14. DUE DENTI e la bolla trasparente.

Foto di Giò Beltrame.

  MOOG

La storia del giorno: lunedì 23 novembre.

Due Denti si svegliò di soprassalto, udendo un suono che non riusciva a identificare: in un primo momento gli sembrò una chitarra, subito dopo un organo, poi un coro, quindi un piano.

Uscì dalla sua bolla nanna, andò a prendere a uno a uno gli SDENTATI e li riunì tutti quanti vicino all’orchestra.

Scoprirono che, quando stavano dormendo, era comparso uno strano strumento e ora, mentre l’intera orchestra taceva, dalle sue note solitarie, si stavano formando delle bolle trasparenti.

– Entriamo tutti insieme – disse Due Denti, afferrando Rossa che si stava sporgendo, per sbirciare dentro alla bolla.

– Guarda, non si vede niente! Sembra piena d’acqua! – protestò la bimba e, dopo essersi liberata dalla presa di Due Denti, scivolò curiosa accanto al nuovo strumento che continuava a emettere suoni sempre diversi. – Senape, vieni a provare : guarda quanti bottoni colorati! –

Senape si precipitò verso Rossa e le afferrò le mani, proprio un attimo prima che la bambina iniziasse a girare e a muovere tasti e leve del sintetizzatore*, causando conseguenze imprevedibili.

Con un sonoro “plop” Due Denti si affrettò a spingere gli Sdentati dentro la bolla e i bambini si ritrovarono sulle sponde di un ruscello, mentre l’aria riluceva di mille riflessi.

– Che bello! – sospirò Azzurra – Siamo in una cascata! –

– Non ci bagna ancora – puntualizzò Senape – la cascata è davanti a noi –

– Sembra un muro d’acqua. – esclamò Verde abbracciando forte Micio per paura di vederlo scomparire oltre.

Azzurra allungò una mano per afferrare gli spruzzi ma, proprio in quel momento, i riflessi presero la forma e l’aspetto di Rossa, una Rossa più sbiadita e tremolante e nello stesso istante i bambini udirono chiaramente levarsi il suono di una chitarra distorta.

– Per tutte le bolle, quella non sono io! – esclamò Rossa, afferrando Senape che le era ancora vicino – Toccami, io sono qui: quella cosa là non è vera! –

Senza prendere fiato, proseguì con la voce sempre più acuta: – Può darsi che sia la mia gemella? – e mentre parlava strattonava Senape – Oppure è un fantasma: per tutte le bolle, forse è il mio fantasma?-

Proprio in quel momento, i riflessi presero la forma e l’aspetto di Senape, un Senape più sbiadito e tremolante, mentre l'”altra Rossa” si dissolveva e contemporaneamente i bambini udirono levarsi il suono di un piano distorto.

– Anche tu hai un gemello, Senape: guarda! – continuò come un torrente in piena Rossa – Ecco, ho capito: è un fantasma, ci sono i fantasmi…forza scappiamo! –  si girò e iniziò a spingere contro la parete della bolla.

– Aspetta, Rossa – la bloccò Due Denti.

Proprio in quel momento, i riflessi presero la forma e l’aspetto di Azzurra, una Azzurra più sbiadita e tremolante, mentre l'”altro Senape” si dissolveva e contemporaneamente si distinse il suono di un’arpa distorta.

– Due Denti, lasciami andare – piagnucolò Rossa – Non vedi? Siamo circondati dai fantasmi, adesso c’è anche quello di Azzurra -.

– Rossa, io lo so che puoi essere molto coraggiosa, quindi smettila di esclamare “Per tutte le bolle”, calmati e taci almeno per un attimo! –

Gli Sdentati stavano fissando il loro Capo, quando l’ “altra Azzurra” svanì e piombò il silenzio.

La bolla esplose in mille frammenti colorati e i bambini si trovarono a galleggiare vicino all’orchestra. Scovarono Micio che, durante la confusione creata dagli sproloqui di Rossa, era sgusciato dalle braccia di Verde, aveva oltrepassato la cascata e ora stava giocando in mezzo ai tasti e le leve del sintetizzatore che, chissà come, aveva spento.

– Birbantello – l’apostrofò Verde, stringendoselo forte al petto 

– L’hai spento, brutto furfante! – lo sgridò Rossa – così hai rotto la bolla! – la bambina si avvicinò al gattino di nuvola  che si era nascosto sotto il braccio di Verde  e continuò: – E, per tutte le bolle, hai fatto sparire i fantasmi, mio piccolo eroe! – e lo baciò.

Due Denti li guardò, severo, poi sorrise e disse:

– Per tutte le bolle, adesso è proprio  ora di tornare a dormire! – 

Prese gli Sdentati per mano e spinse ognuno nella propria bolla-nanna, si impossessò della sua e finalmente tutti quanti crollarono nel mondo dei sogni.

 * Il sintetizzatore (abbreviato anche in synth dal termine in inglese) è uno strumento musicale che appartiene alla famiglia degli elettrofoni. Si tratta di uno strumento che può generare imitazioni di strumenti musicali reali o creare suoni ed effetti non esistenti in natura.

 

 

ISACCO e GALILEO e le stelle cadenti

La Notte Stellata di Vincent Van Gogh

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La storia del giorno: mercoledì 12 agosto

Un giorno, alla scuola materna, la maestra aveva letto ai bambini la storia della SIGNORA CORRY, ( crf. MARY POPPINS di P.L. Travers volume 1) e Isacco e Galileo erano rimasti entusiasti nello scoprire che a Londra c’era una piccola pasticceria la cui proprietaria di giorno vendeva biscotti di pan pepato, “ogni pezzo cosparso di stelle dorate così fitte che lo stesso negozio sembrava illuminarsi lievemente al loro bagliore”, e di notte, munita di colla e di scala, andava ad appendere le stelle avanzate dai dolci mangiati, in cielo.

