5. DIANA E LUCY

Maurice de Vlaminck: El castañal en Chatou, 1905.
© Maurice de Vlaminck, VEGAP, Barcelona 2009.

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La storia del giorno: mercoledì 2 luglio.

Luigino era guarito e aveva scorrazzato avanti e indietro tutto il pomeriggio. Per farlo riposare un attimo, la mamma si mise a raccontagli una nuova avventura di Diana.

La storia cominciò.

Passarono molte notti prima che Diana osasse lasciare il suo acchiappasogni nel cassetto.
Quella sera la ragazzina si decise e, abbracciando forte il suo orsetto di peluche, si mise a dormire.

Dopo poco entrò nella grotta. Taddy era con lei e appariva come un piccolo cucciolo inoffensivo.
Diana si aggirò pensierosa fra le colonne: questa volta voleva scegliere un bel sogno tranquillo.

Improvvisamente, Taddy iniziò a crescere, mentre una stalattite si mise a brillare, lampeggiando come una sirena.
Incautamente, Diana la toccò e si trovò in un bosco che non conosceva.

Di fronte a lei vide la sua amica Lucy, con gli occhi colmi di lacrime e lo sguardo atterrito.

– Diana, grazie al cielo sei qui; da dove sei spuntata?- poi continuò, senza darle il tempo di rispondere:
– Ero a passeggio con i miei genitori e mi sono persa – e le scappò un singhiozzo:
– Tutto intorno sento dei rumori inquietanti –

Diana l’abbracciò.
Proprio in quel momento Taddy apparve, grosso e minaccioso.

– Aiuto!- gridò Lucy.

– È un mio amico, è qui per difenderci!- cercò di tranquillizzarla Diana tenendola stretta, anche se non era ancora del tutto sicura delle intenzioni dell’orso.
– Adesso troveremo la strada di casa-

Risuonò un ruggito: si immobilizzarono tutti e tre.

– Ma dove stavi passeggiando con i tuoi genitori, si può sapere? Nella giungla?-

Lucy esitò:
– Non mi ricordo- piagnucolò

Taddy aveva drizzato le orecchie e si guardava intorno.
Videro una grande ombra nera avanzare a balzi.

– Una pantera?-

L’orso si erse ancora più maestoso sulle due zampe posteriori e spalancò le fauci in direzione del felino.
Ci fu un ultimo ruggito e poi la pantera si allontanò.

Le due bambine ripresero a respirare e guardarono Taddy, che, svanito il pericolo, incominciò a rimpicciolire fino a tornare delle dimensioni del più innocuo dei cuccioli.

Diana, prendendolo in braccio, si rivolse a Lucy:

– Dove dobbiamo andare?-

– Non lo so, mi sono persa!-

e mentre parlava, il bosco attorno a loro scomparve e si ritrovarono all’interno della casa nell’albero dei loro giochi.

Lucy era seduta al tavolo, china su una pigna di libri scolastici.

– Meno male che ci sei anche tu, Diana: come faremo a studiare tutto per domani?-

– Ma siamo in vacanza….-

– Non cercare di convincermi a giocare – alzò gli occhi dal libro- con il tuo orsetto: domani c’è l’interrogazione su tutto il programma!-

A questo punto Diana decise di abbandonare l’amica ai suoi sogni e ritornò alla sua grotta borbottando:” Dovrò consigliare a Lucy di mangiare meno pesante la sera“; si diresse verso la colonna dell’uscita, la sfiorò e fu di nuovo nel suo letto.

Immagine tratta dal sito: http://www.artslant.com/no/articles/show/7560

4. PEPE e il Festival

Henry Matisse: Jazz – 1947
«les papiers gouaches découpés»
Litografia a colori

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La storia del giorno: venerdì 27 giugno.

Venerdì Luigino era ancora a letto con la febbre, così la mamma continuò a raccontargli le avventure di Pepe.

La storia cominciò.

Pepe attendeva l’arrivo dell’Estate con trepidazione.
Venne il 21 giugno, ma non successe niente.

La scuola chiuse i battenti: la sua città si preparava al festival musicale che già da qualche anno si svolgeva nelle piazze.

