© RMN-Grand Palais (Musée d’Orsay) / Hervé Lewandowski
Parigi, Musée d’Orsay

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LE STORIE DELL’AVVENTO. 3

La storia del giorno: giovedì 18 dicembre.

Scese la notte, arrivò la renna: tutto filò liscio e si ritrovarono alla casa di Queen.
Romeo individuò immediatamente la finestra della camera, grazie ai sopralluoghi estivi della gazza. Aria si mise a bussare sui vetri. La ragazzina dai capelli lunghi sì alzò dal letto e, incredula, guardò fuori.

Aria non fece fatica a convincerla che si trattasse di un sogno e, in breve, atterrarono con la renna nel mezzo di uno stanzone brulicante di attività e di giocattoli.
Orologi a pendolo di ogni forma e colore ticchettavano appesi alle pareti in un’allegra confusione.

– Che strano sogno – continuava a ripetere Queen.
Poi si guardò attentamente intorno e domandò ad Aria:
– Non c’è tuo fratello?-

Aria accarezzò la renna e non rispose.

Intanto si avvicinarono due ragazzi e incominciarono ad istruire Queen:
– Devi controllare che ogni sacco contenga esattamente i doni scritti sulla lista qui sopra; poi, se c’é tutto, puoi caricarlo sulla slitta.-

Queen si mise al lavoro e inizio a borbottare:
– Che regali stupidi, come si può domandare delle perline, per fare che cosa, poi? Bracciali? Collane? C’è da perdere un mucchio di tempo e poi, poi si vede che sotto c’è il filo…Bastava chiedere un gioiello già fatto…bello e pronto… Oddio, un pallone adesso? Chi vuole ancora un pallone…-

Aria si allontanò, nessuno le aveva assegnato un compito e non voleva disturbare: era tutto bellissimo. Osservò ogni gesto e ogni particolare, fino a quando notò in un angolo un pianoforte e un bambino che suonava: le sue note trillavano luminose e infondevano vivacità e allegria al ritmo dei ragazzi al lavoro.
Felice, si andò a sedere in silenzio accanto al piccolo pianista, mentre Romeo era tornato a volare con le altre renne.

Quando tutti gli orologi a pendolo si misero a squillare contemporaneamente con un fracasso assordante, tutti bambini si dileguarono.

Aria e Queen si ritrovarono in sella alla loro magica cavalcatura che balzava felice.

– Sembra di cavalcare una rana! – urlò la ragazzina dai capelli lunghi e Aria si lasciò sfuggire un risolino, accarezzando il muso della renna.

In un battito di ciglia, furono davanti alla finestra di Queen.
Sotto di loro, su uno steccato, una gazza era appollaiata nella neve.

– Guarda Aria, c’è anche la mia gazza! – Inaspettatamente Queen si mise a battere le mani e sospirò soddisfatta: – Che strano sogno, davvero un sogno molto strano!-

Aria la guardò con dolcezza:- Buona notte! – la salutò prima di scomparire.

Tornati nella stanza di Romeo, Aria toccò il fratello e la renna volò via.

Il bambino abbracciò stretto la sorellina:- Sai, è stato bellissimo! – le raccontò – Abbiamo volato fino al mare e ho incontrato il gabbiano Livio: chissà come, mi ha riconosciuto e mi ha salutato col suo fischio stridulo! –

Romeo prese fiato: – Finalmente ho la certezza che, dopo essersi perso la scorsa estate, Livio sia riuscito a tornare sano e salvo dai suoi compagni… – sospirò con gli occhi lucidi

Aria depositò un bacio sulla sua guancia e gli disse con un sorriso:
– Che strano sogno, davvero un sogno molto strano!-

Immagine tratta dal sito: http://www.musee-orsay.fr/it/collezioni/opere-commentate/pittura/commentaire_id/la-gazza-3565.html?tx_commentaire_pi1%5BpidLi%5D=509&tx_commentaire_pi1%5Bfrom%5D=841&cHash=7d2ce9c5d3

16. ROMEO E ARIA e la renna.

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LE STORIE DELL’AVVENTO. 3

La storia del giorno: mercoledì 17 dicembre

Si avvicinava il Natale e i genitori di Romeo e Aria decisero di accompagnare i due bambini allo zoo.