Purtroppo nella loro città non esisteva niente di simile, però quel sabato, quando Isacco e Galileo andarono al supermercato con il papà, videro sullo scaffale alcune confezioni di biscotti in promozione con una bustina di stelle dorate in omaggio.

Galileo, lesto, ne prese due sacchetti e li infilò nel mezzo del carrello, senza farsi vedere, e strizzò l’occhio, birichino, al fratello.

Il problema, a questo punto, era procurarsi la colla, ma Isacco, nel reparto cartoleria, riuscì a infilare assieme alla spesa, uno stick.

Alla cassa il papà pagò, senza accorgersi degli acquisti contrabbandati dai suoi figli.

Con la mamma a casa, fu molto più difficile far sparire il maltolto dai sacchetti e nasconderlo nella loro cameretta.
Il tempo rimase piovoso per tutta la settimana, i biscotti a poco a poco furono mangiati di notte dai due gemellini, mentre spiavano il cielo sempre buio e senza luna.
Finalmente la pioggia finì, venne la notte luminosa e stellata e Galileo decise di uscire e appendere le stelle in offerta con i biscotti.

Isacco, che aveva ascoltato attentamente la storia della SIGNORA CORRY, sapeva che bisognava andare “dove non c’erano case, ma solo erba e trifoglio” (crf. MARY POPPINS di P.L. Travers volume 1) e cercò di dissuadere il fratello.
” Di che cosa ti preoccupi, Isacco, qui la campagna é vicina”

” Ma se papà e mamma si accorgono che siamo scomparsi, moriranno di preoccupazione!”

“Vorrà dire che tu resterai qui a tranquillizzarli”

” Poi non hai la scala”

” Mi arrampicherò sugli alberi”

“Non sappiamo nemmeno se le stelle dei biscotti sono quelle giuste! Facciamo prima un esperimento, che ne pensi?”

“Andiamo sul terrazzo del tetto, dove la mamma va a stendere i panni d’estate, io so dove tiene le chiavi: il cielo lì si può toccare, ci sono i vasi di erba e trifoglio e non si vedono case perché sono tutte giù in basso.”

I due gemellini si misero le calze per non fare rumore e, armati di colla e stelle, partirono in spedizione.

All’inizio fu un disastro, poi compresero che il problema era lo stick. Così Isacco tornò in casa e trovò nello studio di papà un vasetto giallo provvisto di colla liquida e pennello.
Sprecarono un sacchetto di stelle, ma, finalmente, la prima si attaccò e scivolò verso l’alto, dove si mise a “brillare furiosamente spargendo raggi di scintillante luce dorata” (crf. MARY POPPINS di P.L. Travers volume 1).

Dopo che tutto il sacchetto rimase vuoto, Isacco e Galileo, soddisfatti, si stesero a guardare il cielo, che apparve ancora più scintillante, con le loro stelle che luccicavano come le palle luminose di un albero di Natale.

Isacco e Galileo si sentivano molto soddisfatti per essere riusciti ad appendere le stelle e non vedevano l’ora che scendesse nuovamente la sera per potere ammirare il loro operato.
Così, appena la mamma li mandò a dormire, corsero nella loro cameretta e si misero alla finestra per guardare il cielo che stava imbrunendo.

A poco a poco iniziarono a brillare mille lucine e, mentre i due gemellini stavano cercando di riconoscere le “loro” stelle, videro che da un punto della volta celeste, inesorabilmente, ad uno ad uno, gli astri luminosi si staccavano e cadevano, lasciando dietro di sé una scia, che, dopo alcuni istanti, scompariva.

Compresero immediatamente che a svanire erano proprio le stelle che avevano attaccato loro, la notte precedente e rimasero impotenti a guardare fino a quando scomparve anche l’ultima.

Sconsolati, andarono a letto.

Le stelle di Vincent Van Gogh
Vincent Van Gogh: La Notte Stellata sul Rodano
Olio su tela; 72,5 x 92 cm
Musée d’Orsay, Parigi

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Si avvicinava la notte del 10 agosto.

Per tutte le vacanze Isacco e Galileo, in attesa di realizzare il loro personale cielo stellato per San Lorenzo, avevano mangiato a colazione unicamente i biscotti in promozione con la bustina di stelle dorate in omaggio.

– Siamo solo noi due, come faremo ad appanderle tutte in una notte? – si domandava sconsolato Galileo.
– Possiamo coinvolgere Roby –
– Così saremo in tre: non cambierà molto!-

In spiaggia il loro amico non era ancora tornato, anche perché continuava a piovere; così quella sera i due gemellini si presero per mano, si concentrarono intensamente su Roby e chiusero gli occhi.

Quando li riaprirono si trovarono davanti al loro amico che, tutto solo, stava seduto sul letto a sfogliare un giornalino.