Prima della sua esperienza con le “pietre della primavera”, Pepe non se ne era mai interessato, ma questa volta era diverso.
Supplicò il papà di portarlo per le strade anche di sera, quando i concerti erano più interessanti.

Il papà lo accompagnò in un giro che fu troppo breve e Pepe si accorse di essere troppo piccolo per poter vedere ciò che avveniva sul palco.

Tornò a casa, ma il desiderio di essere ancora in mezzo alla musica era grande.

Quando fu nella sua cameretta decise di trovare un modo per uscire: mentre guardava dalla finestra, incominciò a cercare di sollevarsi da terra e, dopo alcuni tentativi, aveva raggiunto il lampadario a poche spanne dal soffitto.

Il papà e la mamma erano in salotto e non lo notarono quando, svolazzando a due metri da terra, si allontanava dal giardino sul retro.

Si rese immediatamente conto che, anche questa volta, nessuno poteva vederlo mentre sorvolava le teste della folla riversa per le strade, solo i gatti che, nel loro vagabondare, si fermavano e guardavano in su.

Seguì la musica come fosse una corrente, e si trovò proprio di fronte al palco. Le note lo facevano galleggiare senza alcuno sforzo e si gustò ogni istante del concerto.

Restò fino a quando anche l’ultimo accordo si spense e, stanchissimo, tornò a casa per le vie che si stavano svuotando.
Si perse un paio di volte e, faticosamente, risalì ancora un po’ più in alto per orientarsi.

Vide la sua casa con le luci del salotto accese. Sospirò di sollievo: il papà e la mamma non erano ancora passati a controllare il suo sonno.

Spinse lievemente la finestra della sua cameretta che aveva lasciato accostata e si lasciò scivolare a terra.
Indossò il pigiama, si infilò sotto il lenzuolo e in un attimo si addormentò.

Immagine tratta dal sito: http://www.lastampa.it/2012/03/21/cultura/arte/segnalazioni/i-quadri-di-matissehanno-il-ritmo-del-jazz-5KXM8HuVqdkMIB2gCvsKkI/pagina.html

3. PEPE e la scuola di musica

Vasilij Kandinskij: Impressione 3 (Concerto) – 1911
Olio su tela, 77,5 x100 cm

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La storia del giorno: giovedì 26 giugno.

Luigino si era ammalato: aveva la febbre e non poteva alzarsi dal letto.
Per distrarlo, la mamma decise di raccontargli una nuova avventura di Pepe.

La storia cominciò.

Quella primavera Pepe scoprì la scuola di musica.

Era in giardino ad ammirare soddisfatto la nuova fioritura, quando lo raggiunsero le note di un pianoforte.
In un primo momento pensò di essere ancora sotto l’incanto della notte precedente, ma poi si accorse che il suono proveniva dalla casa vicina.

Sgattaiolò dal buco nella siepe e si infilò nel portone del palazzo confinante; salì le scale e trovò l’aula in cui troneggiava un magnifico pianoforte.
Restò silenzioso in un angolo ad assistere alla lezione, fino a quando il maestro lo scorse.

– La tua mamma lo sa che sei qui? – gli chiese immediatamente.

– No-

– Vivi nella casa qui accanto? Mi è sembrato di averti visto giocare nel prato.
Vieni, ti accompagno-

– Per favore: mi fai provare, prima?-

Il maestro si affacciò dalla finestra e udì la mamma di Pepe chiamare il bambino.

– È qui – le disse – cinque minuti e lo riaccompagno!

Pepe, felice, si accomodò sullo sgabello lasciato libero dal ragazzino andato via da pochi minuti e cercò di ripeterne i gesti.
I risultati furono molto al di sotto delle sue aspettative, ma il bambino provò comunque una grande gioia.

– Sei bravo- lo incoraggiò l’insegnante.

– Mi piacerebbe ascoltare ancora!-

La musica fluì dalle dita del maestro e riempì il mondo di Pepe.

Da quel giorno, Il bambino prese a frequentare la scuola e la sua mamma notò che dopo ogni lezione i suoi occhi si facevano sempre più verdi.