Quando furono davanti al recinto degli abitanti della tundra, Aria si sentì chiamare: una renna si era staccata dal gruppo e si era avvicinata allo steccato.

Mentre Romeo monopolizzava l’attenzione dei suoi genitori, la bambina iniziò un lungo dialogo con l’animale, poi allungò la manina e, con una rapida carezza sul muso umido, si congedò e raggiunse la sua famiglia.

Appena arrivarono a casa, i due fratelli si rifugiarono in camera.
Aria sospirò:
– È molto complicato – esordì – Non so se riuscirò a spiegarmi bene-

– Devo entrare nella renna, questa volta? – domandò scherzando Romeo, ma con grande stupore, Aria annuì.

– Dove?-

– Verrà qui questa sera –

Con gli occhi ancora sgranati, il maschietto le chiese:
– Come?-

– Volando, sai…è una di quelle renne-

– Oddio, non posso crederci! – e la accarezzò distrattamente, scompigliandole i capelli.

– Ha bisogno che noi accompagniamo Quenn in un posto – continuò la bambina.

– Queen? dove? Io e te?-

– Tu entrerai nella renna, io monterò in sella e arriveremo a casa di Quenn – Aria prese fiato e si concentrò – Dovrò convincerla che sta sognando: verrà con noi e le altre renne ci mostreranno la strada.- poi lo guardò speranzosa.

– Dove dovremmo andare: alla casa di Babbo Natale? – Romeo si grattò la testa incredulo.

– Non proprio, cioè, non lo so…il posto in cui si preparano i doni per Natale –

Il bambino sospirò:- Che cosa dovrebbe fare Queen una volta arrivata? –

– Questo è molto complicato da spiegare! –

– Ancora di più? Aria sei sicura di non avere la febbre? forse oggi hai preso freddo…-

La sorellina scosse il capo.
– Allora, i bambini che hanno paura di non ricevere niente per Natale vengono reclutati per aiutare a fare i pacchi, montare i giocattoli, controllare le liste… –

– E Queen ha paura di non ricevere niente per Natale, giusto? – continuò Romeo – e allora noi dobbiamo tirarla fuori dai pasticci? Ho capito bene?-
Aria si limitò ad annuire sorridendo.

Immagine tratta dal sito: http://www.settemuse.it/sfondi_animali/sfondi_cervi_alci_renne.htm

7. DIANA E I PREPARATIVI PER NATALE.

Gustav Klimt: Die Sonnenblume (I girasoli) – 1906-07
olio su tela 110 x 110 cm
Collezione privata

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LE STORIE DELL’AVVENTO .2

La storia del giorno: lunedì 15 dicembre

Diana dormiva sempre più spesso senza ricorrere alla protezione del suo acchiappasogni e diventava ogni volta più brava a affrontare e sconfiggere gli incubi in cui si imbatteva, aiutata quasi sempre dal suo orso Taddy.

Si avvicinava il Natale e l’allegria era nell’aria. Senza alcun timore, Diana, abbracciando forte il suo orsetto di peluche, si mise a dormire.
Dopo poco entrò nella grotta. Taddy era con lei e appariva come un piccolo cucciolo inoffensivo, per cui la ragazzina fu colta impreparata quando l’orsetto, senza nemmeno lasciarle il tempo di guardarsi attorno, la spinse verso una colonna verde e blu.

Diana fu catapultata nel mezzo di uno stanzone brulicante dì attività e di giocattoli.
Orologi a pendolo di ogni forma e colore ticchettavano appesi alle pareti in un’allegra confusione.

– Vieni – le disse un ragazzino senza smettere di impacchettare doni.
– Abbiamo bisogno di altri aiutanti –

Diana si guardò intorno e chiese: – Che cosa devo fare? –

– Il tuo compito consiste nel trovare i bambini che hanno paura di non ricevere niente per Natale e portarli qui –

Diana, che già si era immaginata di doversi cimentare nella preparazione dei regali, rimase senza parole.

– Taddy ti aiuterà – proseguì il ragazzo.
– Vai alla grotta, e lasciati guidare dal tuo orso –

In un battere di ciglia Diana tornò alla colonna verde e blu e udì distintamente i sospiri di un bimbo. Taddy si diresse sicuro verso la stalattite accanto.