– Che bello, siete arrivati: pensavo proprio a voi. –
– Sei tornato: non ne eravamo sicuri. Sei in casa da solo?-
– Sono qui da ieri – mostrò il suo sorriso parzialmente sdentato – Non preoccupatevi, i miei genitori stanno giocando a carte con i loro amici e non ci sentiranno!-

– Non possiamo fermarci molto: la mamma fra poco andrà a controllare se stiamo dormendo.-

– Fra qualche giorno sarà la notte delle stelle cadenti…- iniziò Isacco
– Caspita, conoscete un sacco di cose su quello che accade in cielo- lo interruppe Roby, non ancora del tutto convinto che Isacco e Galileo fossero due bambini reali e non il frutto della sua immaginazione.
– e noi abbiamo scoperto come si fa a fare le stelle cadenti…
– Cioè – puntualizzò Galileo – noi pensavamo di appendere le stelle in cielo per sempre…-
– ma la sera dopo sono cadute tutte-
Roby li ascoltava annuendo di tanto in tanto.
– E abbiamo bisogno del tuo aiuto-
– Di me? – domandò incredulo e lusingato Roby.
– Sì perché da soli non ce la facciamo a incollare tutte le stelle che siamo riusciti a mettere da parte.-
– Incollare? –
– Certo, di colla ne abbiamo in quantità, la zia Lori ne usa a quintali…
Ci mancano volontari per aiutarci ad appiccicare tutte le stelle in una sola notte. –

– E quando dovrebbe essere? –

– Sabato sera-

– questo sabato?-

Isacco e Galileo annuirono in copia.

– Bisogna assolutamente rimandare di qualche giorno, per ferragosto penso di riuscire a organizzarmi…-

-La mamma!- si ricordò ad un tratto Isacco

– Dobbiamo tornare immediatamente! –

– Tu, intanto, pensaci-

Roby non fece in tempo a rispondere che i due gemelli si erano presi per mano, avevano chiuso gli occhi ed erano scomparsi.

Joan Miró: La Scala della fuga – 1940
Tempera su carta 38×46 cm.
New York: Collezione privata.
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Finalmente aveva smesso di piovere così Galileo e Isacco si incontrarono in spiaggia con Roby, che, mangiando quasi le parole per la fretta, li informò:

– In occasione di ferragosto ho ottenuto il permesso di ospitare tre miei compagni del campo estivo – si fermò a prendere fiato, aspettando un commento entusiasta da parte dei due fratelli, poi proseguì: – arriveranno domani.-

– Perfetto – si complimentò Isacco – adesso ci resta solo da decidere come faremo ad andare “dove non ci sono case, ma solo erba e trifoglio” (crf. MARY POPPINS di P.L. Travers volume 1)
– Nessun problema, – intervenne ancora Roby con un gran sorriso -nascosto nella siepe della mia terrazza, c’è un cancello che porta direttamente sui prati –

I due gemelli gli ricambiarono il sorriso:
– Cercheremo di arrivare domani verso mezzanotte, con la colla e le stelle; voi aspettateci svegli! – poi si affrettarono a raggiungere la zia Lori che li stava già richiamando a gran voce.

Il 14 agosto il tempo non passava mai.

Dopo cena i due gemelli si ritirarono in camera loro prima del solito.

Anche a casa di Roby i bambini andarono a dormire presto, bisbigliando eccitati, non ancora convinti dell’avventura che li attendeva quella notte.

Quando la anche l’ultima luce fu spenta, Isacco e Galileo accostarono l’orecchio alla porta della stanza della zia Lori e udirono il suo respiro pesante.
” Ti sei ricordato di mettere due cuscini sotto al lenzuolo al nostro posto?”

” Tutto fatto”

” Io ho preso la colla e le stelle”

Quindi, tenendosi per mano, si concentrarono intensamente su Roby e chiusero gli occhi.

Quando li riaprirono, ancora una volta, si trovarono davanti al loro amico in compagnia di tre bambini che li guardarono con la bocca spalancata.

– Marco, Paolo e Luca – li presentò velocemente Roby – Ecco, anche noi siamo pronti.-

Senza alcun indugio, si pose in testa al gruppo e li condusse tutti in fila indiana fuori dalla stanza fino al soggiorno. Trattenendo il respiro, aprì la porta finestra e i fuggitivi scivolarono sul terrazzo senza emettere alcun suono; poi Roby spinse il cancello nascosto dietro la siepe e i sei bambinifurono finalmente nel prato.

Galileo e Isacco si misero immediatamente al lavoro e, grazie alla passata esperienza, in un attimo la prima stella si attaccò e scivolò verso l’alto, dove si mise a “brillare furiosamente spargendo raggi di scintillante luce dorata” (crf. MARY POPPINS di P.L. Travers volume 1).

Ancora increduli, Marco, Paolo e Luca, dopo avere osservato attentamente, non persero tempo e spennellarono la colla sulle stelle dorate in promozione coi biscotti -collezionate nell’estate dai due gemelli – per passarle a Roby che collaborava spalla a spalla con Galileo e Isacco.

In breve tempo, il sacchetto fu vuoto e tutti i bambini, soddisfatti, si stesero a guardare il cielo, che apparve ancora più scintillante, con le loro stelle che luccicavano come le palle luminose di un albero di Natale.

I due gemelli furono i primi a parlare:

– Adesso dobbiamo scappare, prima che la zia sia accorga che non siamo più nei nostri letti.-

Insieme varcarono il cancello nella siepe: Roby, Marco, Paolo e Luca in fila indiana si diressero verso la porta finestra del terrazzo ancora socchiusa, mentre Isacco e Galileo si prendevano per mano, chiudevano gli occhi e scomparivano.

La sera di ferragosto si ritrovarono tutti in spiaggia, accompagnati dalle loro famiglie, per assistere ai tradizionali fuochi d’artificio.