Immagine tratta dal sito: http://users.unimi.it/~gpiana/dm6/dm6kmlv.htm

14. ROMEO e ARIA e il campionato d’atletica

Claude Monet: Ninfee bianche – 1899
olio su tela, 89 x 93 cm
Museo Puskin di Mosca

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La storia del giorno: lunedì 16 giugno.

Giovanni lunedì sera proprio non voleva andare a dormire: soffiava un vento forte e si sentiva inquieto.
Allora la mamma lo accompagnò a letto e gli raccontò una nuova avventura di Romeo e Aria.

La storia cominciò.

Finalmente erano iniziati i campionati di atletica.
Romeo era stato convocato fra i partecipanti della gara di salto in lungo.
Il palazzetto dello sport era gremito degli alunni di tutte le scuole e delle famiglie dei partecipanti.

Aria, emozionata, era seduta sulle gradinate con i suoi genitori, mentre teneva accanto a sè, nascosta in un contenitore con i buchi, la rana.

Romeo, poco prima di compiere la rincorsa del terzo e ultimo salto, individuò Queen sugli spalti, nel gruppo delle bambine con la divisa di un prestigioso istituto privato, poi si concentrò e partì.

Quando apparve sul tabellone la classifica definitiva della prova, il papà , orgoglioso, la lesse ad alta voce e Aria, felice, aprì il contenitore per accarezzare il piccolo anfibio e gli sussurrò:
– Hai visto: grazie a te, Romeo ha saltato più lontano di tutti!- e, presa la bottiglietta d’acqua dalla borsa della mamma, l’agitò e gliela spruzzò addosso per farlo partecipare alla sua gioia.

Proprio in quel momento passava di lì Queen con altre tre ragazze in divisa.

– Ciao – azzardò Aria.

Senza nemmeno rispondere al saluto, la bambina con i capelli lunghi si allontanò con le sue amiche; poi, ritornando sui suoi passi, le si avvicinò:
– Che cosa tieni nella scatola? Una rana?- ridacchiò:
– o è tuo fratello che si é trasformato in ranocchio?-

Aria impallidì: senza saperlo Queen si era molto avvicinata alla verità.

La rana decise di saltare fra i lunghi capelli neri della ragazzina che cacciò un urlo.

Arrivò Romeo, venuto ad abbracciare la sua famiglia prima della premiazione.
Allungò la mano, riprese la fuggitiva, la affidò a Aria e si rivolse a Quenn:

– Dicevi? –

Non ottenendo alcuna risposta dalla ragazza rigida come una statua di sale, continuò:

– Scusa mia sorella, ma lei adora tutti gli animali e loro la ricambiano.- sorrise – Forse tu preferisci le gazze? –

La ragazzina in divisa serrò le labbra:
– Devo andare, le mie amiche mi aspettano- e si allontanò, anche se Aria la colse più volte mentre si girava a guardare Romeo, cercando di non farsi vedere.

Quando, terminate le gare, i due fratelli riportarono la rana fra le ninfee della fontana in giardino, Aria la udì chiaramente vantarsi con gli altri abitanti dello stagno, assumendosi il merito del grande successo di Romeo.

Immagine tratta dal sito:
http://www.marcomarcucci.com/MONET/Monet-opere.html

12. DUE DENTI e la bolla da esercitazione.

Paul Cezane: The Etang des Soeurs at Osny – 1875
Olio su tela : 60 x 73.5 cm
Samuel Courtauld Trust, The Courtauld Gallery, London, UK

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La storia del giorno: mercoledì 11 giugno

Era scoppiato il caldo e Marina non aveva proprio appetito. La mamma, cercando di farla mangiare, si mise a raccontare una nuova avventura di Due Denti con tutti gli Sdentati.

La storia cominciò.

Due Denti era preoccupato, disteso nella sua bolla-nanna succhiava e pensava.
Gli Sdentati erano troppo incauti e indisciplinati, mentre lui si sentiva responsabile della loro sicurezza.
Decise di condurli in una bolla avventura scandita dal ritmo costante del timpano.

Uno alla volta, andò a prelevarli tutti quanti e, con un sonoro plop li spinse senza una parola dentro la bolla prescelta. Quindi li mise in fila indiana e disse:

– Oggi faremo esercitazione-

– Perché?- lo interruppe Rossa.