Sbucarono in un prato, dove un bambino stava correndo, inseguito da una folla di bambole dal ghigno terrificante e dai capelli mozzati.
Taddy scese in campo e spalancò le fauci, provocando il panico, mentre Diana approfittò della confusione per acchiappare il ragazzino, in mezzo al fuggi fuggi generale.

– Che cosa sta succedendo?- gli domandò non appena riuscì a calmarlo.

– Non lo so, voglio tornare a casa!-

Diana lo prese per mano e l’attimo dopo erano nella cameretta di Paolo.
Taddy estrasse da sotto il letto del bambino una bambola dai capelli massacrati da un parrucchiere totalmente incapace.

– Sei stato tu?- chiese Diana.

– È la bambola di quella noiosa di mia sorella che oggi mi ha fatto veramente arrabbiare. Così, senza farmi vedere, le ho portato via il suo giocattolo preferito, e ..ZAC…ho tagliato le lunghe chiome.
Mi era sembrato un bellissimo scherzo – poi cogliendo lo sguardo di Diana, proseguì in un fiato: – ok, una vendetta perfetta. Quando è stata ora di andare a dormire, però, ho pensato che tra poco sarà Natale e non troverò più niente sotto l’albero…- guardò Diana.

La bambina gli prese ancora una volta la mano e gli ordinò:
– Chiudi gli occhi- e lo portò nello stanzone affollato in cui fervevano i preparativi.

– Ecco un nuovo aiutante –

Paolo fu immediatamente messo al lavoro, mentre Diana tornava nella sua grotta per reclutare altri bambini.
Intanto le note di un pianoforte trillavano luminose e infondevano vivacità e allegria al ritmo dei bambini intenti alla preparazione dei doni.

Quando tutti gli orologi a pendolo si misero a suonare contemporaneamente con un fracasso assordante, i bambini si dileguarono.

Paolo alla mattina si svegliò e cercò sotto al letto la bambola che aveva rovinato e nascosto nel pomeriggio: la trovò come nuova, coi lunghi capelli fluenti che ricadevano in morbidi boccoli. Allora si ricordò dello strano sogno e, ancora incredulo, canticchiando la riportò in bella mostra nella camera dove sua sorella stava ancora dormendo.

Immagine tratta dal sito:
http://www.artdreamguide.com/_arti/klimt/_opus/611.htm

6. PEPE E LA MUSICA DI NATALE

Londra: Carnaby Street 2014.
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LE STORIE DELL’AVVENTO .1

La storia del giorno martedì 9 dicembre.

Alla scuola di musica fervevano i preparativi per il saggio di Natale.
Pepe, appena poteva, sgattaiolava dal buco nella siepe, entrava nel vecchio palazzo e si rifugiava nell’aula in cui avvenivano le prove per respirare le note e quella particolare atmosfera di eccitazione mista all’ansia.

Un giorno il suo maestro di piano lo vide e gli disse:
– Lo so che hai iniziato da poco, ma voglio comunque insegnarti un brano di Natale –

L’insegnante si mise a suonare e, quando colse un bagliore diverso negli occhi di Pepe, proseguì:
– Questo pezzo é perfetto per te – e lo invitò a condividere lo sgabello.

Le dita del bambino iniziarono a muoversi sui tasti, acquistando fiducia.

Pepe continuò ad esercitarsi anche dopo che l’insegnante si era allontanato, fino all’ora di chiusura della scuola.
Tornato a casa, provò a lungo i movimenti, canticchiando a labbra socchiuse.

Prima di dormire, la mamma l’accompagnò nella sua cameretta e, dopo aver spento il lampadario, si affacciò con lui dalla finestra per guardare la città, dove i lunghi fili luminosi, che per giorni erano rimasti bui e invisibili, si erano accesi in un bagliore dorato.

Appena fu solo, Pepe decise che doveva andare fuori a vedere…desiderò di volare, provò a sollevarsi e, ancora una volta, si trovò a galleggiare a poca distanza dal pavimento.
Si infilò il cappotto pesante e in un attimo fu in strada, sfiorando fiocchi di neve giganti, stelle e globi luminosi sospesi fra cielo e terra, fino a quando si imbatté in un’enorme cuffia musicale.

Fu immediatamente inondato da note dorate che lo sollevarono sempre più su, in un turbinio di colore: il bambino non seppe più distinguere l’alto dal basso e scivolò veloce trasportato da onde di spuma luminosa.