Terminato lo spettacolo, quando erano ancora tutti insieme e si scambiavano chiacchiere e auguri, Roby esclamò:

– Guardate là, dove il cielo é più luminoso! –

– Stelle cadenti! – osservò la zia Lori stupita

– Mai viste così tante!-

– Sono più numerose che nella notte di S.Lorenzo!-
Tutta la spiaggia era ormai intenta a guardare in su, verso il punto della volta celeste, dove, inesorabilmente, ad uno ad uno, gli astri luminosi si staccavano e cadevano, lasciando dietro di sé una scia, che, dopo alcuni istanti, scompariva.

Immagine tratta dal sito:

Le stelle di Vincent Van Gogh

Immagine tratta dal sito: http://cultura.biografieonline.it/scala-della-fuga-evasione-miro/

1. LA BAMBINA CON IL CAPPELLINO 

Pier Augusto Breccia: Chiesa universale – 2006

Pencil on paper: 57 x 45

Collezione privata – Viterbo

  
La storia del giorno: lunedì 20 luglio.

Dedicato alla mia amica fotografa Gianna C., che riesce a dare vita agli oggetti inanimati.

La storia cominciò.
Gianna portava sempre un cappellino.

Quando era estate la mamma le raccomandava:

– Gianna, metti il cappellino, altrimenti il sole ti brucerà il cervello!-

Se pioveva:

– Gianna, metti il cappellino, altrimenti la pioggia ti bagnerà il cervello-

Quando era inverno:

– Gianna, metti il cappellino, altrimenti il freddo ti gelerà il cervello!-
Così, quando Gianna andò a scuola, comprese fin dal primo giorno che doveva indossare una grossa fascia in testa, altrimenti tutte le idee le sarebbero scappate dal cervello.  
Una mattina, a scuola venne il fotografo : la classe di Gianna fu fatta uscire in corridoio dove era stata sistemata una panca e i bambini furono disposti su due file: i più alti in piedi con la maestra e i più piccoli seduti davanti.

Il fotografo disse a Gianna:

– Tu, bambina con quel bel nastro azzurro in testa, siediti in mezzo e tieni ben in vista questa lavagna, in modo che si legga perfettamente la scritta : – PRIMA B.-

Fu in quel preciso istante che Gianna decise di diventare una fotografa.
Tornò a casa e aspettò con ansia il ritorno del suo papà.

Gli corse incontro:- Papà, papà mi presti la tua macchina fotografica?-

– Gianna, sei troppo piccola: aspetta qualche anno e poi te ne comprerò una tutta tua.-

Gianna, però, non voleva aspettare qualche anno.

Venne la fine della scuola e alla bambina, che ogni giorno aveva indossato una splendida fascia colorata fra i capelli per conservare tutti gli insegnamenti ricevuti, fu consegnata una bellissima pagella, con tanti complimenti dalle maestre.

I suoi genitori, orgogliosi, decisero di premiarla e le regalarono proprio una macchina fotografica tutta sua: poco più di un giocattolo, ma perfettamente funzionante.

Gianna fotografò: fotografò la mamma, fotografò il papà, fotografò il cuginetto, la vicina di casa, la portinaia, il gatto sulle scale. 

Poi, finalmente, guardò il risultato e per poco non scoppiò a piangere. Era tutto così fermo, cosī immobile; solo le scale sembravano vive: apparivano un po’ storte sotto alle zampine del gatto, i gradini leggermente sghembi, alcuni più alti e altri più stretti e la ringhiera contorta e sinuosa come un serpente.

Gianna andò a mettersi la sua fascia più larga del colore dell’iride, si fece un nodo bellissimo e ben stretto sopra ai capelli, quindi ripartì alla ricerca di un nuovo soggetto.

Alla fine lo trovò : su una mensola un po’ in ombra, un cagnolino di ceramica la guardava triste con le orecchie a penzoloni e la fronte rugosa.

Gianna fotografò: fotografò il cane dal basso, dal fianco, di muso e di spalle, fotografò senza fermarsi finché si accorse che la coda del cucciolo si stava muovendo e, dopo un istante, il cagnolino di ceramica alzò il suo sguardo su di lei e abbaiò festoso.

– Ma tu sei vivo! – esclamò Gianna e iniziò a grattarlo dietro le orecchie.

Il cucciolo soddisfatto abbaiò ancora.

– Zitto, altrimenti la mamma ti sentirà!-

La mamma, però, aveva l’udito acuto: 

– Gianna – chiamò – che cosa succede? – mentre si dirigeva verso il soggiorno.

– Sta fermo!- intimò la bambina – e non emettere alcun suono!-

Il cagnolino di ceramica continuò a scodinzolare.

Gianna diede una stretta al fiocco fra i capelli e, immediatamente, ebbe un’intuizione brillante: afferrò la macchina fotografica, cercò il pulsante di spegnimento e, non appena lo schiacciò, il cucciolo ritornò immobile, con le orecchie a penzoloni.

La bambina emise un sospiro di sollievo mentre la mamma la raggiungeva:

– Sempre a fotografare! – le disse.

Gianna, uscendo dalla stanza, lanciò un ultimo sguardo al cagnolino e fu certa  di scorgere nei suoi occhi una luce gioiosa che prima non aveva.
Immagine tratta dal sito: http://www.pieraugustobreccia.com/#!chiesa-universale/zoom/c179w/i9bxa

Romeo, Aria, Queen e Dog

18. ROMEO, ARIA, Queen e Dog

Andrew Wyeth: Wind from the Sea (detail)
Tempera on hardboard – 1947
47 cm × 70 cm (19 in × 28 in)
National Gallery of Art, Washington DC

La storia del giorno: lunedì 11 maggio.