– Vi dividerò a coppie – continuò Due Denti

– Perché?-

– e poi andremo in esplorazione –

Verde stringeva forte Micio fra le braccia, Azzurra sorrideva con gli occhi spalancati, Oro aveva raccolto un sasso e lo stava studiando, mentre Senape cercava di tenere a bada Rossa.

– Rossa con Oro
– Verde con Azzurra…

– e Micio? – si preoccupò Verde

– Naturalmente in braccio a te, che lo terrai ben stretto…
– Io aprirò la marcia e Senape la chiuderà
– Tutti dovremo seguire il ritmo del timpano: quando si unirà un altro strumento, ci sarà un cambiamento e allora decideremo come comportarci, d’accordo?-

– Perché io con Oro?… perché sono stata io a trovarlo?- Rossa sbuffò- Perché, poi, raccoglie sempre i sassi?-

– Rossa, perché tu fai collezione di fermagli?
– Forza, in marcia!-

Avanzarono a ritmo cadenzato.

Poi Verde incominciò a rallentare:
– Sentite anche voi? – domandò con il sorriso che riservava a Micio – È il flauto di pan-

La melodia portava con sé una leggera brezza.
Azzurra con voce sommessa e intonata si mise ad accompagnare il suono lieve.

– Guardate: l’erba sta danzando- notò Senape

La musica diventava sempre più forte e il vento iniziò a muovere le fronde degli alberi, poi aumentò ancora d’intensità fino a fare piegare anche i fusti.

– Fermi! – ordinò Due Denti.

Gli Sdentati si erano già raccolti a semicerchio. Azzurra aveva allargato le braccia.
– Possiamo provare a volare – disse sollevandosi con piccoli balzi.

Senape raccolse della terra e plasmò due piccole ali, poi le applicò sulle spalle di Oro; si fece un cappello alato e se lo pose sul capo.

– Anche a me, dai!- lo spronò Rossa impaziente.

Senape le afferrò la lunga capigliatura rossa che stava mulinando e, con abili gesti, gliela raccolse sulla cima del capo e le diede la forma delle pale di un elicottero.

– Voglio anch’io le ali!- protestò la bambina ancora una volta.

– Oro ne ha bisogno perché è più pesante- intervenne Due Denti.

Intanto, il gattino di nuvola rischiava di essere trasportato via ad ogni folata.

– Tu, Verde, attaccati a Micio ….il prossimo soffio dovrebbe essere quello giusto…via!!!-

Azzurra dopo due lunghi salti si sollevò seguendo Due Denti che, senza alcuno sforzo, era partito cavalcando il vento; accanto ad Azzurra c’era Verde trascinato da Micio, quindi seguiva Rossa dai capelli turbinanti, afferrata a Oro che sbatteva frenetico le sue alucce e per ultimo decollò Senape col cappello alato ben calcato sulla testa.

Il vento li trasportò mentre i bambini sfioravano la terra.
Anche Rossa si mise a canticchiare con la sua voce stridente e, pur invidiando ancora un poco le ali di Oro, l’ebbrezza del volo le provocò un’ondata di affetto protettivo nei confronti del piccolo bambino a cui stringeva la mano.

Quando il vento calò e dolcemente depositò tutti i bimbi a terra, DUE DENTI prese gli Sdentati per mano e li trascinò fuori dalla bolla da esercitazione. Quindi spinse ognuno nella propria bolla-nanna, si impossessò della sua e finalmente tutti quanti crollarono a dormire.

Immagine tratta dal sito:
http://www.wikiart.org/en/paul-cezanne/the-etang-des-soeurs-at-osny-1875

13. ROMEO E ARIA al matrimonio

Vincent Van Gogh: Ramo di mandorlo fiorito – 1890
Olio su tela 73,5 cm × 92 cm
Van Gogh Museum, Amsterdam

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La storia del giorno: sabato 24 maggio.

Quel sabato sera il papà e la mamma di Giovanni uscivano e, mentre la mamma si stava preparando, il papà lo accompagnò in camera e gli raccontò un nuova avventura di Romeo e Aria.

La storia cominciò.