Le scintille argentate si infilarono in un comignolo e Pepe fu depositato dolcemente nel mezzo di uno stanzone brulicante dì attività e di giocattoli.
Orologi a pendolo di ogni forma e colore ticchettavano appesi alle pareti in un’allegra confusione.

– Vieni qui – gli disse una ragazzina senza smettere di impacchettare doni.
– Abbiamo bisogno di un pianista –

– Ma io non sono ancora bravo –

La stanza piombò nel silenzio e nell’immobilità: anche i pendoli si fermarono. Tutti gli occhi si puntarono su di lui.

Pepe allora alzò le mani e si diresse verso il pianoforte che troneggiava nell’unico angolo vuoto. Si tolse il cappotto, sollevò il coperchio, iniziò a suonare e intorno a lui tutto si rimise in movimento.
C’era chi montava giocattoli, chi impacchettava, chi scriveva l’etichetta col nome su ogni dono, chi infine riponeva il tutto nei sacchi, uno diverso per ogni città: era una folla di ragazzi in pigiama che lavorava senza bisogno di ordini.

Pepe emise un sospiro di gioia mentre le sue dita scivolavano sempre più sicure sui tasti: finalmente aveva trovato un pianoforte su cui esercitarsi.
Le sue note trillavano luminose e infondevano vivacità e allegria al ritmo dei bambini.

Ad un tratto, tutti gli orologi a pendolo si misero a suonare contemporaneamente con un fracasso assordante e in un attimo i bambini si dileguarono.

Pepe fu risucchiato dal fiume di luce, ebbe appena il tempo di recuperare il suo cappotto e … si ritrovò vicino alla finestra della sua camera.

Stanchissimo ma felice, si infilò a letto si mise a dormire.

1. PLUF.

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Una storia da raccontare, dedicata ai bambini che frignano sugli aerei.

Stavo andando a Londra e, mentre aspettavo di imbarcarmi, ho sentito le urla di una bambina, ancora ai controlli dei passaporti: ed ecco arrivare un padre frastornato con i due figli: un maschio e una femmina. Per tutto il tempo i due virgulti si sono dati il turno, senza un attimo di tregua, a improvvisare capricci, l’uno più sonoro dell’altro. Così, invece di raccontare una nuova avventura di Diana, come era nei miei programmi, ho immaginato una storia che potesse calmare quei due bambini pestiferi. La dedico a quei padri – o anche alle madri, ma i bambini in genere sono meno capricciosi se la madre é presente- che si trovano a gestire i figli urlanti durante un volo aereo.

La storia del giorno: martedì 18 novembre.
William Turner: Mare con tempesta in arrivo.

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Nacque in una notte nuvolosa: emise il suo primo vagito e fuori iniziò a scendere una pioggerella sottile, che si interruppe non appena la sua mamma lo strinse fra le braccia.
Fu chiamato Pluf.

I suoi genitori ben presto si accorsero che ogni volta che Pluf piangeva, dopo poco le gocce cadevano dal cielo.
Per fortuna Pluf era un bambino tranquillo e raramente faceva i capricci, preferiva contrattare per ottenere ciò che desiderava.

Un giorno, però, la mamma decise di iscriverlo a un corso di ginnastica perché lo zio, scrutando attentamente Pluf, aveva osservato:
– Questo bambino cresce troppo e si muove troppo poco: deve frequentare una palestra per rafforzare i muscoli e l’ossatura! –

Il suo suggerimento sarebbe stato anche giusto, peccato che Pluf odiasse sudare.
Già al primo giorno il bimbo comprese che non è possibile saltare, piegarsi o sollevare oggetti senza grondare. La mamma ogni volta alleggeriva il suo abbigliamento, ma Pluf tornava sempre bagnato come se fosse andato in piscina.

Così, un martedì pomeriggio, Pluf si cimentò nel suo primo capriccio: quando arrivò lo zio per accompagnarlo alla lezione delle quattro, il bambino puntò i piedi e inizió a strillare. Lo zio Angelo tentò di trascinarlo con sè e allora Pluf si gettò per terra sprizzando grosse lacrime.

Lo zio era un omone grande e grosso e non si fece certo intimidire dalle urla del nipote, ma, improvvisamente, si udì un tuono, immediatamente seguito dallo scrosciare della pioggia.