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La storia cominciò.

Aria era preoccupata:

– Romeo, credi che Queen tratterà bene il suo criceto? –

– Perché non dovrebbe? Ha sempre desiderato un animale tutto suo-

– Appunto – la bambina inclinò il capo pensierosa – ho paura che lo consideri solo come un giocattolo nuovo –

– So già quello che vuoi da me: la risposta è NO –

Aria si limitò a guardare il fratello con un sorriso.

– Lo capisci anche tu – iniziò a giustificarsi Romeo – non posso andare a controllare: è troppo complicato. Fa ancora freddo, le finestre sono chiuse e …

– C’è una siepe che separa la strada dal giardino di Queen – lo incalzò la sorellina – potremmo nasconderci lì, mentre tu ” fai il botto“.-

– No, oggi proprio non se ne parla! –

Aria tornò a sfogliare il suo libro, apparentemente convinta dalle argomentazioni del fratello.

Sabato pomeriggio finalmente il sole brillava alto in cielo e l’aria tiepida entrava dalle finestre spalancate.

Aria si accoccolò in braccio a Romeo e con un gran sorriso esordì:

– Oggi è proprio il giorno giusto, non ti sembra? Potremmo uscire a fare due passi.-

– Non ti arrendi mai, vero? – Romeo le scompigliò i capelli.

Insieme si diressero verso la casa di Queen.

– Hai visto? Anche qui hanno aperto tutte le finestre! Vieni, nascondiamoci dentro alla siepe!-

Si accoccolarono vicini, completamente celati dal fitto fogliame. Allora Romeo si concentrò …sentì un gran botto e si trovò proprio davanti alla gabbia del criceto e in un attimo …fu il criceto.

Si guardò intorno in cerca di Queen. Tutto era enorme e distorto.

C’era una grande porta bianca socchiusa. Il topolino si sporse per capire che cosa ci fosse oltre, ma le sbarre gli impedivano la visuale.

Avvertì i suoi baffi muoversi frementi per la frustrazione.

Si arrampicò sulla ruota che immediatamente si mise a girare, facendolo cadere impacciato sulle quattro zampe.

Di Queen non c’era nessuna traccia e Romeo decise di partire in perlustrazione.

Cercò lo sportello della gabbia e spinse forte con il muso.

– Dove pensi di andare, furbetto?-

Il criceto squittì per lo spavento, mentre il cuore gli rombava nelle orecchie: Queen lo stava osservando e i suoi occhi erano due grandi palle severe.

– Volevi scappare, vero? – lo incalzò la bambina protendendo un dito attraverso le sbarre.

Romeo d’istinto tentò di indietreggiare.

– Sei il mio piccolo furfante – continuò Queen mentre il suo indice aveva raggiunto il morbido collo del criceto e aveva iniziato a grattarlo.

– Vuoi un po’ di coccole, mio tenero Dog?- aggiunse dolcemente.

Adesso Romeo voleva veramente scomparire.

La bambina dai capelli lunghi aprì la gabbia e afferrò con attenzione l’animaletto.

Romeo decise di scappare: non poteva certo permettere che Queen gli grattasse la pancia o, peggio ancora, lo riempisse di umidi bacini.

Scivolò veloce fra le sue dita che lo stringevano delicatamente e si catapultò sul pavimento.

– Accidenti, saltelli come una rana! – esclamò la bambina, cercando di catturarlo.

Romeo, intanto era alla ricerca disperata di un nascondiglio in quella stanza che gli appariva gigantesca; si infilò, perciò, sotto al letto.

– Oggi sei proprio un birbante – e il criceto, mentre si rifugiava in un angolo, vide spuntare la mano protesa di Queen.

Ancora una volta l’animaletto, con un balzo, riuscì ad evitare di essere preso.

– Sai, mi ricordi il ragazzo che questa estate ha vinto il campionato di salto in lungo –

Il criceto cercò di raggiungere la sicurezza della sua gabbia.

– Si chiama Romeo e ha una buffa sorellina –

Il topolino si immobilizzò.

– Ti ho preso! – proclamò raggiante la bambina.

Proprio in quel momento, nascosta ancora nella siepe, Aria toccò la spalla del fratello che, con un sospiro di sollievo, uscì dal nascondiglio trascinando la sua complice velocemente verso casa.

– Raccontami tutto – esordì Aria appena raggiunsero il loro giardino.

– Non chiedermi mai più di ritornare – sbottò Romeo – Il criceto sta benissimo –

– Ma… – tentò invano di insistere la bambina

– Ripeto, Doc è al sicuro con Queen – poi, per farla tacere, la prese sulle spalle e al galoppo la portò in cucina, dove la mamma aveva preparato la merenda.

7. ISACCO E GALILEO e la luna

William Turner : The snow storm (1842)
Tela cm. 91,5 x 122
Tate Gallery di Londra

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La storia del giorno: martedì 13 maggio.

Marina era a casa da scuola per un raffreddore fortissimo.
Quando il suo papà tornò, la bambina aveva gli occhi gonfi e il naso rosso e allora, mentre le soffiava il naso per l’ennesima volta, egli si mise a raccontare di Galileo e Isacco.

La storia cominciò.

Era l’ora dedicata al disegno e Galileo odiava disegnare. I pastelli gli cadevano sempre e usava solo il blu per dipingere il cielo.

Quel giorno la maestra voleva che si cimentassero per preparare un biglietto per la festa della mamma.

Galileo alla sua mamma avrebbe voluto regalare la luna, ma anche la luna era troppo difficile da mettere su carta.