Romeo si annoiava. Il pranzo di matrimonio dello zio non finiva mai: erano già alla settima portata e ancora non era arrivata la torta.

Sua sorella Aria stava giocando con la cuginetta, ma a lui non era permesso alzarsi da tavola.
Si guardava attorno e gli invitati parlavano e mangiavano senza interruzione.

Durante la cerimonia in chiesa, per un attimo si era allontanato dal suo corpo e aveva osservato tutti dall’alto, ma Aria si era affrettata a prendergli la mano e, immediatamente, si era ritrovato seduto nel banco accanto a lei.

Adesso, però, non ce la faceva proprio più.
Voleva andarsene da lì.
Chiamò sua sorella e, quando lo raggiunse, le sussurrò in un orecchio:
– Io me ne vado-
Aria scosse il capo, ma intanto sorrideva.

Romeo desiderò di essere a casa sua…ci fu il botto, ma, dopo pochi istanti passati nella sua cameretta, era ancora seduto a tavola.

– Mi hai toccato?- chiese a sua sorella.
– No, sei tornato da solo-
– Uffa, – sbuffò – Farò un nuovo tentativo, questa volta mi sposterò tra le ninfee: sono stanco di fare la rana, ma preferisco nuotare nello stagno, piuttosto che rimanere seduto a tavola ancora per un altro minuto.-

Desiderò essere in giardino, ma, in quel mentre, vide la gazza e … si scoprì a volare fra le fronde degli alberi, diretto verso il parco della villa di Queen.
Andò a posarsi sul ramo di un mandorlo fiorito e udì una bambina cantare: guardò giù e c’era Queen.

– Sei tornata! Non scappare!- incominciò a urlare nella sua direzione.
La gazza si lanciò a sfiorarle i capelli per farsi rincorrere, ma la bimba rimase ferma e riprese a gridare:
– Vieni qui, subito –

L’uccello scese nuovamente verso di lei e poi si rifugiò su un cespuglio vicino.
A passi brevi e composti Queen si avvicinava, così la gazza gracchiando planò sulla testa della bambina e, veloce, le rubò il cerchietto luccicante che aveva fra i capelli.

– Ridammelo!- urlò, ma nemmeno questa volta si mise a rincorrere la piccola ladra, nonostante volasse bassa e vicina.

La gazza stava ancora stringendo il suo trofeo nel becco, quando Romeo si ritrovò seduto a tavola.

– Tagliano ora la torta – spiegò Aria al fratello ancora frastornato.

Quella sera Queen raccontò uno strano episodio alla Tata: una gazza le aveva rubato il cerchietto, ma incredibilmente, poche ore dopo glielo aveva riportato, appoggiandolo, sotto ai suoi occhi, ad un ramo di mandorlo.

Immagine tratta dal sito:
http://it.wikipedia.org/wiki/Vincent_Van_Gogh
http://gallery.giovani.it/foto/van-gogh-rami-mandorlo-fiore.html

11. DUE DENTI e la bolla oro.

Gustav Klimt: Buchenwald/ Birkenwald 1903

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La storia del giorno: mercoledì 21 maggio.

Mercoledì Marina non aveva per niente fame. La mamma, per farla mangiare, le promise una nuova avventura di Due Denti con tutti gli Sdentati.

La storia cominciò.

Il sax suonava un assolo jazz.
Due Denti, dopo avere svegliato i quattro Sdentati, si infilò in una bolla abbastanza grossa da contenerli tutti.

Con un sonoro plop, sbucarono in un bosco dove gli alberi fitti rilucevano con bagliori autunnali.

– Guarda, un tappeto d’oro!- disse Verde entusiasta

– Sono foglie cadute, non senti come scricchiolano? – puntualizzò Rossa.

In quel momento, Micio scappò dalle braccia di Verde e, immediatamente, scomparve fra i pioppi.
Gli Sdentati si sparpagliarono all’inseguimento e, dopo pochi istanti, si erano persi.

Verde e Azzurra irruppero in un prato di girasoli e si misero a cercare tra i fiori il gattino di nuvola.

Rossa, invece, si trovò in una piatta radura, abbagliata da un sole infuocato che sembrava incendiarle i capelli.