Angelo aveva una grande passione: le auto decappottabili e in quel momento il suo gioiello più bello era parcheggiato in strada, completamente esposto alle intemperie.
Lo zio abbandonò il nipote recalcitrante e corse verso la sua preziosa auto per chiudere la capotte e riportarla al sicuro in garage.

Non appena Angelo si allontanò, il bambino smise di piangere e, quando lo zio ebbe ritirato la decappottabile, il sole era rispuntato in cielo.

Da quel giorno, Pluf smise le lezioni di ginnastica e iniziò i corsi di nuoto, in cambio promise di evitare i capricci.

Passò qualche anno e Pluf aveva mantenuto la sua promessa così bene, che tutti avevano dimenticato l’effetto devastante delle sue arrabbiature, fino al giorno in cui gli dissero che doveva partire, da solo con lo zio, per un paese straniero, mentre papà e mamma li avrebbero raggiunti più tardi.

Nessuno spiegò al bambino che la famiglia si sarebbe spostata per motivi di lavoro, che avrebbero avuto una nuova casa, dove sicuramente avrebbero incontrato nuovi amici e che lui doveva andare con lo zio perché i suoi genitori erano occupati nel trasloco e li attendeva un viaggio faticoso con il camion.

Nessuno spiegò niente a Pluf e Pluf si disperò.

Salutò con gli occhi bassi il papà e la mamma e andò all’aeroporto con lo zio. Scese dal taxi, passò la dogana, ma quando fu al gate, calde lacrime iniziarono a rotolargli sulle guance, mentre fuori cominciava a cadere una leggera pioggia.

Salì sull’aereo e il suo pianto si fece disperato. Il cielo iniziò a ribollire di nuvoloni sempre più neri; Pluf diede vita a un vero e proprio capriccio, e i lampi si misero a saettare intorno a loro.

Lo zio Angelo si spaventò e allora si ricordò di quando Pluf si rifiutava di andare in palestra e comprese che, se volevano partire, doveva riuscire a calmare il nipote.
– Adesso la smetti immediatamente – gli disse – altrimenti l’aeroplano precipiterà e moriremo tutti!-

Allarmato, il bambino si ammutolì, i tuoni cessarono e l’aereo decollò.

Quando raggiunsero le nubi, però, Pluf guardò giù e rincominciò a piangere e il veivolo si mise a sobbalzare per le turbolenze.
– Devi finirla di comportarti da moccioso frignone – lo scrollò lo zio.

Ma Pluf pianse più forte e gli scossoni sull’aereo si susseguirono sempre più vicini, mentre la gente incominciava ad urlare, attirando l’attenzione della hostess.
Lo zio Angelo era ormai terrorizzato:
– Se non smetti precipiteremo, moriremo tutti e sarà solo colpa tua!-

Pluf trasse dei grossi respiri, cercando di calmarsi.
A poco a poco il velivolo smise di sobbalzare, riportando il viaggio alla normalità.

La hostess si avvicinò al bambino:
– Perché piangi tanto? gli domandò – hai paura?-
– Sto partendo senza papà e mamma e non so perché.- le rispose tirando su dal naso.

Finalmente zio Angelo comprese l’angoscia del nipote e gli spiegò della nuova casa, assicurandogli che presto sarebbero stati raggiunti da tutta la famiglia, cane incluso.
Pluf si asciugò gli occhi e un timido sorriso gli comparve sulle labbra tremolanti, mentre il sole faceva capolino fra le nubi e l’aereo atterrava dolcemente.

Mi scuso se il racconto é un po’ più lungo del solito, ma doveva durare il tempo necessario per coprire l’intero tragitto.

12. GALILEO E ISACCO e Gaia

Gustav Klimt: Apfelbaum I (Melo I) – ca 1912.
Olio su tela 110 x 110 cm.
Collezione privata.

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La storia del giorno: giovedì 6 novembre.

Isacco e Galileo erano tornati dal mare e avevano ripreso a frequentare la scuola materna, dove scoprirono essere arrivata una nuova direttrice, la dottoressa Aceto.
Dopo alcune settimane la dottoressa convocò le insegnanti e il giorno seguente Isacco e Galileo furono divisi per la seconda volta, per facilitare uno “sviluppo autonomo delle loro personalità“.