Isacco, invece, era molto bravo e, fino a quel momento, aveva sempre portato a termine anche i lavori di suo fratello.
Purtroppo erano seduti lontani e l’insegnante di turno non li perdeva di vista.

“Come posso disegnare la luna?” pensò Galileo.
“Fai un grande cerchio giallo”
“Non mi piace come è venuto: sembra una brutta palla bitorzoluta e la mamma si merita qualcosa di meglio”

L’ora passò e finalmente i bambini furono accompagnati in cortile.
Galileo stringeva ancora in mano il suo disegno e i pastelli blu e giallo.

Decise di rifugiarsi nella cuccia abbandonata che aveva scoperto nel suo primo giorno alla scuola materna e si mise a pensare come rendere più bella la sua luna.

Fissava la carta intensamente e…tutto intorno a lui divenne giallo.
Con curiosità e un pizzico di angoscia si rese conto di essere finito nel suo disegno.

Il colore non era stato distribuito in modo uniforme e, disseminati a caso un po’ ovunque, crateri vuoti e trasparenti conducevano chissà dove.

“Usa il pastello per tappare i buchi!”
“Isacco sei qui anche tu?”
“No, però ti sento”
“Me la immaginavo più bella la luna”
“Ma non sei sulla luna; dai: aiutati con i pastelli”
“E se mi cadono?”

Concentratissimo, Galileo prese il giallo: dapprima riempì le parti bianche e iniziò a sfumare colline e valli, poi con il blu creò le ombre.

“Isacco, mi sto proprio divertendo”.

Sempre più infervorato riprese il giallo per dare colpi di luce, quindi dipinse un bel sorriso e, soddisfatto dei risultato ottenuto, con il blu fece i contorni…e fu ancora al sicuro nella cuccia.

Corse a raggiungere Isacco e orgoglioso gli mostrò il disegno.

Il giorno dopo, la mamma, sotto il piatto, trovò accuratamente ripiegati due biglietti, li aprì e si commosse un po’ nell’ammirare il risultato degli sforzi dei suoi bambini.

Immagine tratta dal sito: http://sauvage27.blogspot.it/2009/02/la-tempesta-di-neve-william-turner.html

14. ISACCO E GALILEO e la zia Lori.

Claude Monet – Marine, Pourville

La storia del giorno: martedì 14 aprile.

La storia cominciò.

Galileo si era ammalato, proprio durante le vacanze di Pasqua al mare.

Quando la zia Lori si offrì di portare Isacco a fare un giro in barca con lei, Galileo si sentì meno triste per essere costretto a non uscire per colpa dell’influenza, anzi fu quasi felice di rimanere in casa in compagnia della nonna.

Isacco cercò in tutti i modi di declinare l’invito, ma la zia non volle ascoltare ragione.

– Zia, se prendo freddo, poi potrei ammalarmi come Galileo…anzi, sono quasi sicuro di avere l’influenza in incubazione; davvero, è meglio che io stia a casa! Tu vai pure, però. –

– Assolutamente non se ne parla, hai bisogno di respirare iodio: che cosa c’è di meglio di un giro in barca?

Porteremo una merenda al sacco e staremo fuori fino a quando ci sarà luce, così non rischierai di essere contagiato da tuo fratello.-

Galileo se la rideva sotto i baffi, mentre Isacco, dopo essere stato infagottato in strati di maglioni e ricoperto da un impermeabile, nonostante il sole brillasse nel cielo, si avviava verso la spiaggia per mano a zia Lori.

– Remerò fino a una caletta che conosco solo io, vedrai!-

Isacco, troppo bene educato per sbuffare, abbassò la testa, lasciandosi trascinare fino alla barchetta a remi.

La baia era nascosta dietro a uno scoglio: approdarono su una spiaggia sassosa, talmente minuscola che il bambino non si stupì venisse frequentata solo dalla zia.

Una volta tirata in secco la loro imbarcazione, rimase solamente un angolo in ombra, dove Lori stese una stuoia e si mise a sferruzzare.

Per fortuna dopo poco Lori decise di estrarre la borsa delle vivande e i due si misero a mangiare in silenzio.

Quando terminarono, la zia ripose tutto in ordine e sistemò il frigo portatile, assieme alla sua borsetta e al suo preziosissimo lavoro a maglia, sul fondo della barca.

Poi sospirò e si rivolse al nipote:

– Adesso fa il bravo, respira a fondo quest’aria meravigliosa, mentre io mi concederò un sonnellino prima di ritornare –

Quindi si sdraiò sulla stuoia con un asciugamano piegato per cuscino e dopo poco iniziò a russare.

“Galileo, la zia dorme!” Isacco non perse tempo e si mise in contatto con il gemello a casa.

Davvero? Non lo ha mai fatto quando ci sono io: continua a dirmi: – Galileo, non tirare i sassi, non bagnarti i piedi…- una vera angoscia!”

“Dovresti vedere, questa spiaggia è un vero buco: non c’è niente, anche i sassi sono tutti grigi e uguali!”

” Prova ad andare in esplorazione”

” La zia e la barca occupano praticamente tutto lo spazio disponibile: ho deciso, mi arrampicherò sugli scogli alle spalle del mare”

Così Isacco partì alla scoperta delle rocce.

” Ho trovato un laghetto” comunicò poco dopo al fratello malato. “Adesso lo assaggio… è salato: è acqua di mare”

” Ci sono i pesci?”

” Ma no, è piccolissimo: è solo una pozza d’acqua. Chissà come avrà fatto il mare a finire così in alto?”