Solo Due Denti e Senape erano rimasti nel bosco, tentando di organizzare la ricerca in modo razionale.

– Hai visto dove sono andati?- chiese Senape.
– Azzurra e Verde a destra. – Due Denti sospirò: – Tu occupati di loro, non dovrebbero essere lontani; io penserò a Rossa che è schizzata dall’altra parte, poi ci ritroveremo qui-

Rossa si guardava intorno sconsolata, con gli occhi socchiusi per la luce troppo forte: anche i sassi a terra mandavano bagliori accecanti.

Si accorse di essere rimasta sola: pensò di mettersi a chiamare gli altri ad alta voce, ma l’orgoglio glielo impediva. Per un istante fu colta dal panico.
Il sax stava suonando accordi stridenti.

Mentre lottava per trattenere le lacrime, le sembrò di cogliere un movimento in quella distesa piatta: c’era un bambino tutto d’oro, chino a giocare coi ciottoli.
Alzò la testa e la vide:

– Stai piangendo? – le domandò gentilmente.

Rossa tirò su dal naso:- Che cosa dici? È la luce troppo forte che mi fa lacrimare!-

– Olà Rossa, cortese come sempre! – Due Denti scelse proprio quel momento per ritrovare la Sdentata perduta.
La musica scivolò più lenta.

Rossa lo ignorò e si rivolse all’altro bambino:
– Che cosa stai facendo?-
– Gioco con le pepite-

– Io mi chiamo Due Denti – intervenne il nuovo arrivato per presentarsi – lei Rossa e tu..;

– e tu ti chiami ORO – proseguì poiché il bimbo li guardava col capo reclinato, senza parlare.

– Noi dobbiamo tornare, tu vieni con noi?-

– Noi ci fermiamo a giocare con le pietre – lo interruppe la bambina.

Due Denti la ignorò : – I nostri amici ci aspettano nel bosco …-

– Non sono mai stato nel bosco.-

Due Denti lo prese per mano e si avviò seguendo le note del sassofono.

Rossa velocemente raccolse due pepite rilucenti e se le mise fra i capelli.
Gli altri due finsero di non avere visto e proseguirono.
Si inoltrarono per un sentiero che li condusse al punto di incontro.

Senape li stava aspettando con Azzurra e Verde che stringeva forte Micio.
Rossa giunse di corsa e disse:

– Guardate chi ho trovato: si chiama Oro, non è carino?-

Micio si sporse ad annusare il nuovo arrivato che già si stava rotolando felice nel tappeto di foglie, mentre Azzurra rideva, Senape scuoteva il capo e poi si rivolgeva a Rossa, sfiorandole i capelli: – Proprio belli i tuoi fermagli nuovi!-

Quando furono stanchi, DUE DENTI prese i bambini per mano e li trascinò fuori dalla bolla-avventura. Quindi spinse ognuno nella propria bolla-nanna, ne cercò una libera per Oro, si impossessò della sua e finalmente tutti quanti crollarono a dormire.

Fu così che Oro entrò a far parte degli SDENTATI.

Immagine tratta dal sito: http://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/2012/3/112285.html

3. DIANA a scuola

Maurice de Vlaminck: Restaurant de la Machine a Bougival, ca.1905.
Photograph by Sharon Mollerus, Creative Commons licensed

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La storia del giorno: domenica 18 maggio.

Luigino si annoiava: il papà si era portato del lavoro a casa proprio di domenica pomeriggio, quando avevano programmato la gita allo zoo. La mamma, per tenere il bambino zitto e calmo, decise di raccontargli una nuova avventura di Diana.

La storia cominciò.

La nonna era partita e Diana, pur non vedendo l’ora di rientrare nella sua grotta dei sogni, per tutta la settimana aveva dormito protetta dall’acchiappasogni. Senza la presenza rassicurante della nonna, non riusciva a vincere la paura di incappare in un incubo.

Quel venerdì c’era la luna alta in cielo e la ragazzina si decise finalmente a lasciare il talismano nel cassetto.

Si addormentò e dopo poco stava camminando nel solito bosco.
Si diresse verso la sua grotta ed entrò. Per un attimo, si fermò indecisa davanti alla colonna che conduceva alla casa nell’albero, poi notò una stalattite che emanava una morbida luce rosata.