Galileo capitò nel banco vicino a Gaia, una bimba che portava enormi occhiali arancio, disegnava benissimo e non rideva mai.

– Perché non dipingi un bel cielo, di notte? – le domandò.

– Ah, tu sei uno dei gemelli fissati con le stelle! –

Isacco, pensi che Gaia sia triste per via degli occhiali?” Comunicò al fratello, preoccupato dalla reazione della bambina.

“Magari non ha voglia di parlare” gli arrivò chiara la risposta del gemello.

Galileo continuò:

– Tu non hai fratelli?-
– Mi piace stare da sola –
– Allora vorresti andare sulla luna?-

Gaia sbuffò, ma il bambino non si arrese.

– Io ci sono stato sulla luna, però era un disegno, nemmeno troppo bello, perché io non sono bravo come te –

La bambina non alzò nemmeno gli occhi dal foglio e non gli rispose.

Il giorno dopo, si ritrovarono ancora vicini di banco.

– Perché non dipingi fiori di blu – suggerì Galileo a Gaia, sporgendosi a guardare il prato fiorito sul quaderno della bambina.

– Guarda che esistono tantissimi colori oltre il blu e il giallo – rispose indispettita puntando il dito sugli unici due pastelli sul banco del gemellino.

“Isacco, io sto provando a farla sorridere, ma non riesco proprio. Saranno gli occhiali troppo grossi che le danno fastidio?”

” Forse non vuole che tu le parli” poi il gemello gli propose: “Prova a portarla sull’altalena”

Così, appena uscirono in cortile, Galileo prese Gaia per mano e la fece salire sull’altalena.

– Stai tranquilla – le disse – ti spingerò io –
– Se vuoi ti farò andare in alto – continuò, reso audace dal silenzio di Gaia -Tu chiudi gli occhi e ti sembrerà di volare! –

– Io non voglio volare, voglio dondolare.- lo corresse.

– Se vuoi ti tengo io gli occhiali, così non avrai paura di perderli! –

Non penso che siano gli occhiali il suo problema” Isacco raggiunse i due bambini:
– Vieni Galileo, forse Gaia vuole stare sull’altalena da sola! – e, dopo avere rivolto un sorriso alla bambina, trascinò il fratello verso un gruppo di alunni, intenti a costruire un’astronave.

Il giorno seguente Gaia scelse di andarsi a sedere nel banco vicino a Galileo, che, tanto per cambiare, stava disegnando un mare di stelle.

– Prova con questo – gli disse, porgendogli un pastello del medesimo arancione dei suoi occhiali.

Poi lo guardò riempire il foglio di macchie colorate e si spostò più vicina.

– Ti aiuto – continuò e si mise a dipingere assieme a lui.

Stupito il bambino comunicò al gemello:
“Isacco, Gaia è venuta a cercarmi e mi sta insegnando a disegnare!”

Quando gli altri bambini corsero fuori dall’aula, loro non se ne accorsero nemmeno, tanto erano presi dal proprio lavoro.

Galileo stava fissando carta intensamente e…tutto intorno a lui divenne colore. Con curiosità e un pizzico di angoscia si rese conto di essere finito ancora una volta nel suo disegno. Immediatamente vide Gaia accanto a sé che si guardava intorno felice.

– Che bello qui! – gli disse e continuò a usare i suoi pastelli in modo frenetico, interrompendosi solo per aggiustare gli occhiali sul naso.
Quando ebbe finito, la bambina si spinse a curiosare in ogni angolo, mentre la sua bocca si apriva in un sorriso sempre più ampio:

– Ti piace? – gli chiese – Guarda quante sfumature …- E poi sospirò soddisfatta, a corto di parole.

Galileo corse con lei ad esplorare tutto intorno: – Grazie: il tuo cielo di prato e di fiori è bellissimo … – Si fermò : – Però adesso dobbiamo tornare, prima che ci cerchino – le ricordò.

Con il pastello blu segnò i contorni… e furono di nuovo in aula, dove li attendeva Isacco, che, sorridendo disse:

– Sai Gaia, mi piacciono proprio tanto i tuoi occhiali!- e tutti e tre si unirono ai giochi degli altri bambini.

Immagine tratta dal sito:
http://www.artdreamguide.com/_arti/klimt/_opus/518.htm