Isacco non si avvide dello scorrere del tempo e improvvisamente fu riscosso da un urlo della zia.

” Galileo, la zia si deve essere svegliata e non mi ha trovato, anche se sono appena qui sopra lo scoglio. Sarà meglio che mi faccia vedere al più presto” e scivolò veloce come un capretto verso la spiaggia.

– Sono qui zia, alza gli occhi –

Ma Lori continuò ad urlare.

Allora Isacco guardò giù e vide la zia già fradicia, mentre il mare si era sollevato in onde sempre più minacciose.

La barca era scomparsa con tutto il suo carico.

– Zia vieni, arrampicati anche tu: è facile!- e le tese la mano, costringendola a voltarsi verso di lui.

” Galileo, devi aiutarci: vai dallo zio Pio e cerca di convincerlo a cercarci: mentre la zia dormiva le onde si sono portate via la barca con tutte le nostre cose e adesso la spiaggia è quasi completamente sommersa!”

Poi Isacco si rivolse a Lori:

– Vedrai, zia, verranno a prenderci non appena si accorgeranno che il mare è cambiato. Zio Pio conosce questa caletta?-

– Sono troppi anni che non ci viene: preferisce andare a pescare al largo – borbottò sconsolata.

– Quando siamo partiti ci siamo diretti a destra o a sinistra?-

– Si dice levante – lo corresse la zia che, nonostante la paura, non aveva rinunciato all’abitudine di puntualizzare sempre, a torto o a ragione.

Isacco “ lo contattò Galileo “la nonna si è accorta che il mare si è ingrossato e lo zio Pio sta per venirvi  a cercare!”

“Digli che hai sentito la zia mentre mi raccontava che saremmo andati in una caletta conosciuta solo a lei, verso levante!”

“Tieni duro, sta arrivando!”

Zia Lori si era appollaiata sullo scoglio, con i capelli che le colavano lungo il viso.

Isacco le strinse la mano:

– Zia stai tranquilla, mio fratello era con noi quando mi hai informato della spiaggetta.

Guarda: mi sembra di vedere il gozzo da pesca dello zio che sta arrivando!-

Dopo poco entrambi erano riusciti a salire a bordo, bagnati e con le mani un po’ spelacchiate, ma al sicuro.

Lori sedeva rigida in un angolo, senza rivolgere la parola a suo marito, mentre Isacco chiacchierava fitto fitto con lo zio.

Quando finalmente arrivarono a casa, la zia Lori si diresse impettita verso Galileo e gli disse:

– Per questa volta la passerai liscia, ma guai a te se ti troverò ancora a origliare le mie conversazioni! – quindi si diresse verso la sua camera, richiudendo la porta dietro di sé.

 Immagine tratta dal sito: http://www.dietrolequinteonline.it/claude-monet-impressioni-di-vita/

FRANGIA

Joan Mirò 

 

La storia del giorno: lunedì 23 marzo.

La storia cominciò.

C’era una volta una bambina che si chiamava Frangia e viveva con la nonna Anna e una micia un po’ spelacchiata di nome Cocca.

La nonna lavorava tutto il giorno al telaio, tranne un sabato al mese, quando, insieme a Frangia, si recava al mercato ad esporre e a vendere i tessuti confezionati.

– Nonna, mi fai provare? – domandava la bambina ogni volta che la nonna terminava un lavoro.

La risposta era sempre: – Hai ancora le mani troppo piccole!-

La nonna cantava e tesseva.

Era il sabato del mercato e Frangia entrò in cucina.

– Cocca ha dormito con te? – le domandò la nonna.

– No, è da ieri sera che non la vedo.-

– Sono preoccupata: non è tornata questa notte.- La nonna sospirò. – Oggi, allora, dovrò andare al mercato da sola: tu rimarrai a casa ad aspettare Cocca!-

– Nonna, per favore! – supplicò Frangia – lo sai quanto mi piace aiutarti; se non verrò oggi, mi toccherà aspettare un mese! –

– Rimarrò fuori tutto il giorno e fra poco, quando Cocca tornerà sarà sicuramente affamata –

La nonna le scoccò un bacio sulla guancia umida.

– Siediti – proseguì – ti intreccerò i capelli: non posso lasciarti sola, immersa in cupi pensieri. Intreccerò nei tuoi capelli la tristezza, così il tempo trascorrerà più lieve.-

La nonna era uscita da poco, quando Frangia udì dei rumori sommessi giungere dalla soffitta. Piano piano la bambina si avventurò per la vecchia scala di legno e vide due puntini i luminosi nel buio.

– Cocca, brutta briccona, scendi subito! – intimò la bambina. Gli occhi scomparvero all’interno dello stanzone. Frangia accese la lampadina che pendeva da una trave e colse la gatta mentre si rifugiava dietro a un baule.

– Ti ho presa! – affermò esultante la bambina e in quel momento si accorse che Cocca aveva sollevato il telo che proteggeva – chissà da quanto – un telaio in miniatura.

– Che bello – esclamò entusiasta – Guarda: è proprio come quello della nonna, solo più piccolo; che ne dici, Cocca, non ti sembra proprio adatto alle mie mani? – e in uno slancio scoccò un bacio sul muso della micia.

Faticosamente, trasportò il piccolo telaio giù dalle scale e lo posizionò sul tavolo, accanto a quello della nonna. Poi prese del filo e, armata di spoletta, iniziò a copiare i movimenti che aveva osservato tanto a lungo.