La toccò e si scoprì a vagare per le vie di quella che sapeva essere la sua città, anche se appariva completamente diversa e irriconoscibile: cercava la sua scuola e non la trovava.

Si mise a correre, ma non avanzava che di pochi passi alla volta. Fu presa dal panico, fino a quando si ricordò di essere in un sogno dove tutto era possibile: pensò : ” voglio arrivare a scuola“.

Chiuse gli occhi e, quando li riaprì, era nella sua aula. Sulla lavagna riconobbe l’espressione di matematica affrontata quella mattina all’ultima ora.

Diana si mise a percorrere i corridoi in un’atmosfera irreale: ogni tanto incrociava altri alunni, ritornati a scuola in sogno.

Poi vide il suo papà, con uno zaino sulle spalle e un’ espressione che non riconobbe.
– Papà?-
Lo raggiunse e le sembrò sollevato nell’incontrarla. Le chiese:

– Sai in quale aula ci sono gli esami della terza A? Sono in ritardo e non trovo nessuno.-

– Terza A?-

-Sei una privatista? Non mi ricordo di te…- la osservò meglio – però hai un’aria familiare.-

Un attimo dopo, erano seduti vicini di banco in una classe gremita di studenti, in cui un’insegnante a lei sconosciuta stava dettando un problema di matematica.
Diana iniziò a scrivere la risoluzione, mentre il suo papà stava ancora rileggendo il testo, mordicchiando la penna.

– Come si fa?- le bisbigliò- Ho un vuoto tremendo-
– Aspetta, termino e te lo passo-
– Attenta a non farti beccare!-

Diana desiderò che il foglio con il problema risolto finisse sul banco del suo papà e, quando si girò verso di lui, vide che lo aveva ricevuto ed era intento a copiare.

Un battito di ciglia ed erano fuori dalla scuola, ancora insieme.

– Grazie – le disse il papà – non ce l’avrei fatta senza il tuo aiuto – e scomparve.

La città adesso brillava di colori vividi e le strade erano ricoperte di fiori colorati.
Diana passeggiò rilassata e soddisfatta. Ora non aveva più paura e ritornò alla sua grotta, si diresse verso la colonna dell’uscita, la sfiorò e fu di nuovo nel suo letto.

La mattina dopo, incontrò il papà in cucina, intento a bere il caffè. La guardò con un’espressione assorta e le disse:

– Questa notte ho fatto uno strano sogno, non me lo ricordo bene: ero tornato a scuola e , pensa un po’, c’eri tu come mia vicina di banco!-

Le diede una pacca sulla spalla e poi si mangiò un biscotto.

Immagine tratta da:
http://www.artcyclopedia.com/artists/vlaminck_maurice_de.html
http://www.flickr.com/photos/clairity/tags/museedorsay/

10. DUE DENTI e la bolla buia

Claude Monet: Ninfee – 1920
Olio su tela 118 × 83 cm.
Musée des Beaux-Arts- Grenoble

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La storia del giorno: mercoledì 7 maggio.

Mercoledì sera, Marina non voleva spegnere la luce e andare a dormire, così la mamma, tenendole la mano, si mise a raccontare.

La storia incominciò.

Il basso suonava note cupe e ritmate. Due Denti, dopo avere svegliato Senape e Rossa, si infilò nella prima bolla abbastanza grossa da contenerli tutti.

Con un sonoro plop sbucarono in una notte buia, senza luna e senza stelle.
Immersi in un nulla nero, i rumori intorno a loro risultavano amplificati.

– Annusate anche voi: riconosco una fragranza di tiglio-

– Rossa, ormai senti profumi di fiori ovunque vai!-

Le note del basso scandivano il loro procedere in quel mare di inchiostro.
Due Denti si fermò di colpo e anche le note tacquero. Avanzò e i suoni ripresero, adattandosi al suo ritmo.

– Non mi piace qui- protestò Rossa – non si vede niente!-
– In effetti non sappiamo nemmeno dove ci troviamo- concordò Senape

– Due Denti facci uscire di qui, subito!…
…per favore…- lo pregò la bimba

– Se ordino alla bolla di buttarci fuori, prima o poi verremo risucchiati qui comunque.-
– Ti prego, inventeremo qualcosa!-
– Io ci sto-
– Va bene: allora, ragazzi, datemi la mano…F U O R I !-

Immediatamente i tre si ritrovarono a galleggiare vicino all’orchestra.

– Ora entriamo in una bolla gialla –
– Io dico di provare in quella rossa: ci servono le palle di fuoco per fare luce!-
– No, troppo pericoloso, potremmo provocare un incendio.-

Due Denti si succhiò il pollice e poi esclamò : – Rossa, hai ancora il tuo fermaglio a forma di chitarra?-

La bimba impallidì:- L’ho nascosto, perché Verde lo voleva per Micio –
– Dove?-
– Poi me lo ridarete e non direte niente?-
– Dove?-
– Sotto la batteria-
– Prendilo, dobbiamo fare presto!-

Con il fermaglio recuperato, i tre si tennero nuovamente per mano.
– D E N T R O ! – e ripiombarono nelle tenebre.

– Adesso?-

Le note del basso avevano ripreso a cadenzare il loro incedere.

– Se ci fermiamo anche la musica tace, se avanziamo ricomincia: Senape tu soffierai sulla chitarra e poi inizieremo a muoverci e vediamo che cosa succederà-

– Perché suonerà Senape? il fermaglio è mio-
– Perché Senape pensa, invece di frignare –

Le note del basso, regolate dagli spostamenti di Due Denti, e quelle della chitarra si fusero in un intreccio di melodie, mentre le tenebre, come i neri tendoni di un sipario, assecondavano il loro ritmo.
Gli occhi di Rossa rilucevano come due palle di fuoco e, per vincere la paura e la inattività, senza nemmeno accorgersene, la bimba si mise a canticchiare con la sua voce stridente.

Ci fu un lampo, l’oscurità si squarciò e, ancora avvolto nel blu profondo della notte, apparve davanti a loro un meraviglioso giardino.

Abbandonata ogni paura, seguirono il placido ruscello che scorreva tortuoso, inoltrandosi al ritmo della musica fra le foglie.
La notte adesso era dolce, inondata dai profumi e Senape con un gran sorriso restituì il fermaglio a Rossa, nascondendoglielo fra i capelli.
Il viso della bimba si illuminò e tutti e tre fecero ritorno nelle loro bolle-nanna.

Immagine tratta dal sito: http://it.wikipedia.org/wiki/Claude_Monet

8. LA DOMENICA DI ROMEO

La storia del giorno: domenica 6 aprile

Come consuetudine, domenica sera, mentre la mamma si preparava per ricevere gli amici, il papà di Giovanni accompagnò il bambino nella sua cameretta, e, seduto sul letto accanto a lui, iniziò a raccontare.

La storia cominciò.

Domenica Romeo aveva la partita di calcio. Nello spogliatoio, quando già i ragazzini stavano indossando la divisa, l’allenatore si accorse che mancava Enrico. Immediatamente provarono a telefonargli a casa, ma non rispondeva nessuno.

Mentre aspettavano impazienti, Romeo desiderò fortemente sapere dove si fosse cacciato Enrico e …sentì un gran botto e si trovò a guardare dall’alto Enrico che dormiva in un lettino che non era il suo. Romeo riconobbe la voce dello zio di Enrico e un secondo dopo ripiombò nel suo corpo.

– Enrico è dagli zii – disse

L’allenatore corse dagli altri genitori nella speranza che qualcuno fosse in grado di rintracciare gli zii del bambino e la squadra scese in campo.

A metà del primo tempo, Enrico raggiunse i suoi compagni e, per fortuna, nel sollievo generale, nessuno pose più domande a Romeo.

Nessuno gli chiese niente, tranne Aria, che, appena furono a casa, lo guardò intensamente e, preoccupata, lo interrogò:
– Come ti senti?-
– Strano…. –
Aria inclinò il capo e puntò i suoi occhi attenti su di lui.
– Mi vedi cambiato? –
Aria gli buttò le braccia al collo e gli disse:
– Sai ancora spingere l’altalena?-
e insieme si diressero in giardino.