Era concentratissima, ma quando la stanza divenne più buia, alzò lo sguardo verso la finestra e vide le prime gocce sottili scendere dal cielo.

Non deve piovere! ” pensò e si mise a tessere con più attenzione, desiderando di poter influenzare il tempo. Prese una matassa di un giallo brillante per disegnare un sole e cominciò a cantare mentre tesseva.

Cantava, tesseva e immaginava.

Dopo un po’ la luce si fece più intensa: Frangia tornò a guardare dalla finestra e la pioggia era cessata.Alla sera, quando ritornò la nonna, trovò la bambina ancora intenta a tessere: vide l’oro nel suo tessuto e comprese.

Cocca le osservò sorniona, acciambellata su una vecchia sciarpa fra i due telai.

Immagine tratta dal sito: http://www.alessandrianews.it/cultura-spettacolo/a-genova-due-grandi-mostre-palazzo-ducale-27089.html

 

17. ROMEO E ARIA e Dog.

Maurice de Vlaminck (1876-1958) : Arbres à la maison bleue – 1906 

Oil on canvas : 21½ x 25¾ in. (54.5 x 65.5 cm.) 

La storia del giorno: martedì 3 marzo.
La storia cominciò.
Romeo era appena rincasato da scuola e trovò la sua sorellina intenta a sfogliare un libro di animali. Si sedette accanto a lei e distrattamente le disse:
– Sai, tornando, sono passato vicino alla casa di Queen e ho notato un gran trambusto –
La bambina gli si accoccolò in braccio.
– Pensi sia successo qualcosa?-
– Credo che sia il suo compleanno e che abbia invitato le sue compagne per una festa!-
– Tu dici che Queen ha tante amiche?-
– A giudicare dalle persone che ho visto arrivare sembrerebbe proprio di sì.-
– Che strano, ogni volta che la incontro è sempre da sola con la sua Tata.-

Aria guardò il fratello. In quel periodo si era preoccupata per lui: spesso lo aveva sorpreso intento a osservare il cielo e sospirare. Così, la bambina aggiunse entusiasta:
– Perché non vai a controllare?-
– Come posso fare? È inverno: le finestre sono chiuse, le rondini sono migrate lontano; dalla notte di Natale anche la gazza è scomparsa, le rane e le lucertole non si vedono più…- Romeo sospirò.
– Rimangono i passerotti: vengono sempre a mangiare le briciole che lascio per loro in giardino. ..potrai osservare dai vetri che cosa sta succedendo, che ne pensi? – e gli strizzò un occhio.
– Si può fare – Romeo sorrise.

I due bambini si infilarono i cappotti e uscirono in cortile.
Aria si avvicinò a un passerotto che si posò sulla sua mano e si mise a beccare la mollica che la bambina aveva portato per lui.
– È pronto, puoi provare!- annunciò poco dopo Aria al fratello.
– Ci hai parlato?-
– Certo, così non si spaventerà quando lo userai per raggiungere il giardino della villa-

 

Romeo si concentrò, sentì il gran botto e si trovò appollaiato fra le dita di sua sorella. Spiccò il volo, sfiorandole il volto con una carezza, quindi si diresse sicuro verso la casa di Queen.

 

La bambina dai capelli lunghi era seduta davanti a un tavolo ricolmo di pacchetti, attorniata da una folla di fanciulle schiamazzanti.
– Apri il mio adesso!-
– Oh, fammi vedere? –
– Bellissimo!-
– Grazie!-
– Leggi il biglietto!-
Queen scartava, ammirava e ringraziava.
Romeo, appollaiato sul davanzale della finestra, osservava senza che il passerotto venisse notato. Nella stanza entrò una signora elegante.
– Tesoro – disse rivolta alla festeggiata – è ora di tagliare la torta –
Le ragazzine squittirono e a Romeo venne da sbuffare, con il risultato che gli si arruffarono le penne. Fu proprio in quell’istante che Queen si voltò e lo vide.
– Queen, tesoro, su, devi ancora aprire il mio regalo per te! – la richiamò sua mamma, allungandole una grosso pacco da cui provenivano strani rumori.
Queen per un attimo perse lo sguardo annoiato di sempre e sciolse il fiocco: comparve una gabbia in cui un grasso criceto dondolava sulla ruota.
– Tesoro, desideravi tanto un animaletto tutto tuo e…ecco qua! –
 
La ragazzina dai capelli lunghi disse: – Grazie mamma, adesso possiamo mangiare la torta? –
Romeo, al di là del vetro, la vide allontanarsi seguita dalle amiche e stava già per andarsene, quando si accorse che Queen era ritornata da sola nella stanza, aveva afferrato la gabbietta ed era corsa via.
Il passerotto volò da una finestra all’altra , fino a ritrovare la festeggiata nella sua cameretta. 
Era inginocchiata vicino alla gabbia che aveva appoggiato sulla sua scrivania.
– Sai, avrei tanto voluto un cane: alla mamma avevo chiesto di regalarmi un cucciolo, ma sei arrivato tu – stava dicendo al criceto che, imperterrito, continuava a fare girare la sua ruota – Ho deciso che ti vorrò bene lo stesso, ma tu sarai il mio cagnolino, anzi, sai com’è ti chiamerai? –
Il topolino non le rivolse nemmeno uno sguardo, al contrario di Romeo che non le toglieva gli occhi di dosso per cogliere le sue parole dal movimento delle labbra.
– Ho deciso che ti chiamerai DOG – disse e corse a raggiungere le amiche.
Romeo ormai aveva visto abbastanza, così tornò a casa da Aria.